Facebook e Twitter: la spirale del silenzio
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Social network

Facebook e Twitter: la spirale del silenzio

Se avvertiamo sui social che i nostri contatti non la pensano come noi, preferiamo non esprimere la nostra idea. Lo rivela uno studio del Pew Research Center

La chiamano la spirale del silenzio: secondo lo studio " I social media e la spirale del silenzio” pubblicato dal Pew Research Center, l'utilizzo dei social tende a rendere gli utenti conformisti.

Ovvero, quando l'utente di un social avverte che i suoi contatti in rete la pensano come lui, è spronato a esprimere la sua opinione. In caso contrario tende a non rendere pubblico il proprio pensiero.

La tendenza a esprimersi online sui social che, appare più libera e senza freni, in realtà non è così. Almeno secondo questo studio condotto su un campione di 1.801 americani intervistati sulle rivelazioni di Snowden che riguardavano la sorveglianza di massa via e-mail e telefono.

Nonostante l'86% volesse parlare del programma di sorveglianza, solo il 42% di chi usava Facebook e Twitter intendeva farlo postando sui social. Le conclusioni? Solo se gli utenti percepiscono il consenso della rete, si sentono liberi di esprimere la loro opinione. Altrimenti non condividono il proprio pensiero sui social e preferiscono il silenzio.
Ma non è tutto: questa tendenza sembra avere conseguenze anche nella vita reale. I dati raccolti suggeriscono infatti agli studiosi che non solo Facebook e Twitter non aprono nuovi ambiti di discussione, ma influenzano anche le relazioni faccia a faccia.

Per lo studio di Pew, si potrebbe applicare ai social la teoria della spirale del silenzio, che la sociologa Elisabeth Noelle-Neumann aveva formulato negli Anni 70 e che descriveva il potere dei mass media nei confronti degli utenti.

Ma proprio un altro studio pubblicato nel 2012 sempre da Pew "I social media e l'impegno politico”metterebbe in discussione la conclusione cui è giunta l'equipe di ricercatori: questa pubblicazione rilevava che il 66% degli utenti dei social utilizzavano proprio Facebook e Twitter per esprimere le proprie opinioni in ambito politico e sociale.

Quindi? Probabilmente l'effetto silenzio è più forte in chi non vuole entrare in polemica sul social e cerca di evitare di innescare una discussione (che normalmente si rivela sterile e potrebbe anche degenerare nell'insulto).

Ma che lo stesso comportamento venga poi rispecchiato nella vita reale, ho qualche dubbio: forse il problema non è nella dinamica dei social, ma è insito nel carattere di ciascuno di noi.
Se non abbiamo il coraggio di esprimerci per non creare disaccordo, non lo avremo né sul social né di persona. Oppure, decidiamo di non averlo sul social semplicemente perché non conosciamo più della metà dei nostri contatti e, se vogliamo avere un confronto di opinioni, preferiamo farlo di persona. E con chi, possibilmente, stimiamo.

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Marina Jonna

Giornalista e architetto: scrivo da sempre di design e tecnologia. Ultimamente ho allargato i miei orizzonti scrivendo di benessere, sport, scienze e attualità. Oltre a intervenire, sporadicamente, su R101 . Avete bisogno di un trattato sul "Paradiso della brugola" ? Sono pronta a scriverlo!

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