Sms, 20 anni fa il primo
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Sms, 20 anni fa il primo

Lo short message nasce con la telefonia mobile. E ne segue l'evoluzione. Ecco perché resiste ma non cresce più

Il tempo dell’innovazione corre davvero veloce. Ma molto meno di quello che sembra. I 20 anni degli SMS che si festeggiano in questi giorni in realtà sono quasi 30, perché la prima idea del servizio è addirittura del 1984. La Bbc è riuscita a intervistare, ma solo via sms,  quello che viene definito il “padre riluttante”, il finlandese Matti Makkonen, che mai ha registrato un brevetto né mai è diventato ricco per la sua trovata. Racconta l’ingegnere in 160 battute che della possibilità di un sistema di messagistica mobile si cominciò a parlare a metà anni Ottanta durante una pizza dopo un convegno di esperti in telecomunicazioni. Ci si pensava come a un dettaglio,utile soprattutto per il business, della grande rivoluzione della telefonia mobile, ma non certamente come a una nuova forma di comunicazione con un proprio linguaggio.

Dovremmo forse ricordare, tra commemorazioni sociologiche e valutazione economiche, che cosa erano i "telefonini" due decenni fa. Nel novembre 1992, pochi giorni prima della partenza del primo “messaggino” (3 dicembre, da un computer a un cellulare inglese Vodafone con su scritto "Merry Christmas"), Nokia lanciava il 1011: pesava quasi mezzo chilo (475 grammi) e aveva il display lcd in bianco e nero con due righe di testo….Per questo dice Makkonen che l’effettivo decollo degli SMS ci fu solo nel 1994,  quando arrivò sul mercato il primo cellulare con un sistema di scrittura semplificata, il Nokia 2010.  Andiamoli a rivedere questi telefoni per capire che oggi siamo davvero in un’altra era. E non solo perché ai messaggini si sono aggiunti le app di messaggistica (WhatsUp, iMessage, etc.), i social media (Twitter, Facebook, etc.) o le piattaforme di Voip (Skype). E’ cambiato tutto l’ecosistema.

Quando partiva il primo sms da cellulare a cellulare, era il gennaio 1993, la telefonia mobile era Etacs, evoluzione della prima generazione Tacs, e solo da poche settimana Sip, si chiamava così la compagnia che poi sarebbe diventata Telecom, aveva cominicato la sperimentazione del Gsm, lo standard 2g ancora attivo, sulle tratte autostradali Milano-Napoli e Torino-venezia. Era quasi monopolista, visto che Omnitel (oggi Vodafone) era ancora neonata. Il MicroTac Motorola, il cellulare status symbol di fine anni 80 aveva solo tre anni e in Italia c’erano qualche centinaia di migliaia di abbonati. Quando nasce, l’SMS è un servizio semplice, che viaggia all’ombra del segnale telefonico (sullo Channel Control) e poi cresce con lo sviluppo dei telefoni, del software (il T9 e del 1999) e del mercato. All’inizio è gratis, solo a partire da fine anni 90 diventa un bel business per le compagnie telefoniche: costa pochissimo (meno di 1 centesimo, è stato calcolato) e rende moltissimo (più di 10 volte).

Quell’epoca è finita. I telefoni sono diventati smartphone (anche se il 50% del mercato europeo è ancora fatto dai cosiddetti features phones, quelli cioè senza un cuore di mobile computing), i 160 caratteri hanno generato Twitter e si sono evoluti nella nuove piattaforme social ma restano ancora l’unico sistema universale per scambiarsi messaggi. Nel mondo ne circolano migliaia di miliardi ma per la prima volta quest’anno la crescita si è arrestata. Da tempo il business per le società telefoniche si è spostato sul traffico dati, il “messaggino” è entrato in pacchetti commerciali sempre più aggressivi e costa poco, sempre meno. E magari tonerà gratis, come alle origini. A crescere sono solo i numeri dei Bulk Sms, quelli con invio multiplo. Molti promozionali, a volte molesti, spesso vero e proprio spamming. Ma molti anche utili e preziosi, come quelli di alert, ad esempio, utilizzati dalle banche per avvertire di un prelievo o di un pagamento.
Come dice papà Makkonen: «20 anni sono tanti. Ma credo che inviare messaggi di testo sarà sempre utile. Magari non li chiameremo Sms. E magari non pagheremo più nulla».

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Giovanni Iozzia

Ho lavorato in quotidiani, settimanali e mensili prevalentemente di area economica. Sono stato direttore di Capital (RcsEditore) dal 2002 al 2005, vicedirettore di Chi dal 2005 al 2009 e condirettore di PanoramaEcomomy, il settimanale economico del gruppo Mondadori, dal 2009 al maggio 2012. Attualmente scrivo su Panorama, panorama.it, Libero e Corriere delle Comunicazioni. E rifletto sulle magnifiche sorti progressive del giornalismo e dell’editoria diffusa.  

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