Twitter rompe l’amicizia con Tumblr
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Twitter rompe l’amicizia con Tumblr

Dopo Instagram, anche Tumblr finisce nella lista nera del piattaforma di microblogging. Gli utenti non potranno più cercare gli amici in comune. Una scelta che nasconde motivazione ben precise, soprattutto sul piano commerciale

È ufficiale: Twitter sta diventando il social network più asociale del Web. Due indizi fanno una prova. Se la revoca dei permessi di ricerca ad Instagram poteva sembrare una decisione estemporanea, quella con Tumblr fa cadere tutti i dubbi. La verità è che Twitter è gelosa dei suoi dati o, per dirla alla maniera degli esperti di social media, dei suoi social graph. Meglio perciò creare un giardino recintato piuttosto che correre il rischio che altri servizi possano parassitare intorno alle proprie ricchezze.

La strategia è chiara, per quanto Jack Dorsey e soci non ne abbiano mai fatto esplicito riferimento: Twitter vuole avere maggior controllo sul suo ecosistema. Da qui la decisione di bloccare all’ingresso le richieste provenienti da altre applicazioni: per gli utenti di Tumblr, come prima per quelli di Instagram, diventa ora impossibile cercare gli amici presenti su Twitter. E c’è già chi scommette sul prossimo servizio destinato a finire nella lista nera: Flipboard.

Ma quali sono i motivi che stanno alla base di questa svolta intimista? Come sottolinea Dustin Curtis sul suo blog, Twitter ha un grosso vantaggio rispetto a Facebook: gli utenti puntano a seguire i loro interessi più che gli amici. Ciò si traduce in una maggiore possibilità di profilare gli iscritti e di creare pubblicità mirata, ergo fare profitto (quello che poi non riesce a fare Facebook, o almeno non riesce a fare come vorrebbe).

Ma c’è un altro aaspetto su cui vale la pena porre attenzione ed è quello che riguarda il livello di interazione. Come abbiamo già sottolineato in questo articolo , la platea di Twitter è sostanzialmente divisa in due: chi partecipa attivamente (ovvero genera contenuti) e chi invece si limita a guardare. Allo stato attuale solo un terzo degli iscritti rientra nella prima categoria. È evidente che in condizioni di questo tipo portare gli utenti fuori dalla piattaforma significa diminuire la probabilità che gli stessi generino contenuti.

Da qui la decisione di fare barricate. Qualcosa che risulterà poco gradito agli utenti (di fatto non c’è modo migliore di capire come funziona una nuova piattaforma che non quella di contattare in prima battuta gli amici che già lo utilizzano) ma che appare piuttosto sensata per i vertici della società nell’ottica di non disperdere il proprio patrimonio informativo (e di conseguenza tutte le cartucce spendibili con l'advertising).

A questo punto è lecito chiedersi: quella di Twitter è una strategia individuale o risponde a un disegno più complesso nel quale presto o tardi tutte le principali stelle del firmamento del Web saranno coinvolte? Più facile propendere per la seconda ipotesi, considerati anche alcuni illustri precedenti (Google che impedisce a Facebook di sbirciare dalla propria rubrica di Gmail, Facebook che blocca gli accessi di Twitter).

Del resto il tempo degli esperimenti è finito, soprattutto per gli investitori. È ora che il mondo social si dia una svegliata e cominci a generare profitti, oltre che relazioni.

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Roberto Catania

Faccio a pezzi il Web e le nuove tecnologie. Ma coi guanti di velluto

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