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Backbone Campaign, Flickr
Tecnologia

Perché la neutralità della rete è ancora a rischio negli USA

La FCC ha fissato il voto sull’abrogazione della net neutrality per il 14 dicembre, quando potrebbe tornare lo spettro di un internet diviso a fasce

Il 23 gennaio di quest’anno Donald Trump ha nominato Ajit Pai come nuovo capo della Federal Communications Commission (FCC). L’organo è responsabile della regolamentazione delle comunicazioni via radio, televisione (cavo e satellite) e web negli USA, principalmente in ambito tecnico: non è un garante sui contenuti ma sulla diffusione.

Qualche giorno fa, Ajit Pai ha proposto di rivedere la legge sulla net neutrality, con un voto confermato per il 14 dicembre. Non si tratta di un fulmine a ciel sereno, perché l’amministrazione Trump, già a maggio e poi in estate, aveva espresso parere favorevole sulla riforma di quanto stabilito due anni prima dal governo Obama.

Di cosa si tratta

Il diritto alla net neutrality esiste negli Stati Uniti dal 2015. Sotto il mandato di Barack Obama (che lo aveva promesso), il governo ha sancito che il traffico internet nel paese venga gestito in maniera uniforme, senza distinzione tra velocità e qualità in base ai contenuti.

In pratica, non vi è possibilità negli USA che un abbonato a Netflix abbia uno streaming migliore di chi guarda Amazon Prime Video, per accordi differenti tra aziende. Esiste, come in Italia, una difformità di zona, ma che dipende dalle infrastrutture presenti sul territorio.

Cosa vuol dire

La norma, pubblicata il 13 aprile del 2015 dalla Federal Communications Commission, assicura dunque che non si crei una doppia corsia della rete: servizi basilari per gli abbonati classici e traffico premium per chi è deciso a sostenere una spesa extra. Si stratta di una legge che va naturalmente a favore dei cittadini ma che i fornitori dei collegamenti, gli internet service provider (ISP), non condividono.

Secondo loro, in questo modo si blocca l’innovazione nel campo delle telecomunicazioni, perché nemmeno uno dei soggetti operante negli States può permettersi di sviluppare qualcosa di nuovo con il fine di veicolare velocità e qualità migliori se legati a una sperimentazione specifica, del tipo “Prova in esclusiva il 5G solo su Netflix”.

L’idea è che ogni utente debba poter accedere alla massima prestazione possibile per tutto quello che intende fare sul web, indipendentemente dalla piattaforma. Dove abito è già presente il 5G? Bene, deve poter funzionare sia per Netflix che per Spotify o Prime Video e non solo per uno di essi, magari a fronte di un canone maggiorato.

Rischio difformità

La FCC, nella figura di Ajit Pai, ha intenzione di eliminare l’aggettivo che nel 2015 è stato dato ai servizi a banda larga, cioè beni di pubblica utilità. In quanto tali, a livello giuridico, non possono essere frazionati o classificati, così come non possono esserlo la fornitura di acqua, di luce e di gas. Un po’ come se chi vivesse a Roma, a fronte di una stessa agenzia fornitrice, avesse diritto a un terzo dell’acqua erogata a Firenze, non per differenze territoriali ma di servizio, a fronte di una spesa aggiuntiva sulla bolletta mensile.

Ritorno al futuro

Nei fatti, quello che vuole il governo è un ritorno a una FCC che gestisce non tanto i diritti degli utenti ma le strategie di business con le terze parti (ad esempio Amazon, Google, la stessa Netflix). Ciò creerebbe un contesto più frammentato e meno concorrenziale, dove la voce grossa la farebbero solo i grandi network. Per questo, migliaia di startup statunitensi hanno invitato chi di dovere a ripensarci su un’eventuale abrogazione della neutralità della rete, che potrebbe affossare il sistema delle piccole e medie imprese, soprattutto di quelle basate fortemente su internet.

La via europea

Peraltro, la net neutrality non è correttamente intesa nemmeno in Europa, soprattutto a seguito di un testo realizzato due anni fa, da qualcuno visto come protettivo della neutralità mentre da altri considerato ampio e confuso. Tanto che nessuno (o quasi) si è detto indignato quando in Portogallo l’operatore Meo ha messo in piedi un’offerta che prevede lo spacchettamento di servizi internet per: social, chat, email, cloud; tutto ha un costo univoco, così da fornire un traffico web che dovrebbe essere totale (la connessione è connessione, cosa ci faccio non deve interessare) e che invece è ben diviso per logiche di business.

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Antonino Caffo

Nato un anno prima dell’urlo di Tardelli al Mondiale, dopo una vita passata tra Benevento e Roma torno a Milano nel cui hinterland avevo emesso il primo vagito. Scrivo sul web e per il web da una quindicina di anni, prima per passione poi per lavoro. Giornalista, mi sono formato su temi legati al mondo della tecnologia, social network e hacking. Mi trovate sempre online, se non rispondo starò dormendo, se rispondo e sto dormendo non sono io. "A volte credo che la mia vita sia un continuo susseguirsi di Enigmi" (Guybrush Threepwood, temibile pirata).

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