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Tecnologia

Glovo vuole consegnare di tutto a casa vostra

Incontro esclusivo con Oscar Pierre, fondatore e Ceo dell'azienda che si prepara a recapitare a domicilio ogni cosa. Per diventare il Google delle città

da Barcellona

Fino a un anno e pochi mesi fa, Oscar Pierre non aveva uno stipendio e viveva ancora a casa con i genitori: «Era comodo, era a costo zero» ammette con candore. La sua, però, non è la solita parabola del bamboccione redento, ma la storia di un talento di ritorno. Ingegnere aerospaziale, dopo aver studiato a Georgia Tech, una delle più prestigiose università degli Stati Uniti, è stato assunto dal colosso dell’aviazione Airbus, a Tolosa, in Francia: «Lì ho capito che il contributo che potevo dare era minimo. Che non volevo rimanere incastrato in una grande compagnia». Perciò, nel 2015, è rientrato in Spagna, ha rimesso le tende nella stanza in cui è cresciuto e ha inventato la sua azienda: Glovo. Una start-up presente oggi in 20 Paesi e 90 città, di cui 12 in Italia, dove può contare su una flotta di circa 2.500 fattorini, i «glover». E su 5 mila partner commerciali, tra cui nomi di spessore come McDonald’s o Roadhouse.

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Di tutto a domicilio

L’elemento portante di Glovo è un’intuizione semplice: l’«anything delivery», consegnare di tutto a domicilio. Non solo cibo, ma anche medicinali senza ricetta, fiori, la spesa (in alcuni centri 24 ore su 24), scarpe, occhiali da sole. O qualsiasi cosa si voglia spostare da un punto all’altro della città: chiavi, pacchetti, documenti, un telefonino dimenticato da qualche parte per errore. Un’offerta trasversale, che ha consentito alla società di conquistare clienti e investitori, raccogliendo circa 150 milioni di euro di finanziamenti. Di più: con oltre 10 milioni di ordini e tassi di crescita mensili del 20 per cento, si è guadagnata l’Olimpo del settore, accanto a colossi internazionali come Uber, Just Eat e Deliveroo. Garantendo al suo fondatore, oggi appena 26enne, l’iscrizione nella classifica della rivista Forbes dei 30 under 30 più influenti d’Europa. E la soddisfazione di prendersi, finalmente, un appartamento tutto suo. Apprendista spericolato nel kitesurf e tifoso di calcio all’inverosimile («fino a un punto che non è razionale»), un filo di malcelata timidezza negli occhi chiari ed espressivi, Oscar Pierre è alla sua prima intervista con un giornale italiano. Accoglie Panorama negli uffici di Barcellona a metà strada tra il Porto Olimpico e la Sagrada Familia: due piani di computer presidiati da ragazzi giovanissimi, con una parata di biciclette e di fotografie dei dipendenti schierate all’ingresso, una vasca installata in bagno perché, come recita un murale lì a fianco, «le migliori idee vengono sotto la doccia».

Ha già pensato a come potrà evolvere Glovo?

Vogliamo diventare una super app, il Google della città. Il luogo dove affittare uno scooter o una bici elettrica, trovare un passaggio in auto o in motorino, acquistare i biglietti dello stadio o di un concerto, prenotare il ristorante. E poi offrire riparazioni e servizi di pulizia o consegnare a domicilio denaro contante, specie in quei Paesi dell’America Latina in cui andare a prelevare a un bancomat è pericoloso.

Di fatto intendete riunire sotto lo stesso ombrello servizi che sono già offerti altrove.

Alla base ci deve essere la differenza nella qualità. Se non riusciamo a recapitarti un hamburger in tempo, difficilmente ci chiederai di portare la tua biancheria sporca in lavanderia. Per essere efficienti, abbiamo sviluppato un modello informatico che prevede piuttosto bene quanti ordini riceveremo per fascia oraria e per ogni zona. Così possiamo aprire degli slot corrispondenti per i nostri corrieri.

Come e quanto li pagate?

In media, 6,5 euro per ordine. Come per un taxi, dipende da quanto attendono in negozio e la distanza coperta per raggiungere il cliente. In media tra i 30 e i 35 minuti tra ritiro e consegna.

In Italia ci sono malumori, proteste di piazza, polemiche. Si discute dell’ipotesi di una retribuzione oraria, un tetto di ordini, benefit extra per giorni festivi e weekend. Come giudica questa proposta?

