Pollice verso il basso
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Tecnologia

Fuga da Facebook: quali sono i nuovi social dei tuoi figli

Nell'ultimo anno un milione di ragazzi italiani ha abbandonato la piattaforma di Zuckerberg per migrare verso alternative che consentono di esibirsi in pubblico o rimanere del tutto anonimi. Al riparo dagli occhi dei genitori

Fate una prova: se vi sentite perduti, siete nel posto giusto. Se non sapete dove mettere il dito tra video che partono a tradimento, canzoni storpiate, raffiche di cuoricini e faccette umorali, avete trovato quello che state cercando. Siete ufficialmente degli invasori, degli infiltrati nelle nuove reti che catturano il tempo dei vostri ragazzi: TikTok, ThisCrush, Connected2.me e altri spazi con i loro linguaggi, le loro regole, il talento naturale di fare sentire un intruso chiunque non abbia, per mere ragioni anagrafiche, la patente di nativo digitale.

Siete dentro arene di norma sconosciute ai genitori, convinti che l’universo dei social network si risolva nei confini di Facebook, finalmente decifrato e presidiato dagli adulti dopo anni di diffidenze. Invece, di recente abbandonato dai ragazzi, in cerca di zone franche cucite addosso ai loro codici, ai loro esondanti ritmi espressivi e di consumo frenetici, alla loro voglia di anonimato. Al desiderio di mascherarsi dietro uno pseudonimo, anziché presentarsi con nome e cognome.   

La creatura di Mark Zuckerberg è tutt’altro che in crisi sul piano degli utenti, anzi continua a guadagnarne in Italia: quelli attivi almeno una volta al mese nel 2018 sono 31 milioni, circa un milione in più rispetto al 2017. Ma ne ha persi oltre mezzo milione nella fascia tra i 13 e i 18 anni. Un’emorragia di adolescenti. In tutto, in circa dodici mesi, ha subito una transumanza di 900 mila under 30, migrati in massa verso diversi approdi di bit. 

Facebook un Paese virtuale per vecchi

Facebook sta diventando un Paese, virtuale, per vecchi. Il calcolo lo ha fatto Vincenzo Cosenza, tra i massimi esperti nazionali di social media, partendo dai dati messi a disposizione agli inserzionisti dalla piattaforma stessa. E la tendenza non è solo nazionale: «Facebook perde amici tra i giovani adulti» sentenziava a febbraio un’analisi della società eMarketer riferita all’Inghilterra. Mentre il Pew Research Center, in parallelo, svelava come sia oramai scivolato al quarto posto nelle abitudini quotidiane dei teenager americani dietro YouTube, Instagram e Snapchat. In generale, «i ragazzi stanno virando verso alternative caratterizzate da un approccio più fresco all’esporsi in pubblico» conferma Cosenza, anche responsabile marketing per l’Italia di Buzzoole, società specializzata nel connettere le aziende con gli influencer. 

E di influencer in fasce abbonda TikTok, gigante cinese da 500 milioni di iscritti che ha fagocitato Musical.ly, pagandolo quasi 1 miliardo di dollari. La formula è essenziale: si pubblicano brevi video amatoriali con una base sonora in cui i protagonisti cantano, ballano, fanno cose buffe come scherzi al compagno di scuola o di stanza. Si mostrano, a volte, con una quantità limitata di vestiti addosso. Gli spettatori apprezzano e dispensano cuori, lasciano commenti (spesso altri cuori), seguono account che guadagnano migliaia di seguaci. Ai nuovi divi basta il megafono di un cellulare. 

Facebook, pochi giorni fa, ha provato a metterci una pezza presentando Lasso, per ora disponibile negli Stati Uniti: un karaoke carnevalesco che strizza molto l’occhio alle dinamiche di Musical.ly e suoi epigoni. Staremo a vedere se sarà l’asso nella manica o un fallimentare tentativo d’imitazione.

