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Perché i negozi di elettronica devono cambiare pelle

L'avanzata dell'online da un lato, il fenomeno smart home dall'altro: per i retailer dell'hi-tech è giunto il momento di rinnovare l'esperienza d'acquisto

Nell’era di Amazon e del commercio elettronico di massa, ha ancora senso entrare in un negozio tradizionale? Risposta affermativa: i consumatori amano ancora vedere il prodotto dal vivo, toccarlo con mano, respirarlo attraverso il racconto del rivenditore. In una parola vivere l’esperienza d’acquisto a 360 gradi.

Un discorso quanto mai valido nel campo dell’elettronica di consumo, laddove i prodotti sono spesso complessi, sofisticati, difficili da comprendere anche per un utente abbastanza alfabetizzato. È proprio qui che dovrebbe intervenire il retailer, con la sua esperienza, il suo personale qualificato, il suo valore aggiunto. Il condizionale è d’obbligo, perché poi alla resa dei conti la competizione fra le insegne sembra concentrarsi il più delle volte sulle migliori offerte a volantino.

L'offline è vivo (ma deve capire cosa farà da grande)

Che il canale fisico sia più vivo che mai lo dicono anche numeri: ogni 100 oggetti di elettronica di consumo venduti in Italia, ha spiegato Tech Data in occasione dell’annuale Retail Channel Event, solo il 14% avviene attraverso il circuito di Internet. Per onor di cronaca va detto anche che l’Italia resta un’anomalia rispetto alla media europea. Secondo GFK, la media degli acquisti online nell’UE è di quasi il 25%, con un incremento  progressivo anno su anno.  

Insomma, per quanto non si possa parlare di crisi, il canale retail è obbligato a cambiare pelle se non vuole correre il rischio di essere lentamente ma inesorabilmente fagocitato dalla distribuzione online.

Già ma in che modo?

Dal prodotto al servizio

L’idea su cui la distribuzione tradizionale si sta interrogando da un po' di tempo a questa parte è quella di uno shift nei comportamenti d’acquisto, un vero e proprio cambio di paradigma che porti il consumatore a considerare il prodotto non più come l’oggetto da possedere ma come qualcosa da fruire al pari di un servizio. Dalla proprietà all’utilizzo, insomma, con la possibilità di recuperare il valore perduto del bene e di spalmarne i costi sull’intero periodo di utilizzo.

Questo modello di gestione della vendita aumenta la fedeltà del cliente e offre maggiori opportunità di upselling – ci spiega Tech Data – sottolineando tutti gli elementi che concorrono a comporre la rinnovata offerta dei prodotti as a service: al centro c’è ancora l’oggetto hi-tech, con tutti i suoi accessori; poi ci sono i vari servizi post-vendita, dall'assistenza all'assicurazione; sopra tutto ci sono infine i modelli d'acquisto più o meno agevolati, dal finanziamento alla "rottamazione", fino alla rivendita dell'usato e del ricondizionato. "Parliamo di una struttura integrata messa a disposizione di tutti i punti vendita del retail che prevede esecuzione del ritiro dell'usato, consegna del nuovo prodotto e rivendita del condizionato", spiega a Panorama.it Enrico Pappolla, Senior Director Tech Data Mobile Italy & Switzerland.

Il cliente fedele è un cliente guadagnato

L'obiettivo a medio e lungo termine è dichiarato: costruire una relazione pù duratura con il consumatore, fare in modo che la sua esperienza non termini con lo scontrino alla cassa, in poche parole renderlo più fedele. "Per ogni singolo servizio – che si tratti di buy back, finanziamento, trade in - vogliamo svolgere una funzione di qualificazione delle terze parti al fine di garantire la migliore offerta del mercato alle insegne. Dobbiamo pensare a un vero e proprio percorso che porti il consumatore ad avere l’oggetto sempre aggiornato e i migliori servizi associati a un prezzo competitivo"

Per far sì che le buone intenzioni non restino incompiute, occorrerà portare avanti in parallelo un processo di rinnovamento strutturale del punto vendita. Nei prossimi anni, sottolinea GFK, il retail si troverà gioco forza a raddoppiare gli investimenti per ciò che riguarda l'innovazione tecnologica in store. Con soluzioni finalizzate alla riduzione dei costi - come le casse automatiche, i robot, gli algoritmi di intelligenza artificiale -, alla creazione di aree esperienzali più coinvolgenti (realtà aumentata e virtuale), oppure  - è il caso per esempio dei sistemi di riconoscimento facciale - allo sviluppo di soluzioni per la sicurezza e il marketing personalizzato.

Un'opportunità chiamata smart home

Un impulso al cambiamento potrebbe arrivare dall’esplosione del segmento della cosiddetta smart home. Su questo punto il pensiero è abbastanza condiviso: un numero sempre più corposo di prodotti casalinghi connessi e la contemporanea affermazione dei maggiordomi virtuali come Google Home, concordano gli addetti ai lavori, potrebbe spingere le insegne di elettronica di consumo ad accelerare il processo di trasformazione del punto vendita.

Perché è evidente: se fino a ieri il consumatore doveva scegliere fra questo o quello smartphone, d'ora in poi dovrà interrogarsi sull'intero ecosistema domestico. Che non significa solo quali prodotti scegliere per la sua casa intelligente, ma anche come connetterli in Rete, come controllarli sfruttando i comandi vocali e come farli parlare fra di loro.

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Roberto Catania

Faccio a pezzi il Web e le nuove tecnologie. Ma coi guanti di velluto

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