La forza del nostro modello è la flessibilità. Ci rivolgiamo allo studente che ci dedica cinque ore a settimana, a chi non arriva a fine mese e ha bisogno di arrotondare, a chi sta cercando un altro impiego. Chiunque voglia rifiutare il trasporto di un ordine che non gradisce, può farlo. Se ha preso un turno alle nove di sabato sera e riceve la chiamata di un amico per una birra, è libero di cancellare la sua disponibilità all’ultimo momento. Non capisco come si possa conciliare una paga oraria con tale elasticità.          

Elasticità il cui grande spauracchio è la sovranità dell’algoritmo. Si teme che, come un burattinaio invisibile, discrimini proprio i fattorini che rifiutano di frequente gli ordini loro assegnati.

Come minimo, ai corrieri rimane l’accesso agli orari a maggior volume di ordini, lo stesso che avevano il primo giorno in cui si sono uniti a Glovo. Quelli più esperti, che ottengono giudizi positivi dai nostri partner e dai clienti, hanno a disposizione più fasce tra cui scegliere. Per esempio quelle prima di cena, in cui c’è il picco di richieste della spesa nei supermercati.

Ritiene che questa situazione di conflitto permanente tra aziende del delivery e corrieri prima o poi verrà superata? È ottimista? 

È questione di tempo. C’è una nuova generazione per cui è essenziale essere padrona delle proprie giornate, non avere un capo, né un orario fisso. Lavorare oggi in abbondanza per comprare un regalo al proprio figlio, domani per niente per stare assieme a lui. La società sta evolvendo più rapidamente delle normative. Pensiamo di offrire una soluzione a molte persone, ma occorre regolamentare a dovere questa via di mezzo tra il freelance e l’impiegato. Garantendo benefici come le ferie, le malattie, coperture assicurative extra, senza ricadere nello schema del lavoro subordinato.

La consegna di cibo rimane essenziale per voi.

A livello globale, pesa per circa il 70 per cento. E le ordinazioni via app vantano un ampio margine di crescita: la maggior parte delle persone usa ancora il telefono. In Spagna, sono l’85 per cento. In parallelo, a casa si preparano sempre meno piatti: in nazioni come Corea o Giappone, s’iniziano a costruire abitazioni senza cucine, per studenti e uomini d’affari.  

In Italia, per crescere, avete sfruttato la medesima leva. Siete partiti acquisendo la milanese Foodinho, di recente avete rilevato le attività di Foodora. Entrambe portavano a casa le pietanze dei ristoranti. 

Foodora aveva un volume interessante di utenti, una lista di locali esclusivi, era forte in alcune città in cui noi lo eravamo meno. L’operazione ha avuto parecchio senso. Però, con il passare del tempo, prevedo aumenteranno anche altre categorie di servizi, per i quali il nostro brand è più solido. È quello di riferimento. Penso che se Just Eat o altri competitor si mettessero a recapitare fiori o medicinali, creerebbero solo confusione nei loro clienti.

I vostri vi chiedono davvero di trasportare di tutto?  

Una volta, una signora che si trovava fuori città, ha fatto inviare al marito un croissant da un euro: era un modo per svegliarlo, perché doveva prendere un aereo. Io stesso ho recapitato una batteria di una barca, mentre di notte vanno forte i giocattoli erotici. Presentarsi di persona a un sexy shop è imbarazzante, mandarci un fattorino a quanto pare lo è di meno. Qualcuno ha tentato di usarci per muovere la droga, ma segnaliamo immediatamente qualsiasi situazione sospetta.

In poco tempo lei è diventato il Ceo di una società di circa 900 dipendenti e 24 mila corrieri attivi su scala globale. Cosa raccomanderebbe al sé stesso di tre anni fa, come a chiunque voglia imitarla?

Di prepararsi alla solitudine. Anche se hai molti impiegati, le decisioni importanti le prendi in autonomia. Servono senso di responsabilità e umiltà. Non innamorarti troppo di un’idea e circondati di persone abili, più abili di te. In tutto, tranne che nella raccolta degli investimenti.

La formula funziona solo da giovani?

Mio padre viene da una famiglia che possiede un’impresa tessile. Convinto che il settore sia destinato a scomparire, ha avviato un’azienda di software. Da poco, ha cambiato di nuovo: ha aperto una piccola agenzia che aiuta le compagnie di vecchia scuola a digitalizzarsi. È forte, ha fondato una start-up a 65 anni.

L’ha ispirata?

Non capisco come faccia a non essere stanco, dove trovi tutta questa energia. Però sì, mi ha ispirato. Mi ha dimostrato che in qualsiasi momento si può ricominciare daccapo. (Twitter: @MarMorello)

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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