TikTok, intanto, veleggia su almeno 4 milioni di utenti in Italia, il doppio rispetto al 2016, tutti o quasi giovanissimi: un adulto, in quel contesto, sfiorerebbe il ridicolo. Altri 2,5 milioni mensili lungo lo Stivale li conta Snapchat: per una soglia record, il 72 per cento, hanno meno di 24 anni; per il 39 per cento, non arrivano a diciannove. Segmentazione che non stupisce: l’applicazione del fantasmino con i suoi contenuti che spariscono dopo un numero limitato di ore, è stato sì cannibalizzato (leggasi copiato) da Instagram, ma se il social fotografico ha fatto breccia tra i Millennial, Snapchat ha mantenuto il suo zoccolo duro di under. Come Twitch, dove nel 2018 un miliardo di spettatori, il 43 per cento in più del 2017, hanno guardato in streaming altri ragazzi giocare ai videogame. Twitch è stato comprato da Amazon, che ne ha compreso il potenziale dirompente; non è un social network in senso stretto, però il diluvio di commenti durante le dirette lo fa entrare di diritto tra le megalopoli della rete in cui si stringe amicizia e ci si raduna attorno a una passione comune. 

Siamo di fronte a un bivio: questi approdi raccontati fin qui assecondano la volontà di mettersi in mostra, di esibirsi. Altri privilegiano una maggiore libertà sotto privacy. Una polarizzazione opposta che si addentra, a passo spedito, nella nebbia più totale: in Connected2.me si conversa tra sconosciuti, decidendo di svelare la propria identità solo se c’è feeling. Dall’altro capo dello smartphone potrebbe esserci chiunque. Incluso, ma è storia e trappola antica delle chat, un pedofilo che si finge un minorenne.  

Consigli per genitori contro il cyberbullismo

ThisCrush è invece una pagina aperta, spesso linkata a un profilo pubblico come Instagram, in cui qualunque persona può lasciare un commento senza presentarsi. Frasi carine e volgarità assortite, proposte indecenti e pesantezze dialettali: tutto è ammesso, nulla è filtrato. La firma è uno pseudonimo di fantasia o un comodo «anonimo». Il pericolo è essere presi di mira in modo pesante: «Spesso gesti di bullismo o, in questo caso, più propriamente di cyberbullismo come l’istigazione al suicidio, sono passati da bacheche sulle quali chiunque può pubblicare i propri post. Inutile dire che sono rapidamente diventate ricettacolo di ogni genere di insulti, minacce e molestie» ricordano il giornalista Simone Cosimi e lo psicoanalista Alberto Rossetti, autori del libro Cyberbullismo (ed. Città Nuova). Il riferimento include il vecchio Ask.fm, collettore di risposte di ignoti alle domande poste dagli iscritti, e al suo tragico curriculum: negli anni passati è stato collegato a episodi di ragazzi che, messi alla gogna e persino incitati da sconosciuti senza volto e firma, hanno finito per togliersi la vita. Il rischio in agguato è un doloroso ricorso storico, vista una fastidiosa prerogativa come costante: l’inadeguatezza, la lentezza congenita o la scarsa volontà di questi social rampanti di proteggere i loro utenti. «Le azioni messe in campo dalle piattaforme digitali sono piuttosto inefficaci. Sono armi spuntate in termini di enforcement, come si direbbe in inglese, cioè nella loro capacità di mettere in mano alle vittime e alle loro famiglie strumenti rapidi, utili ed efficaci per fare fuori i contenuti più odiosi» scrivono Cosimi e Rossetti. 

L’antidoto non è il divieto assoluto, una punitiva dieta digitale da imporre ai giovanissimi: non sarebbe percorribile. «Invito i genitori, per prima cosa, a imparare a conoscere questi fenomeni. A iscriversi e capire i meccanismi di visibilità e di invisibilità che implicano i nuovi social network» suggerisce Cosenza. A costo di stordirsi di emoji, di rincretinirsi di filmati idioti. Poi, con la forza della consapevolezza e degli argomenti giusti, non solo agitando lo spettro di un pericolo vago, si può suggerire ai propri figli come comportarsi, cosa è lecito e cosa molto imprudente. Occorre provvedere a un’educazione digitale aggiornata alle ultime tendenze. Dire ai ragazzi di stare lontani da Facebook, confermerà loro che siete preistorici, che non sapete nulla dei loro veri rifugi virtuali. Che non avete idea del fatto più ovvio: sono già scappati altrove.


(Articolo pubblicato nel n° 49 di Panorama in edicola dal 21 novembre 2018 con il titolo "Fuga da Facebook: quali sono i nuovi social che frequentano i tuoi figli?")

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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