Commodore LEO: la recensione del secondo Android nostalgico
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Commodore LEO: la recensione del secondo Android nostalgico

Prezzo interessante e prestazioni nella media per uno smartphone che punta tutto sui ricordi. Ma guai ad associarlo al famoso marchio USA

L’operazione portata avanti dalla Commodore Business Machines è encomiabile ma soprattutto furba. Con un tempismo degno del miglior Carl Lewis, la compagnia con sede in Inghilterra ma fondata da italiani, si è assicurata più di un anno fa lo sfruttamento del marchio figurativo tanto caro ai giovani nerd degli anni ’80. Se il primo Commodore PET aveva lasciato un po’ l’amaro in bocca, con il nuovo LEO, in vendita da oggi, le cose migliorano sensibilmente, almeno dal punto di vista del design.

Si, perché laddove il capiente schermo da 5.5 pollici nascondeva un retro completamente in plastica, LEO acquista uno chassis in vetro decisamente più elegante (lo avevamo visto in anteprima), seppur con una diagonale minore da 5 pollici. A vederlo così, Commodore LEO gode di una personalità maggiore rispetto al precedente anche se non mancano i punti di contatto con concorrenti esemplari del passato, come gli iPhone 4S.

Basterà a farlo diventare un oggetto di culto? Difficile, ma cerchiamo di capirne di più.

L’hardware

Come anticipato, lo schermo è un 5 pollici Full HD 2.5D, che ricopre in pratica tutta la larghezza del terminale, con un effetto borderless davvero notevole, anche se in effetti la cornice attiva è minore e lascia comunque dei contorni neri quando il display è acceso. Il processore è un MediaTek MT6735 quad-core a 64-bit, già a bordo di decine di smartphone di fascia medio-bassa (qui una lista), la RAM è da 2 GB e la memoria interna da 16 GB, espandibile con schede microSD fino a 64GB.

Buona la batteria da 2.200 mAh che, grazie a un processore contenuto, promette una giornata di autonomia o giù di li.

La fotocamera

La fotocamera sul retro ha un sensore da 16 Megapixel (probabilmente Sony ma non abbiamo la certezza) con flash LED, autofocus e bilanciamento automatico del bianco, gira video in HD con lo stabilizzatore e possibilità di zoom. La fotocamera frontale è da 8 Megapixel con risoluzione 3264 X 2448. Buoni gli scatti ma non eccellenti, soprattutto in condizioni di scarsa luminosità.

Software

La base è Android Lollipop 5.1, quindi niente Marshmallow o Nougat. L’esperienza è quanto di più stock vi sia, con l’assenza di app precaricate, nemmeno quel paio di emulatori (disponibili comunque gratis sul Play Store) con cui rivivere l’emozione di una partitella ad Arkanoid o Buggy Boy che c’erano sul PET. Il motivo? Un ulteriore modo per staccarsi dai fasti dell’ispirazione che fu, anche se difficilmente la Commodore attuale farà eclissare quella che un trentennio fa iniziava la sua ascesa nel mondo tech.

Conclusioni

In definitiva, Commodore LEO è un buon telefono, non toglie e non aggiunge nulla, a livello funzionale, agli Android visti sinora. La strada, guardando soprattutto al primo PET, è quella giusta nella direzione di una maggiore differenziazione e non è detto che il prossimo dispositivo della compagnia non possa avanzare ulteriormente nel segmento medio del mercato.

Il prezzo di vendita, 249 euro (nella confezione c’è una pellicola per il retro, una sul fronte già applicata e una cover, niente auricolari però), è giustificato più per il rimando al brand che per reali specifiche tecniche che, senza quella “C flag”, porrebbero LEO solo come uno tra i tanti telefonini attualmente in circolazione.

Il nuovo Commodore LEO

Commodore Leo
Commodore Business Machine LTD

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Antonino Caffo

Nato un anno prima dell’urlo di Tardelli al Mondiale, dopo una vita passata tra Benevento e Roma torno a Milano nel cui hinterland avevo emesso il primo vagito. Scrivo sul web e per il web da una quindicina di anni, prima per passione poi per lavoro. Giornalista, mi sono formato su temi legati al mondo della tecnologia, social network e hacking. Mi trovate sempre online, se non rispondo starò dormendo, se rispondo e sto dormendo non sono io. "A volte credo che la mia vita sia un continuo susseguirsi di Enigmi" (Guybrush Threepwood, temibile pirata).

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