Cinque film Sony hackerati. Colpa della Corea del Nord (e di James Franco)
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Cyber Security

Cinque film Sony hackerati. Colpa della Corea del Nord (e di James Franco)

Secondo alcuni, il leak di Sony potrebbe essere stato ordinato dal governo nordcoreano in risposta a un film satirico su Kim Jong Un

Se passata l’attuale buriana si rivelerà trattarsi di un normale episodio di hacking, sarebbe abbastanza fuori dall’ordinario. Se invece, come pensano alcuni, si rivelerà essere frutto di un cyberattacco politico, lo sarebbe ancora di più.

Esattamente una settimana fa un gruppo di hacker che si presentava sotto il nome di #GOP (Guardians Of Peace) aveva saccheggiato un database della Sony Pictures Entertainment sequestrando 11 terabyte di materiale di vario tipo, per poi chiedere a Sony una sorta di riscatto, minacciando di rendere pubblici dati sensibili come email personali, dati finanziari e le informazioni contenute nei passaporti di decine di membri dei cast dei film in produzione.

Ancora non è dato sapere quale sia la richiesta dei “sequestratori”, quello che però è ormai confermato è che gli hacker sono entrati in possesso di cinque film in alta qualità, quattro dei quali ancora devono uscire nelle sale americane: si tratta di Annie (dicembre 2014), To Write Love On Her Arms (Marzo 2015), Mr Turner (dicembre 2014), Still Alice (gennaio 2015) e Fury, film con Brad Pitt uscito lo scorso ottobre.

I film sono ora reperibili nei circuiti torrent più utilizzati da chi fruisce materiale pirata. Ma secondo molte fonti, la questione potrebbe essere molto più spinosa di così.

Al momento del cyberattacco, infatti, c’era chi aveva ventilato l’ipotesi che dietro il leak ci fosse niente meno che il governo della Corea del Nord, che da mesi tuona minacce contro James Franco e Sony, rei di aver girato una pellicola che si porrebbe come un “atto di guerra vero e proprio” contro il governo nordcoreano.

L’atto di guerra in questione sarebbe The Interview (vedi trailer in calce), l’ultimo film della premiata coppia James Franco/Seth Rogen, che dopo aver riscritto il concetto di demenzialità con film come Strafumati e Facciamola finita, hanno deciso di ambientare la loro ultima impresa proprio nella patria di Kim Jong Un.

Nel film, i due attori intepretano un presentatore televisivo e un produttore associato incaricati di intervistare il dittatore coreano, salvo poi essere reclutati loro malgrado dalla CIA per assassinarlo.

Ora, l’idea che il governo di Pyongyang possa ordinare attacchi hacker contro un colosso dello show business per colpa di un film satirico suona alquanto ridicola. Ma conoscendo i trascorsi del leader coreano, e la sua proverbiale mancanza di senso dell’umorismo, esistono buone ragioni per non scartare preventivamente l'ipotesi.

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Fabio Deotto