Samsung, ecco il Galaxy Note che si controlla col pensiero
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Tecnologia

Samsung, ecco il Galaxy Note che si controlla col pensiero

Smartphone e tablet controllati col solo pensiero? Ci sta lavorando Samsung. L'obbiettivo ufficiale è consentire alle persone paralizzate di utilizzare dispositivi mobile. Ma lo scenario che si spalanca è molto più ampio

Dopo aver rinunciato alle auto volanti, al viaggio nel tempo e al teletrasporto, chi come me ha coltivato il suo personale immaginario fantascientifico intorno alla fine degli anni ’80, ha ancora un sogno tecnologico a cui aggrapparsi: l’introduzione di dispositivi hi-tech controllati dal cervello.

Un sogno che sembra affascinare Samsung, dal momento che l’azienda coreana sta attualmente sperimentando l’impiego di interfacce cervello-macchina in tablet e smartphone. Per la precisione, esiste già un prototipo di phablet ad attivazione cerebrale , un Galaxy Note 10.1 che si avvale di un cappuccio con elettrodi per l’elettroencefalogramma integrati per tradurre i segnali neuronali in comandi digitali.

Il progetto si avvale della collaborazione di Roozbeh Jafari , professore associato di Ingegneria Elettrica alla Università del Texas, a Dallas, che in questo momento sta lavorando spalla a spalla con i ricercatori Samsung per ottenere l’esecuzione di semplici operazioni come lanciare un’app, spegnere e accendere il dispositivo, selezionare un contatto dalla rubrica o lanciare una canzone da una playlist.

Per ottenere questo risultato, il team dovrà prima riuscire a superare gli ostacoli che da sempre rallentano lo sviluppo di questo tipo di tecnologie. Solitamente, un sistema come quello studiato da Samsung richiede che l’utente indossi un cappuccio dotato di elettrodi che, a seconda del numero di elettrodi, può richiedere più di mezz’ora per essere preparato. Jafari e colleghi hanno sviluppato un sistema più pratico (e comodo) che consente di indossare il cappuccio in dieci secondi. L’obiettivo ora è riuscire a integrare questa tecnologia in un cappello o un berretto che possano essere indossati dall’utente come se si trattasse di un copricapo qualsiasi.

Immaginare un futuro in cui utilizzeremo smartphone e tablet senza nemmeno doverli toccare (e guardare) può essere stimolante, ma i primi che potranno beneficiare di un dispositivo come quello studiato da Samsung saranno quelle persone che per vari motivi hanno seri problemi motori. Non è un caso che tra i primi macchinari ad attivazione cerebrale mai sperimentati figuri una sedia a rotelle elettrica: prima di poter diventare un orpello per chi vuole piantare gli scarponi nel futuro, i dispositivi a interfaccia cervello-macchina serviranno ad aiutare chi per ragioni psicofisiche si trova tagliato fuori da un intero comparto tecnologico.

Questo tuttavia  non significa che il team Samsung non stia tenendo conto delle enormi possibilità spalancate da simili dispositivi. Rober Jacob, ricercatore in interazioni uomo-computer alla Tufts University, non esita a immaginare che in futuro questa tecnologia potrà consentire agli utenti mobile di interagire con il proprio dispositivo in qualunque momento, senza doverlo toccare, estrarre di tasca o, se stanno guidando, distogliere lo sguardo dalla strada. Se questa prospettiva si avverasse, e se si avverasse a breve, andrebbe a costituire un pesante argine alle tecnologie indossabili (smartwatch in primis) sui cui tanti colossi dell’hi-tech stanno concentrando le proprie energie.

Il prototipo di tablet ad attivazione cerebrale di Samsung per ora consente di eseguire un’operazione ogni cinque secondi, con un’accuratezza che va dall’80 al 95%. È dunque ragionevole pensare che, perché una tecnologia simile raggiunga il livello necessario ad essere introdotta sul mercato, debbano passare altri 5 o 10 anni.

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Fabio Deotto