Pokemon GO
MOF (iStock)
Tecnologia

Pokemon GO: tre motivi per giocarci (e tre per non farlo)

Un gioco nuovo, che vi farà muovere e socializzare come pochi altri. Ma che rischia facilmente di sfuggirvi di mano

C’è chi ne è già completamente dipendente, e chi invece lo bolla come l’ennesimo passatempo per fancazzisti digitali. Piaccia o meno Pokemon GO è il gioco dell’anno, un fenomeno che a pochi giorni dal suo debutto ha già sgretolato tutti i record del mondo ludico in formato app.

15 milioni di download, un numero di utenti attivi giornalieri maggiori di qualsiasi altro gioco mai apparso su smartphone (Candy Crush compreso), 33 minuti al giorno trascorsi in media da ogni giocatore, più di Twitter, Snapchat e Facebook: questi (finora) alcuni dei numeri strabilianti del titolo creato da Nintendo in collaborazione con Niantic.

Ma quali siano i motivi che fanno di questo gioco un polo di attrazione così irresistibile? Ne abbiamo individuati alcuni, forse i più evidenti, contrapponendoli alle ragioni di chi – invece – ne sminuisce il valore. Li abbiamo radunati in queste pagine che vi offrono tre buone ragioni per giocare a Pokemon GO e altrettante per non farlo [Scorri Avanti per continuare].

SÌ: vi farà fare tanto movimento


C’era una volta il videogioco che si giocava comodamente (e oziosamente) sul divano. Tutto il contrario di Pokemon GO, un passatempo che vi farà fare molti chilometri, chilometri reali. È la stessa modalità location-based del gioco a renderlo possibile: per trovare i mostriciattoli bisogna uscire di casa, girare per la città, per il mondo. Chi dorme non piglia pesci, chi sta fermo non piglia i Pokemon.

SÌ: è un gioco sociale


Altro tabu sfatato è quello del videogioco che isola dal mondo. Chi ci gioca ve lo confermerà: Pokemon GO è – fra le altre cose – un modo per entrare in contatto con altre persone: amici (ci si trova per andare insieme a caccia di mostri) o perfetti sconosciuti (ci si incontra per caso nei punti di interesse), tutti accomunati dalla stessa passione: il desiderio di impallinare Pikachu e i suoi simili.

SÌ: è transgenerazionale

Per grandi e piccini, purché – ovviamente – dotati di smartphone. Pokemon GO è il classico gioco che piace a tutti: ai trentenni e ai quarantenni affetti da quella strana forma di nostalgia del ventennio passato ai teen ager, senza dimenticare gli over 40, coloro che per lavoro o per diletto hanno la possibilità di viaggiare di più. Le regole sono semplici [guarda come si gioca]: in fin dei conti basta uno smartphone e un po' di curiosità per entrare nel fantastico mondo dei mostriciattoli in realtà aumentata.

NO: prosciuga la batteria dello smartphone

Un bel gioco dura poco. Soprattutto se – come nel caso di Pokemon GO – gira su smartphone e sfrutta il Gps per orientarsi nel mondo. La stessa Niantic, la società che ha sviluppato il titolo, mette in guardia gli utenti da possibili consumi anomali. Due consigli per chi proprio non riesce a fare a meno di giocare: portarsi dietro un power bank, ed effettuare il download preventivo delle mappe di Google Maps (modalità offline).

NO: attenzione al consumo dei dati

Per giocare a Pokemon Go, lo abbiamo visto poc’anzi, è necessario muoversi il più possibile, uscire dai propri confini domestici e, quindi, dall’area di copertura del Wi-Fi. Il che può essere un problema, soprattutto per chi dispone di un piano dati limitato. Per evitare facili spargimenti di megabyte (calcolate un consumo medio di circa 20 MB all’ora), meglio uscire dall’app quando non si gioca o quanto meno limitare il consumo dei dati in background quando l’app non è attiva sullo schermo.

NO: un gioco che rischi di sfuggirvi di mano


Tutti i fatti ai limiti dell’assurdo legati al fenomeno Pokemon GO ci dimostrano che gli utenti sono evidentemente disposti a tutto pur di trovare nuovi mostriciattoli e farli evolvere. Anche a commettere atti impropri. Uno su tutti: tenere l’applicazione aperta anche quando si guida. Banale ma doveroso ricordarlo: ricordiamoci che è un gioco, e che la realtà – quella tangibile, non quella aumentata – è un’altra cosa.

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Roberto Catania

Faccio a pezzi il Web e le nuove tecnologie. Ma coi guanti di velluto

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