TomTom Rider, tutti i retroscena del test
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TomTom Rider, tutti i retroscena del test

Il racconto (semi-serio) di un giornalista che ha partecipato all'evento "Ride your way" con il navigatore montato sulla Suzuki.

di Matteo Dall'Ava

Dall’aldilà
A due settimane dall’evento Ride Your Way, organizzato da TomTom Italia sul lago di Como, mi chiedo ancora se mi è davvero tornata la voglia di andare in moto oppure ho un anticipo di due anni sulla fatidica crisi dei 40. Pensare che stavo per rifiutare l’invito. Colpa mia. Avevo raccontato agli amici della due giorni in moto tra Milano, Como e Bellagio; chissà perché tutti si sono sentiti in dovere di raccontarmi gli incidenti mortali, in moto ovviamente, accaduti ai loro parenti e conoscenti. Invidia credo. Per farla breve, il terrore di scrivere il pezzo dall’aldilà si era impadronito di me.

Undici centauri
Dieci giornalisti in moto più Flavio Volpi, il formatore e manager TomTom. Le 11 moto, tutte Suzuki, ci aspettavano parcheggiate. A me è toccata la Suzuki GSX 1250. Montati in sella, il primo dubbio: come si accende? «Tira su il cavalletto, metti in folle e schiaccia l’accensione» è stato il suggerimento del collega del Sole24Ore, bardato alla Valentino Rossi ma più figo.

Look improbabile
La mia non-appartenenza al mondo dei centauri si manifestava anche nell’abbigliamento. Tutti i colleghi avevano giubbotti e pantaloni con protezioni, schienale, guanti, stivali e alcuni anche la tuta di pelle. Io, nemmeno i guanti. Li ho acquistati sul posto (59 euro sconto 10% grazie ai saldi di fine stagione). Il mio casco era in letargo nel ripostiglio dei miei genitori dal 2004. Anziché il giubbino di pelle, indossavo il classico spolverino blu (acquistato su consiglio di mia moglie), perfetto per la mezza stagione. Ma, superati i 50 all’ora, l’aria si infilava nelle maniche e provocava un fastidiosissimo effetto paracadute. Così ho telefonato a mio fratello, motociclista dall’età di 5 anni. Dopo avermi dato dell’incosciente (per via dell’assenza totale di protezioni, «ricordati di avere un figlio, più uno in arrivo» queste le sue parole) mi ha consigliato, devo dire bene, di tagliare le punte dei gambaletti e infilare il manicotto ottenuto sulle maniche della giacca. Tra l’altro le calze erano in tinta, così ho salvato anche il look.

Tutti i vantaggi
Il primo spostamento con le moto, da Milano a Como, è stato senza navigatore. Avevo messo in conto altre figuracce, ma perdersi, da varesino, nel comasco (tra Varesini e Comaschi c’è sempre stato un astio atavico) era troppo.
Arrivati a Como, ho assistito alla presentazione del navigatore che finalmente ho potuto vedere e toccare. Dalle spiegazioni di Sonia Cossu, la marketing manager del gruppo americano, ho appreso i vantaggi del Rider studiati per i clienti motociclisti. Vi trascrivo i miei appunti: non va in cortocircuito con la pioggia; lo schermo si vede (più o meno) bene anche con il sole diretto; ti diverti un sacco con la funzione “Percorso tortuoso”; e con il supporto antifurto ti puoi fermare a fare pipì senza che un gaglioffo ti rubi il navigatore.

La preparazione
Dopo una serata passata tra le vie del centro, mi sono svegliato presto, saranno state le sei. Ho cercato di montare il navigatore con il rischio di essere scambiato per un ladro di motociclette. Il programma prevedeva la partenza non prima delle 9,30. Diciamo che me la sono presa comoda. Alla fine, il montaggio, compreso collegamento alla batteria , me l’ha gentilmente realizzato il collega di Tiscali. L’organizzazione mi aveva preparato anche un bellissimo casco della Nexx con microfono e auricolari bluetooth della Cardo. Il mio testone, però, non ha voluto saperne di infilarsi dentro. Così, mentre tutti gli altri scaldavano i motori, i tecnici hanno smontato gli auricolari dal casco e li hanno rimontati sul mio con qualche difficoltà dato che non era predisposto. Riuscivo comunque a sentire bene le indicazioni di Chiara, la voce del Rider.

In piega
I miei simpatici colleghi mi avrebbero lasciato lì se Alice, la pr, non avesse impartito l’ordine della foto di gruppo. Comunque avevo impostato il TomTom. Lasciata la città di Como, la funzione “Percorso tortuoso” ha rianimato il mio spirito da adolescente con la prima moto in mano che anni di razionalismo economico avevano segregato da qualche parte nella mia corteccia cerebrale. Buttarsi in piega con 260 chili di moto tra le stradine che portano a Sormano,  una collina al centro dei due rami del lago di Como, non ha paragone. Per non contare la possibilità di vedere con qualche secondo in anticipo l’andamento delle curve, grazie al navigatore. Penso, però, che i puristi della moto vivano questa qualità come un freno alla loro dose giornaliera di adrenalina.

Ho sbagliato strada
Sì, lo ammetto. Una volta ho sbagliato strada e ho trascinato con me cinque o sei colleghi. Ma le biforcazioni che portano al Pian del Tivano sono così vicine che anche con il TomTom capita di sbagliare. Ovviamente al primo “torna indietro” di Chiara ho capito l’errore. Non posso immaginare le maledizioni del codazzo di moto tra cui due custom Boulevard C90T, ingombranti e pesanti come ippopotami.

Come albatros
Undici centauri su moto nere in fila indiana diretti all’Hotel du Lac di Bellagio. Sembravamo lo squadrone della morte di Alberto da Giussano pronto a sconfiggere Barbarossa.

Il parcheggio delle moto era pieno, così abbiamo posato i mezzi in quelli delle auto. Quattro per ogni spazio blu. Dopo un quarto d’ora passato a discutere se dovessimo pagare tutti o ogni quattro moto, tante ce ne stanno in un parcheggio blu, l’ufficio stampa ha pagato per tutti. I motociclisti spogliati delle moto sono goffi come l’albatros di Baudelaire. Io con il mio spolverino blu ho fatto la mia porca figura. Al ristorante abbiamo pranzato uno di fianco all’altro con gli occhi fissi sul lago. Una meraviglia. Niente vino, onde evitare pericolose conseguenze, e poi via per la foto di chiusura.

Liberi tutti
Liberi tutti dopo la foto ricordo con il fotografo ufficiale. L’unica regola era arrivare al concessionario Suzuki di Milano entro le 17,30 con almeno due tacche di benzina. Ho impostato sul navigatore “Percorso più veloce” con il sistema inserito delle IQ Rutes. In pratica, il TomTom Rider calcola il percorso meno trafficato in base all’orario e al giorno. Divorati i primi 10-15 chilometri di lungolago, in cui ammetto di essermi divertito come un lupo in una macelleria, il resto del viaggio è stato una noia mostruosa. Tanta superstrada e autostrada oltre a un forte indolenzimento alle natiche. Però, sono arrivato primo e soprattutto vivo. Ho avuto il tempo di rilassarmi, smontare quello che adesso è il mio TomTom Rider, farmi levare gli auricolari e il microfono per le chiamate a cui non ho risposto e godermi quel poco di adrenalina che rimaneva nel mio corpo. La prima cosa che ho fatto dopo il test? Cercare sul web il kit di montaggio per la macchina. E una volta in auto, eviterò accuratamente la funzione “Percorso tortuoso”.

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Matteo Dall'Ava