Twitter protegge la privacy dei propri utenti come nessun altro
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Tecnologia

Twitter protegge la privacy dei propri utenti come nessun altro

Il nuovo report della EFF rivela come le aziende del web si comportano di fronte alle richieste dei governi. La medaglia d'oro va a Twitter. La maglia nera a Apple e Amazon

Magari non ne sei al corrente, magari vuoi fingere di non saperlo, ma ogni giorno che utilizzi servizi come Google, LinkedIn, Facebook, Twitter e Amazon, dall’altra parte dello schermo qualcuno sta facendo incetta di informazioni su di te: gli acquisti che fai, quelli che non fai, i messaggi che invii, gli argomenti di cui parli, le persone con cui parli, e via dicendo. A meno che tu non voglia affidarti a servizi di nicchia ultraprotetti, non c’è modo di tenerti tutti i tuoi dati sensibili nelle tasche. L’unica vera domanda da porsi è: di quali piattaforme mi posso fidare?

La stessa domanda se la rivolgono quelli della Electronic Frontier Foundation, associazione non-profit in prima linea nella difesa degli interessi degli utenti internet, e ogni anno monitorano il comportamento delle varie compagnie internet per valutare quali dimostrino una maggiore premura nei confronti dei propri utenti. Il report relativo al 2013 è stato pubblicato oggi e porta a galla fatti poco noti, uno su tutti: Twitterè la compagnia più attenta ai diritti dei propri utenti, soprattutto di fronte a richieste di dati sensibili da parte dei governi, molto più di altre “istituzioni” come Amazon, Apple, Tumblr e Dropbox.

Per stilare il report, gli analisti della EFF hanno valutato 6parametri fondamentali:

1- Se l’azienda richiedeun mandato prima di consegnare a un governo le comunicazioni tra i propri utenti. Questo significa che il governo che richiede all’azienda i dati deve fornire una giusta motivazione e quindi ottenere un mandato ufficiale. Tra le aziende analizzate, le uniche che non richiedono un mandato sono Apple, Amazon, Comcast, Yahoo, AT&T e Verizon.

2- Se l’azienza comunicaagli utenti le richieste governative. Il fatto che un’azienda chieda un mandato per la consegna dei dati può essere un elemento di protezione, ma serve a poco se poi non comunica ai propri utenti questa eventualità, poiché non dà loro modo di proteggersi (nel caso ad esempio di governi autoritari interessati a stanare dissidenti attraverso i social network). Stando alle valutazioni di EFF, questo è il caso di Facebook, Google, Microsoft e Tumblr.

3- Se l’azienda pubblica transparency report in cui viene fatta una stima di quanto spesso forniscono dati utenti ai governi. Le uniche aziende che lo fanno sono Google, Dropbox, LinkedIn, Microsoft, e Twitter.

4- Se l’azienda rende pubbliche le linee guida e le policy attuate nel relazionarsi alle autorità governative.

5- Se l’azienda ha difeso attivamente la privacy degli utenti nei tribunali. Lo hanno fatto Comcast, Google, Amazon, Twitter, Myspace, e in parte Yahoo.

6- Se l’azienda ha difeso attivamente la privacy degli utenti presso il Congresso statunitense, fornendo di fatto supporto ai legislatori che si battono per modernizzare le leggi sulla privacy e la difesa gli utenti. Le uniche aziende a non averlo fatto sono Yahoo, Comcast, Verizon e Myspace.

Come anticipavamo all’inzio, l’unica azienda di spicco a soddisfare tutti e sei i parametri è Twitter, mentre tra quelle meno “attente” alla privacy degli utenti spiccano Yahoo, Amazon, Apple e Facebook.

Dalla tabella pubblicata da EFF emergono due cose. La prima è che nonostante lo scandalo NSA, e nonostante i dati sensibili siano alla base di gran parte degli introiti di queste aziende, ci sono colossi del web (due su tutti: Amazon e Apple) che ancora non si preoccupano di adottare gran parte delle buone pratiche sopra elencate (Apple non fa altro se non difendere i diritti degli utenti a livello parlamentare). La seconda è che, nonostante la strada da fare sia ancora lunga, negli ultimi anni molte aziende hanno migliorato il trattamento riservato alla privacy dei propri utenti. E chissà che il letamaio scoperchiato da Edward Snowden non porti nel 2014 le maggiori aziende del web a riempire tutte le rimanenti lacune.

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Fabio Deotto