ashley madison robot done
JD Hancock, Flickr
Tecnologia

Ashley Madison? Un covo di donne, robot

Secondo alcune ricerche molti profili registrati sul sito appartengono a software automatici che spingono gli utenti a sottoscrivere abbonamenti a pagamento

La bomba è stata lanciata da Gizmodo qualche giorno fa: “quasi nessuna delle donne nel database di Ashley Madison ha mai utilizzato il sito”. Una dichiarazione forte, scaturita da una serie di ricerche di Annalee Newitz, giornalista della testata che intendeva dimostrare come il sito di incontri più chiacchierato dell’anno fosse in realtà solo uno specchietto per le allodole, un modo per alimentare la fantasia degli uomini ma senza mai andare al sodo.

Pensavo fosse amore e invece era un bot

A quel punto Ashley Madison è intervenuta con un comunicato in cui considerava impossibile determinare quanti utenti registrati fossero davvero attivi sul sito, visto che l’informazione non è ricavabile dai dati rubati e diffusi dagli hacker dell’Impact Team. La compagnia ha ragione: una serie di nomi e cognomi non possono svelare se dietro i profili delle donne ci fossero in realtà uomini intenti a divertirsi, bot automatici o addirittura il personale che gestisce Ashley.

Storie di sventole inventate

Ma se cambia poco dal punto di vista etico circa il fatto che dall’altra parte dello schermo vi fossero software automatizzati o persone in carne ed ossa, quello che cambia è il fine che avrebbe spinto Ashley Madison a puntare forte sulla creazione di profili fake, come peraltro evidenziato già a marzo dello scorso anno da una ex dipendente della Avid Life Media, la compagnia che gestisce la piattaforma.

Uomini in cerca di donne

“L’esercito robotico femminile di Ashely Madison sembrava ben preparato ad effettuare una sorta di frode sofisticata, deliberata e a scopo lucrativo – scrive Newitz – qualunque fosse il numero di vere donne pronte a chattare, è chiaro che l’azienda avesse un disperato bisogno di creare una legione pronta ad interagire con gli uomini sul portale”. Il campanello d’allarme è suonato quando assieme ad un paio di analisti, Newitz ha individuato un numero spropositato di iscritti di sesso maschile che avevano avviato per la prima volta una conversazione, a differenza di quanto fatto da una fetta più esigua di donne: la conclusione a cui era giunta era che la piazza digitale fosse stracolma di ormoni maschili pronti ad esplodere e praticamente priva dell’intraprendenza del gentil sesso.

Un esercito di bot in bikini

Ma non era esattamente così. I numeri ricavati non mostravano l’attività degli esseri umani ma l’ultima volta che un bot, nel gergo di Ashely Madison un “engager”, aveva inviato un’email o iniziato una chat con un membro del sito. Quell oche gli hacker avevano diffuso non riguardava dunque la somma degli utilizzatori del servizio ma la mole di conversazioni intrattenute da un software.

Ma come si è giunti ad una conclusione del genere?

All’interno del database sottratto sono presenti delle righe di codice che si riferirebbero proprio alle azioni dei bot, indicate come “bc_chat_last_time,” “reply_email_last_time” e “or bc_email_last_time” che racchiuderebbero il totale numerico dei contatti effettuati con i reali utenti. Il risultato? Oltre 20 milioni gli uomini avvicinati dai bot, solo 1.492 le donne. È l’evidenza che l’intento dei fondatori fosse ingaggiare la maggior parte del pubblico maschile.

Ma come si fa a dire che i bot più vivaci riguardassero profili femminili e non anche i maschili? Il giornalista di Gizmodo, grazie agli analisti, ha scoperto che Ashley Madison assegnava ad un iscritto il valore “1” se riguardava un personaggio fasullo, inventato per l’occasione; alla fine sono stati rilevati ben 70.529 bot femminili dei 70.572 profili di quel genere registrati ed appena 43 bot maschi. Basta ad affermare che sulla piattaforma fossero presenti solo 43 donne “vere”? Pare proprio di si.

ashley madison grafico

Spillare soldi

Inoltre secondo le indagini, nel codice di sviluppo del sito di incontri ci sarebbe anche un file chiamato “RunChatBotXmppGuarentee.service.php” che consentirebbe ad un bot di chattare in via preferenziale con gli iscritti ad un servizio “premium” con l’obiettivo di spingere le persone a pagare un ulteriore dazio per andare avanti nella conversazione; solo a quel punto entrerebbe in gioco una società terza pronta a mettere in contatto l’utente con una persona reale che non di rado si trasformava in una escort.

Più chat, più guadagni

Ma quanto guadagnava Ashley Madison con i bot informatici? Un bel po’ stando ad un grafico rilasciato su Twitter da @amlolzz. In una conversazione via email del 26 Aprile 2012 tra il COO di Avid Life Media Rizwan Jiwan e l'ex amministratore delegato Noel Biderman, si leggono gli ottimi tassi di conversione sul numero di utenti semplici che diventavano paganti. Le casse della società, dopo aver incassato ottime cifre grazie all’introduzione degli engagers, cominciarono a piangere all’inizio del 2011, a seguito dello spegnimento dei bot. Alla loro riaccensione 14 mesi più tardi, i ricavi tornarono alle stelle, passando da circa 60.000 dollari al mese ad oltre 110.500. 

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Antonino Caffo

Nato un anno prima dell’urlo di Tardelli al Mondiale, dopo una vita passata tra Benevento e Roma torno a Milano nel cui hinterland avevo emesso il primo vagito. Scrivo sul web e per il web da una quindicina di anni, prima per passione poi per lavoro. Giornalista, mi sono formato su temi legati al mondo della tecnologia, social network e hacking. Mi trovate sempre online, se non rispondo starò dormendo, se rispondo e sto dormendo non sono io. "A volte credo che la mia vita sia un continuo susseguirsi di Enigmi" (Guybrush Threepwood, temibile pirata).

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