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Tecnologia

Perché l'intelligence Usa si preoccupa degli smartphone Huawei

FBI, CIA e NSA sostengono che le multinazionali hi-tech cinesi collaborino con governo di Pechino per attività di spionaggio. La risposta dell'azienda

Ok, ora la questione è pesante. Dopo aver convinto gli operatori nazionali, come AT&T e Verizon, ad abbandonare l’idea di inserire nei loro catalogo il Mate 10 Pro, le agenzie di sicurezza degli Stati Uniti ora si rivolgono a tutti gli americani: “Non usate cellulari marchiati Huawei e ZTE”. Un monito ribadito anche in queste ore, come afferma il Wall Street Journal

La paura del monitoraggio

Il motivo?

Le due compagnie, le principali del paese ad essere diventate famose nel contesto hi-tech in Occidente, vengono considerate un braccio operativo del governo di Pechino.
Ad affermarlo, come riporta la CNBC, è il direttore dell’FBI Chris Wray che, durante un’udienza della Commissione Intelligence del Senato, nel cui gruppo sono presenti anche CIA e NSA, ha detto: “Siamo profondamente preoccupati per i rischi che derivano dall’ingresso sul mercato di entità straniere, spinte da nazioni evidentemente ostili, che cercano di acquisire posizioni di potere nel panorama nazionale delle telecomunicazioni”.

Poi l’affondo: “Sappiamo che queste aziende hanno la capacità di manomettere e rubare informazioni, per finalità di spionaggio che passano per inosservate”.

I rischi per gli americani

Ciò cosa comporterebbe? Nel concreto ad una fuoriuscita di dati sensibili dai telefonini e tablet a marchio Huawei e ZTE, senza che gli utenti se ne accorgano vista l’assenza di applicazioni e canali di comunicazione visibili e analizzabili. Ma un modo per capire se ciò avviene c’è: se lo smartphone non sta apparentemente scaricando o aggiornando nulla ma l’icona del Wi-Fi e della rete mobile segnala comunque il trasferimento (in upload o download) dei dati allora c’è qualcosa che non va.

Attenzione: una simile eventualità esiste per tutti gli smartphone in commercio solo che, stando ai report USA, se sugli altri dispositivi si possono chiudere (in gergo kill) i processi attivi e in background, sui modelli delle due multinazionali tale opportunità non ci sarebbe, perché assenti task da bloccare o fermare, essendo operazioni invisibili anche agli occhi dei più esperti.

I rischi per gli italiani (e gli europei)

Assenti. Ad oggi non vi è motivo per credere che terminali come il Mate 10 Pro o quelli ZTE contengano modalità stealth di trasferimento di informazioni verso la Cina. In realtà nemmeno gli USA hanno mai fornito prove evidenti di quanto affermano, perciò la situazione è totalmente in bilico e per nulla certa. Se vi proeccupate della vostra privacy fareste meglio a installare qualche antivirus e attivare la verifica a due fattori.  

Intrecci politici

I recenti avvertimenti giunti dalla Commissione non sono nuovi. L’Intelligenze a stelle e strisce si è sempre mostrata diffidente nei confronti dei marchi tecnologici appartenenti a paesi notoriamente poco amici. Huawei e ZTE sono tra questi ma solo qualche mese fa Donald Trump aveva messo in pratica il ban dai computer degli uffici pubblici ai software antivirus di Kaspersky, perché accusata di collaborare con il governo di Mosca per la creazione di porte di accesso remote alle infrastrutture governative e private, soprattutto delle grandi compagnie americane.

Un passato che pesa

Se Eugene Kaspersky, fondatore dell’omonima società viene ricordato per il suo passato di studente dell’Accademia Nazionale dei Servizi Segreti russi, Ren Zhengfei, fondatore di Huawei, è un ex dell’Esercito di Liberazione Popolare cinese, sebbene non abbia mai assunto un rango militare ma solo di vicedirettore (il nostro equivalente di Vicecapo di Reggimento).

Braccia tech dell’arma

È bastato questo per convincere due senatori repubblicani, Tom Cotton dell’Arkansas e Marco Rubio della Florida, ad affermare una decina di giorni fa: “Huawei è effettivamente un braccio del governo cinese ed è più che in grado di rubare informazioni dai funzionari degli Stati Uniti hackerando i loro dispositivi”. Ai due ha fatto eco Richard Burr, presidente della Commissione Intelligence del Senato: “È appurato che aziende simili abbiano legami con Pechino”. Per questo Washington sta prendendo in considerazione una legge che vieti agli smartphone in questione di entrare nelle giacche dei dipendenti pubblici, un po’ come successo ai programmi di Kaspersky.

La risposta di Huawei

I commenti della politica USA non sono caduti nel vuoto della Muraglia. Huawei, tramite un portavoce ha detto: “Siamo a conoscenza di una serie di attività apparentemente finalizzate ad inibire le operazioni di Huawei nel mercato statunitense. Eppure godiamo del supporto di governi e clienti in 170 paesi in giro per il mondo, anche perché condividiamo costantemente le modalità di produzione e realizzazione dei nostri prodotti. Non poniamo problemi di cybersecurity maggiori di quanto lo facciano le altre concorrenti”.

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Antonino Caffo

Nato un anno prima dell’urlo di Tardelli al Mondiale, dopo una vita passata tra Benevento e Roma torno a Milano nel cui hinterland avevo emesso il primo vagito. Scrivo sul web e per il web da una quindicina di anni, prima per passione poi per lavoro. Giornalista, mi sono formato su temi legati al mondo della tecnologia, social network e hacking. Mi trovate sempre online, se non rispondo starò dormendo, se rispondo e sto dormendo non sono io. "A volte credo che la mia vita sia un continuo susseguirsi di Enigmi" (Guybrush Threepwood, temibile pirata).

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