5G smart city
chombosan @iStock (2017)
Tecnologia

Chi ha paura del 5G?

Il Codacons vuole vederci chiaro e invita tutti i 7.914 comuni italiani a lasciar perdere le sperimentazioni e a salvaguardare la salute dei cittadini

Il 5G è dietro l'angolo, con la promessa di rendere le nostre vite connesse molto più intelligenti di quanto lo siano oggi. Non si tratta solo di velocità ma della possibilità di collegare in maniera ottimizata smartphone, tablet, computer, dispositivi indossabili e tutto ciò che in città "parla" con la rete. Non si poteva già fare oggi con il 4G? Si, certo, con grossi limiti in quanto a spazio concesso ad ogni prodotto (per farla spicciola), con una decadimento della qualità.

Il 5G sarà un network migliore e creato apposta per ospitare centinaia, migliaia di device. Per fare questo serviranno antenne diverse dalle attuali, sulle quali il Codacons ha avviato la propria battaglia del "contro".

Stop alla penisola

L’associazione dei consumatori ha chiesto a tutti i sindaci italiani di bloccare e rifiutare la sperimentazione del 5G sui loro territori. Il motivo? «Allo stato attuale – afferma Carlo Rienzi, Presidente Codacons – le evidenze scientifiche non sono in grado di assicurare con assoluta certezza l’assenza di rischi suo fronte sanitario per i cittadini. In tali situazioni si applica quindi il principio di precauzione che pone come interesse primario la tutela della popolazione, anche perché i sindaci sarebbero i primi soggetti chiamati a rispondere di eventuali danni prodotti da strutture tecnologiche autorizzate dalle amministrazioni».

La ricerca del misfatto

A marzo dello scorso anno si è conclusa la ricerca che l’lstituto Ramazzini di Bologna, attraverso il Centro di ricerca sul cancro “Cesare Maltoni”, ha condotto per studiare l’impatto dell’esposizione umana ai livelli di radiazioni a radiofrequenza (RFR) prodotti da ripetitori e trasmettitori per la telefonia mobile. Il risultato? L'Istituto Ramazzini ha studiato le esposizioni alle radiofrequenze mille volte inferiori a quelle utilizzate nello studio sui telefoni cellulari del National Toxicologic Program (USA), e ha riscontrato gli stessi tipi di tumore, ossia malattie rare delle cellule nervose. Insomma, per la ricerca, ripetitori e telefoni cellulari causano il cancro.

Il 3G non è il 5G (e viceversa)

Ma c'è un problema: l'Istituto ha utilizzato, come tester delle sue indagini, dei ratti, esponendoli a radiazioni su frequenze da 1.8 Ghz per molte ore al giorno. I topi hanno sviluppato, in alcuni casi, una forma tumorale al cervello. A seguito di ciò, per chissà quale motivo, la ricerca del centro è stata citata da più fonti per condannare il 5G, nonostante il fulcro fossero tecnologie di rete precedenti. La frequenza da 1.8 Ghz è propria del 3G. Non a caso, l'ICNIRP, l'organismo internazionale per lo studio delle radiazioni non ionizzanti, ha ritenuto che i risultati di questo studio non possano essere impiegati per modificare gli attuali parametri sui livelli di esposizioni.

Ecco le testuali parole del Ramazzini:

«Nello studio del Ramazzini, 2.448 ratti Sprague-Dawley sono stati esposti a radiazioni GSM da 1.8 GHz (quelle delle antenne della telefonia mobile) per 19 ore al giorno, dalla vita prenatale (cioè durante la gravidanza delle loro madri) fino alla morte spontanea. Lo studio comprende dosi ambientali (cioè simili a quelle che ritroviamo nel nostro ambiente di vita e di lavoro) di 5, 25 e 50 V/m: questi livelli sono stati studiati per mimare l’esposizione umana full-body generata da ripetitori, e sono molto più basse rispetto a quelle usate nello studio dell’NTP americano».

Peccato che 50 Volts al metro (l'unità di misura delle radiazioni non ionizzanti) sia una metrica che è fuori legge in un paese dove il limite è di 6 V/m. Al massimo, valori elevati si possono raggiungere in fase di chiamata cellulare, non fino ai "50" e per limitate ore effettive ogni giorno.

Facciamo un po' di chiarezza

Secondo delle inferenze matematiche alquanto basilari, il 5G opera su frequenze maggiori del 4G, quindi la lunghezza d'onda di azione è inferiore. Questo è il motivo per il quale servono più antenne per coprire una certa zona, ma a bassa potenza. Il Codacons collega il numero maggiore a un rischio aumentato per la salute. Ma quasi quasi fa più male mettere una mano, per qualche ora, nel forno a microonde.

Come spiegato in un articolo del sito Key4biz: «Il fascio di radiazione emesso da una stazione radio base 4G ha un diagramma di irradiazione fisso. Il raggio di esposizione di una stazione base 4G è maggiore rispetto al 5G e il fascio di radiazione si propaga anche su persone, animali e oggetti che non utilizzano la tecnologia 4G. Invece per la stazione radio base 5G il diagramma di irradiazione è dinamico e indirizzabile verso l’utente. Ogni servizio vede unicamente una “porzione virtuale” della rete e tutti i soggetti che in quel momento non richiedono una connessione mobile di quinta generazione non sono interessati dal fascio di radiazione».

Cosa dice l'Istituto Superiore di Sanità

Inoltre, in un recente rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità, in base alle evidenze epidemiologiche attuali, l’uso del cellulare non risulta associato all’incidenza di neoplasie nelle aree più esposte alle radiofrequenze durante le chiamate vocali. Nel periodo 1999-2017 non si sono rilevati rischi di tumori maligni (glioma) o benigni (meningioma, neuroma acustico, tumori delle ghiandole salivari) in relazione all’uso prolungato (≥10 anni) dei telefoni mobili.

Per quanto riguarda le future reti 5G, al momento non vi è certezza pratica che, in Italia, non faccia male. Sappiamo che non ci sono conseguenze altrove (tipo negli Stati Uniti dove pure sono state studiate radiazioni più elevate) ma l'azione precauzionale del Codacons non fa altro che alzare la guardia su un fatto che è una credenza e non un'evidenza.

Ragionando in questo modo saremmo ancora fermi ai caratteri mobili, al cavallo, ai messaggi di fumo. Se c'è una curva dovuta dello sviluppo tecnologico che prevede un periodo di sperimentazione, non vuol dire che questa comporti la fine dell'umanità. Non se i dati sono trasparenti, pertinenti e calzanti con quello che si cerca.

I più letti

avatar-icon

Antonino Caffo

Nato un anno prima dell’urlo di Tardelli al Mondiale, dopo una vita passata tra Benevento e Roma torno a Milano nel cui hinterland avevo emesso il primo vagito. Scrivo sul web e per il web da una quindicina di anni, prima per passione poi per lavoro. Giornalista, mi sono formato su temi legati al mondo della tecnologia, social network e hacking. Mi trovate sempre online, se non rispondo starò dormendo, se rispondo e sto dormendo non sono io. "A volte credo che la mia vita sia un continuo susseguirsi di Enigmi" (Guybrush Threepwood, temibile pirata).

Read More