Facebook, vietato sentirsi grassi
Catherine Weingarten
Social network

Facebook, vietato sentirsi grassi

Facebook ha rimosso un'emoticon col doppio mento, dopo una lunga polemica. Sembra un'esagerazione. Ecco perché non lo è

Abbiamo appreso dalla nostra community che la presenza dell’opzione Mi sento grasso tra le emoticon connesse agli aggiornamenti di status potrebbe rinforzare un’immagine negativa del proprio corpo, in particolare per quelle persone che devono affrontare disturbi alimentari.”

L'annuncio arriva direttamente da Facebook. È comparso in queste ore, a sopresa, sulla pagina di una petizione di Change.org, e io comincio a pensare che se la marcia indietro fosse uno sport olimpico, Facebook starebbe correndo per l’oro. Dopo aver fatto mea culpa sulla politica dei nomi di battesimo e aver capitolato di fronte alle comprensibili richieste della comunità LGBT in materia di identità sessuale, oggi Facebook sventola un’altra bandiera bianca.

Tutto è cominciato due settimane fa, quando Catherine Weingarten, dopo aver notato che uno status update di un contatto era corredato da un’emoticon col doppio mento e la scritta “Feeling Fat” (Mi sento grasso), ha deciso di mobilitare l’associazione Endagered Bodies e la Rete in generale per convincere Facebook a rimuovere l’emoticon e a cambiare una frase che a detta loro rappresentava un insulto per chi ha davvero problemi con il proprio corpo.

Ho spento anni consumata da pensieri negativi sul mio corpo” spiega Weingarten nella petizione “e davvero troppi giorni a morire di fame nello sforzo di perdere peso. Ma ancora peggio dei pasti saltati e delle ossessive ore davanti allo specchio c’era la paura di quello che gli altri potessero pensare di me e del mio corpo.

Dopo essersi consultati con alcuni attivisti, quando ormai la petizione aveva raggiunto le 17.000 firme, Mark Zuckberg e soci hanno valutato di eliminare l’aggettivo “fat” (grasso) dal novero di quelli selezionabili per gli status update, sostituendolo con “stuffed” (pieno/sazio).

Ma tra le esclamazioni festose di chi aveva sostenuto strenuamente la battaglia contro il “grasso” su Facebook (aiutati anche dall’hashtag #fatisnotafeeling, ossia: grasso non è un sentimento), un dubbio si fa largo tra gli utenti: in che modo un emoticon può scatenare in una persona pensieri negativi sul proprio corpo?

Se infatti è vero che i disordini alimentari sono un problema reale che affligge 24 milioni di persone solo negli Stati Uniti, è anche vero che il termine “grasso” ha connotati vaghi, e non ha comunque la causticità semantica di altri termini come ad esempio “obeso”.

Tuttavia, diversi studi dimostrano che Facebook, e i social network in generale, ricoprono un ruolo delicato nella percezione che le persone hanno di sé e del proprio corpo. Uno studio del 2014 ha dimostrato che a molti utenti bastino venti minuti sul social network per provare sentimenti di insoddisfazione nei confronti del proprio corpo.

Quando l’odio per il corpo viene normalizzato, è un problema per tuttispiega Claire Mysko, direttrice dei programmi della National Eating Disorder Association “D’altro canto, una positività esplicita nei confronti del proprio corpo sui social media può essere uno strumento potente sia per il recupero di un disturbo.

Per questi motivi la campagna ha funzionato, e per questi motivi ora il mirino si è spostato su un altro emoticon di Facebook, uno caratterizzato dal classico trittico naso-occhiali-baffi, che reca come descrizione l’aggettivo: “Brutto”. 

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Fabio Deotto