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JOSH EDELSON/AFP/Getty Images
Tecnologia

Contro la post-verità in rete, legittima difesa degli utenti

Non serve la censura ma il lavoro di contrasto delle fake news da parte dei lettori, dei giornalisti liberi, dei siti di fact-checking, in collaborazione con Facebook, Google e Twitter

Il post-truth in rete e i populisti che la usano, la democrazia minacciata, sono entrati definitivamente nel dibattito politico quotidiano anche in Italia, dopo che giovedì scorso il presidente dell'Antitrust, Giovanni Pitruzzella, parlando con il Financial Times, ha proposto una rete di agenzie pubbliche dei Paesi Ue contro le notizie e le storie false diffuse online.

Antibufale istituzionali
Questa opera di individuazione e smascheramento delle bufale, secondo Pitruzzella sarebbe più efficace se venisse affidata direttamente a autorità pubbliche simili alle varie antitrust nazionali, invece che essere semplicemente delegata alle grandi aziende che dominano Internet - Facebook, Google o Twitter e alla loro volontà e capacità di contrastare le informazioni false.

Gli utenti, dice Pitruzzella, continuerebbero "a usare un Internet libero", ma beneficerebbero di un'entità "terza", indipendente dal governo, "pronta a intervenire rapidamente se l'interesse pubblico viene minacciato".

Grillo furioso
Contro Pitruzzella subito si è levato l'anatema di Beppe Grillo, che ha urlato al complotto contro la libertà di espressione, cui hanno fatto da eco immediatamente venerdì i social network, e sabato anche qualche giornale, Il Fatto Quotidiano in testa. Reazione che ovviamente allontana ogni possibilità di analisi e dibattito civile. Ma certo la questione del rischio censuramerita tutta l'attenzione.

Non è questione di censura
Il punto ovviamente non è essere favorevole o meno alla censura. È invece necessario trovare modi e strumenti, e regole, per garantire la libertà di espressione, ma anche per evitare che essa diventi strumento di odio razziale e politico e, questo è il caso in questione, di informazione ingannevole. E con il web e i social network che amplificano a dismisura qualsiasi comunicazione, aumentandone il potenziale di influenza e convincimento, questi strumenti e regole devono essere probabilmente studiati specificamente.

Le proposte di Pitruzzella
Intanto si tratta di vedere cosa intenda concretamente Pitruzzella, e come verrà eventualmente definito il potere di intervento delle agenzie che invoca.
Lunedì 2 gennaio sul Corriere della Sera, il presidente dell'Antitrust ha chiarito parzialmente il suo pensiero. In sostanza quel che il presidente dell'Aintitrust propone è l'introduzione di "istituzioni specializzate, terze e indipendenti, che, sulla base di principi predefiniti, intervengano successivamente, su richiesta di parte e in tempi rapidi, per rimuovere dalla rete quei contenuti che sono palesemente falsi o illegali o lesivi della dignità umana (non dimentichiamo il caso recente della ragazza napoletana che si è uccisa dopo la diffusione virale sulla rete di un suo video che doveva essere privato)".

Regole
In linea generale è meglio evitare di andare oltre il perimetro previsto dalle leggi attuali, con le norme sulla diffamazione e la calunnia, e contro l'incitamento all'odio razziale. Ci sono poi le regole deontologiche dei giornalisti che potrebbero ispirare anche alcune regole generali di autoregolamentazione dei social network, relative ai limiti che si possono imporre alla diffusione delle informazioni. Un'Autorità che decida cosa è vero e cosa è falso può essere più pericolosa dei danni che vuole evitare.

Autoregolamentazione
Buona parte del lavoro di difesa della verità e del diritto a essere informati correttamente, lo dovrebbero invece fare gli utenti della rete, i giornalisti, e le aziende protagoniste della diffusione dell'informazione sul web.
Come ha scritto Nadia Urbinati su la Repubblica del 2 dicembre, è il caso di fare appello alla "responsabilità da parte di coloro che esercitano la politica e contribuiscono a creare l'opinione. La democrazia non sopporta né le politiche dell'odio né quelle della verità, ma neppure le azioni repressive che dovrebbero scongiurarle. Ha bisogno, in questi casi in modo particolare, di cittadini, di politici e di giornalisti capaci di virtù pubblica, di far affidamento al senso del limite e dell'autolimitazione. Non è stata ancora escogitata una forma migliore per governare le emozioni senza pretendere di estirparle, una medicina che ucciderebbe il malato nell'illusione di guarirlo". E in successivo intervento a Radio 3, Urbinati ha invocato anche il concetto di Sfera Pubblica nella definizione che ne ha data Jürgen Habermas.

Timothy Garton Ash che alla questione della libertà di espressione nell'era di Internet sta dedicando parecchio lavoro - un sito per esempio, e un lungo ed elaborato libro, Free Speech: Ten Principles for a Connected World - ricorda il contributo importante che si apprestano a dare le grandi potenze del web, come Facebook, per esempio, che riconosce l'enorme responsabilità del social network nel "costruire uno spazio in cui le persone possano essere informate". Ma allo stesso tempo Garton Ash riconosce come Facebook e gli altri big del web siano da considerare più partner di altri attori, che essi stessi "arbitri della verità".

Gli utenti devono verificare e smascherare
Gli attori protagonisti sono innanzitutto gli utenti, che devono sempre più prestare attenzione, verificare le fonti cui attingono in rete, soprattutto sui social; scavare nei report poco credibili. E soprattutto rendere pubblico il proprio lavoro di verifica, mettendo a nudo le fonti di informazione bullshit, i siti di propaganda.
Gli utenti, tutti noi, dovranno anche diventare un po' antipatici, almeno sui social. Quando un "amico" afferma o rilancia informazioni evidentemente false, di propaganda, diffamatorie, dovrebbe dirlo apertamente e esplicitamente. Sarà un lavoro duro e faticoso, ma se lo si fa in tanti, sarà efficace.
A volte le bufale e le interpretazioni "post-fattuali" nascono anche da un collegamento inventato fra due fatti che non hanno relazioni alcuna di causa ed effetto, ma come tali vengono presentati. E il collegamento, magari solo suggerito, in rete rimbalza di account in account, e diventa certo, creduto. Diventa un post-fatto. E su questo tipo di false informazione il lavoro di decostruzione degli altri utenti è fondamentale, perché la loro credibilità sembra incontestabile, sembra quasi probabile, la loro efficacia retorica è subdola.

I media credibili
I media con reputazione di credibilità e indipendenza che devono dedicare più tempo e attenzione a smascherare i fornitori di informazioni inventate, deformate e false. BuzzFeed che sta facendo un o sforzo notevole contro i fake, ha pubblicato a fine anno una lista delle 50 peggiori notizie false chehanno girato su Facebook nel 2016. Un'operazione che sicuramente aita a fare chiarezza e a difendersi.

Fact Checking
Le varie iniziative di crowdfunding e non-profit per il giornalismo investigativo e il fact-checking dovranno essere create, sostenute, aiutate, anche con lavoro volontario.

Facebook
Infine, Facebook, Google, Twitter. E le varie piattaforme di blogging. La tecnologia permette loro "di individuare ed eliminare - spiega Garton Ash - le notizie diffuse in massa da robot sotto la regia della Russia di Vladimir Putin o da siti di spamming (alias "meme farms") il cui scopo è semplicemente arricchirsi con la pubblicità online".

[Questo articolo è stato pubblicato la prima volta il giorno 1 gennaio 2016 e aggiornato il 2 gennaio]

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Luigi Gavazzi