Perché pubblicare foto prese da Facebook è illegale
Kārlis Dambrāns @Flickr
Social network

Perché pubblicare foto prese da Facebook è illegale

Gli utenti restano titolari della proprietà intellettuale dei contenuti multimediali presenti sui profili. Ma chi ne stabilisce la titolarità?

Prelevare foto da Facebook, anche da profili pubblici, e (ri)pubblicarle altrove è un reato. Lo ha stabilito la IX sezione del Tribunale di Roma con una sentenza che può tranquillamente definirsi storica.

Il giudizio della Corte romana mette infatti un punto sulla vexata quaestio del diritto d’autore all’interno dei social network, stabilendo che i contenuti multimediali che appaiono sui profili personali non comportano la cessione integrale dei diritti d’autore, rimanendo quindi di proprietà intellettuale dagli utenti. Qualsiasi tipo di appropriazione da parte di terzi è dunque indebita e va punita con una sanzione.

Solo l'autore (e Facebook) possono sfruttare le immagini
La sentenza nasce da un caso aperto da un giovane fotografo romano, rivoltosi alle autorità giudiziarie dopo aver visto alcune delle sue foto pubblicate sul proprio profilo Facebook riprese da un noto quotidiano nazionale e da alcune tv locali.

Il tribunale di Roma ha sancito la risarcibilità del danno patrimoniale nonché di quello morale connesso al mancato riconoscimento della titolarità del materiale fotografico, basandosi sulle condizioni d’uso pubblicate dalla stessa Facebook. Nelle quali si legge (articolo 2 della dichiarazione dei diritti e delle responabilità) che "l'utente è il proprietario di tutti i contenuti e le informazioni pubblicate su Facebook"

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Nella fattispecie, foto e video vengono catalogati come contenuti Ip, ovvero "coperti da diritti di proprietà intellettuale". Secondo l’interpretazione fornita dalla legge, in pratica, al di là dell'autore solo Facebook può utilizzare i contenuti multimediali pubblicati in bacheca in ragione dei una licenza non esclusiva e trasferibile.

La sentenza potrebbe porre fine alla pratica molto diffusa nel mondo editoriale, quella del cosiddetto “sciacallaggio” sui social. Fra le prime immagini pubblicate dai media, soprattutto nei casi di cronaca, ci sono infatti foto apparse si profili Facebook e altri servizi Web, spesso lasciati in modalità “pubblici” e quindi visibili a tutti.

Il problema della titolarità
La domanda a questo punto sorge spontanea. In che modo la giustizia è in grado di stabilire chi è il vero titolare di una determinato contenuto apparso su un social? Secondo quanto riportato dalle agenzie che hanno seguito il caso, la pubblicazione stessa di una fotografia nella pagina personale di Facebook rappresenta "presunzione grave, precisa e concordante della titolarità dei diritti fotografici”. Insomma, per la legge già solo il fatto che una foto appaia all’interno di un profilo personale rappresenta di per sé un indizio di paternità. Questo almeno fino a prove contraria.

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Si tratta, evidentemente, di un’interpretazione piuttosto lasca delle regole, considerata la facilità con cui gli utenti possono oggi prelevare e ripubblicare qualsiasi foto presente sul Web. Stante così la norma, il fotografo professionista o chiunque abbia interesse a vedere tutelato il proprio patrimonio multimediale non ha che un modo per legittimare la patria potesta sul materiale originale: apporre ad ogni scatto (e ad ogni video) il cosiddetto watermark, la firma digitale da "stampare” in sovraimpressione attraverso gli appositi software.

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Roberto Catania

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