Dark Social: ecco perché Facebook non è il social network più utilizzato
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Dark Social: ecco perché Facebook non è il social network più utilizzato

Siamo tutti condivisori compulsivi, ma le informazioni più autentiche le condividiamo attraverso email e messaggi, e questo per Facebook è un problema

Siamo così abituati all’idea che Facebook sia la piazza digitale più frequentata di tutto l’universo social, che la notizia lascia un po’ disorientati: oltre il 69% delle condivisioni di contenuti online non passa per Facebook, né per Twitter, né per Instagram, né per Google+ (ok, su quest’ultimo nessuno aveva dubbi); appartiene piuttosto a quello che nell’ambiente viene definito dark social, ossia la trama invisibile e frammentata delle comunicazioni via email e messaggi istantanei.

Lo rivela uno studio commissionato da RadiumOne, società specializzata in Big Data, e condotto su 9.000 utenti: la stragrande maggioranza degli intervistati dichiara di utilizzare comunemente email e messaggi per condividere link, contenuti multimediali e informazioni sensibili, mentre il 27% dichiara addirittura di utilizzare esclusivamente questi canali dark social, rinunciando già in prima battuta a strumenti come Facebook (che conta solo il 23% delle condivisioni) e gli altri social network.

Questa tendenza è particolarmente evidente negli stati europei, dove il 75% degli intervistati ha dichiarato di utilizzare i canali dark social, mentre solo il 16% ha dichiarato di condividere contenuti (e dunque informazioni sensibili) via Facebook.

Un altro dato interessante è che, sebbene tra i più giovani ben pochi utilizzino i dark social per le loro condivisioni (nella fascia compresa tra i 16 e i 34 anni solo il 19% usa esclusivamente email e messaggi), man mano che l’età degli intervistati aumenta (e con essa l'esigenza di privacy) i dark social assumono un ruolo sempre più importante (sopra i 55 anni il 46% degli intervistati dichiara di utilizzare solo questi strumenti snobbando Facebook e compagnia bella).

Il dato potrebbe tranquillamente essere liquidato come prodotto di un gap generazionale, ma a quanto pare la questione è un’altra. Stando alle motivazioni addotte dagli intervistati, gli strumenti dark social sono percepiti come più intimi, più sicuri e dunque più affidabili per veicolare informazioni personali a destinatari selezionati. Attraverso i dark social gli utenti discutono e condividono materiale su argomenti come cinema, musica e altre forme di arte e intrattenimento (80%), sulla propria carriera lavorativa (78%) e sui propri viaggi (78%).

Non serve essere esperti di social media per capire che questo tipo di informazioni è estremamente prezioso per tutte quelle aziende che proprio sui dati sensibili (e sull'advertising) basano la propria sussistenza (è proprio il caso di Facebook, Twitter e Google). E se si considera che gli argomenti più battuti dagli utenti sui social media tradizionali riguardano gattini e altri animali (84%) e questioni famigliari (63%), improvvisamente diventa più facile capire perché diamine Facebook stia spendendo fantastiliardi di dollari per primeggiare nel campo della messaggistica e perché Google abbia concentrato così tante energie nel creare il servizio email più popolare di sempre.

Lo studio condotto da RadiumOne lascia emergere un dato evidente: siamo dei condivisori compulsivi e ci piace tempestare i profili altrui di Like, +1 e retweet, è un bisogno psicologico, fisiologico quasi, ma questo non significa che la nostra attività sui social media debba per forza essere indicativa di chi siamo, cosa vogliamo e – in definitiva – cosa siamo pronti a comprare.

D’altro canto, gli strumenti dark social, almeno per il momento, sono il porto “sicuro” a cui ci affidiamo quando dobbiamo scambiarci informazioni importanti, o anche semplicemente sincere, senza preoccuparci che tutti stiano assistendo dagli spalti come in una piazza affollata.

È dunque ragionevole aspettarsi che i colossi dell'hi-tech continueranno a investire energie in tool per la salvaguardia della privacy, nonché in nuovi servizi di messaggistica istantanea e surrogati di email; una silenziosa corsa alla conquista del tesoro di informazioni custodite nel lato oscuro del social.

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Fabio Deotto