Call of Duty: Advanced Warfare, intervista agli sviluppatori
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Call of Duty: Advanced Warfare, intervista agli sviluppatori

Abbiamo incontrato Glen Schofield, uno dei fondatori del team Sledgehammer Games che ha creato il nuovo capitolo della serie

Si avvicina velocemente il momento in cui i fan dello sparatutto in prima persona potranno mettere le mani su Call of Duty: Advanced Warfare, undicesimo capitolo di una serie fortunatissima, la gallina dalle uova d'oro dei produttori Activision. Il 4 novembre i negozi di tutto il mondo saranno invasi dalle copie per PC, PlayStation 3 e 4, Xbox 360 e One. La scadenza ormai vicina propizia un incontro a Milano con Glen Schofield, cofondatore degli sviluppatori Sledgehammer Games.

Cosa c'è di nuovo?
Rotto il ghiaccio, decidiamo di affrontare subito l'argomento più spinoso: sembra che nessuno possa fare a meno di COD e ogni capitolo porta a casa cifre da capogiro, ma è anche vero che gli ultimi titoli si sono adagiati sugli allori, spremendo una formula vincente senza provare a rivitalizzarla. C'è voglia d'aria fresca e non solo da parte della critica.

Coincidenza vuole che Advanced Warfare sia il primo COD sviluppato in totale autonomia da Sledgehammer Games (il loro titolo precedente, Modern Warfare 3, era una collaborazione con Infinity Ward a fare da capofila). Come è andata? C'è stata una diversa libertà di movimento?

Activision ci ha incoraggiato a fare davvero qualcosa di nuovo, riservandosi solo la possibilità di farci notare se stavamo esagerando

"Entro certi limiti, perché stiamo pur sempre parlando di un Call of Duty e dunque di una corposa eredità da rispettare. È anche vero, però, che Activision ci ha incoraggiato a fare davvero qualcosa di nuovo, riservandosi solo la possibilità di farci notare se stavamo esagerando. Non è mai successo, ho lavorato fianco a fianco con loro e l'input è sempre stato di continuare sulla strada che avevamo scelto."

Ha certamente aiutato il fatto di aver ambientato Advanced Warfare nel 2054, che ha spinto gli sviluppatori a chiedersi come sarà la guerra nel futuro: "Abbiamo fatto tantissime ricerche, consultandoci con esperti del MIT, della NASA, dell'università di Berkeley e dello Human Genome Project. Volevamo che il mondo che stavamo creando fosse scienza, non fantascienza".

La possibilità di compiere balzi molto alti ha conferito una verticalità inedita alla serie. Abbiamo dovuto cambiare completamente il modo in cui strutturavamo le ambientazioni

Il risultato più evidente, o almeno quello che pare stare più a cuore a Glen Schofield, è l'esoscheletro indossato dal personaggio che interpretiamo nel gioco e dai suoi colleghi: "La possibilità di compiere balzi molto alti ha conferito una verticalità inedita alla serie. Abbiamo dovuto cambiare completamente il modo in cui strutturavamo le ambientazioni".

E questo è solo un aspetto: "Ci sono davvero tante cose nuove, molti dettagli che è difficile riassumere in poco tempo. Ma una cosa che mi piace sottolineare è la grafica: abbiamo impegnato molto tempo per ottenere un'alta definizione davvero di alto livello".

La gente vuole i supereroi
Tornando alla questione dell'ambientazione nel futuro prossimo, l'impressione fornita dai vari trailer è di avere il controllo di una sorta di supereroe (e l'esoscheletro aiuta parecchio, in questo senso).

È curioso, perché ultimamente i supereroi vanno di moda, anche al cinema per esempio: "Quando stavo facendo Dead Space, circa 8 anni fa, c'era una tendenza nei videogame – la gente diceva: 'Io voglio essere una persona comune'. E così il protagonista di Dead Space è un ingegnere, un tipo normale. Oggi la gente dice 'voglio poter fare di più, voglio volare, saltare, essere molto, molto forte'. Non so se sia una tendenza culturale, ma forse ha a che fare con la voglia di evasione dalla quotidianità".

Kevin Spacey
In Advanced Warfare gli Stati non hanno un esercito in grado di combattere la minaccia terroristica e devono subappaltare la guerra a una corporazione militare privata guidata da Jonathan Irons: lo interpreta Kevin Spacey, una delle stelle più luminose del cinema e della televisione statunitensi.

"Lavorare con lui è stato entusiasmante e ci ha dato molta tranquillità. Sapevamo che se voleva ripetere una battuta avrebbe sicuramente ottenuto un risultato migliore al secondo tentativo". Non si è comportato da prima donna, però: "Ci ha chiesto di essere diretto, che gli dicessimo come immaginavamo una certa scena o una certa frase. Diceva: 'Dimmi cosa vuoi e io proverò a interpretarlo'. Ed è anche stato generoso con gli altri attori, fornendo suggerimenti o anche solo spingendoli a dare il massimo con la sua semplice presenza".

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Aldo Fresia

Scrivo di cinema e videogame. Curo e conduco la trasmissione radiofonica Ricciotto.

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