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Tecnologia

Impareremo le lingue conversando con un insegnante robot

Il Mit di Boston e ABA English lavorano a un corso personalizzato dall'intelligenza artificiale che si basa sull'assistente vocale Alexa di Amazon

Con un tono fluido sebbene ancora un filo metallico, la voce che esce dall’altoparlante chiede: «Vuoi imparare l’inglese per viaggiare, lavorare o studiare?». Spazia tra domande personali («quali Paesi ti piacerebbe visitare?») e quesiti grammaticali, analizza la pronuncia, valuta l’ampiezza del vocabolario, poi, senza un filo di suspense, scandisce il responso: «È stato grandioso conoscerti meglio. Hai totalizzato il punteggio massimo. Ti assegno al corso avanzato». Il tutto avviene in inglese, con naturalezza, come davanti a un qualsiasi docente chiamato a valutare il nostro livello di preparazione. Solo che quella voce così cordiale non è di un insegnante in carne e ossa, non appartiene a una professoressa con perfetto accento british che scruta bonaria da dietro un paio di occhiali, ma a un computer con neuroni di chip. A un’intelligenza artificiale programmata per relazionarsi con noi, ascoltarci e, alla fine, giudicarci: «Siamo in una fase sperimentale, però la sensazione è già quella di avere una normale conversazione» assicura a Panorama.it Brian Subirana, direttore dell’«Auto-Id Lab» del Mit di Boston, laboratorio interno al prestigioso istituto di tecnologia americano che sta sviluppando il software assieme ad ABA English, scuola online con milioni di alunni in oltre 170 Paesi.

Lo zampino di Amazon

Basata su una configurazione personalizzata di Alexa, l’assistente vocale di Amazon, la maestra di bit esibisce varie doti intangibili: «Un aspetto affascinante dell’intelligenza artificiale» fa notare Subirana «è che la macchina impara da te mentre la utilizzi. Migliora con l’uso. Ricorda motivazioni e preferenze, bisogni e punti deboli. L’esperienza è quella di avere a fianco un amico che ci motiva e ci conosce». Per dire, l’esempio viene dallo stesso direttore, se capisce che amiamo la storia del Medioevo, suggerirà quali film in lingua originale ha senso guardare per approfondire l’argomento; se siamo patiti di rock, riproduce brani di quel particolare genere musicale.

Verso nuovi confini

«Oggi possiamo dotare la macchina di un componente emotivo, umanizzarla e farle fare ciò che noi sappiamo fare. Simulare un processo che coinvolge fattori come motivazione e interessi personali, oltre al riconoscimento implicito delle abilità linguistiche degli utenti» sottolinea Maria Perillo, chief learning officer di ABA English. «Una sfida» aggiunge «fino a qualche mese fa al limite della nostra immaginazione. Siamo all’inizio, ma le potenzialità paiono davvero innumerevoli». Sono le prove generali del futuro: «L’intelligenza artificiale è probabilmente la tecnologia più rivoluzionaria dai tempi dell’introduzione dell’elettricità. Cambierà le modalità della maggior parte delle abitudini umane e ciò include l’educazione» riprende il ricercatore del Mit, autore di numerosi saggi sulle trasformazioni in corso nell’industria dell’informazione.

Oltre le solite dinamiche

Il rischio, piuttosto ovvio ma concreto, è relegare ai margini i docenti tradizionali. Rimpiazzarli: «No, non spariranno» prevede Subirana «ma dovranno adattarsi a un nuovo ruolo. Puntare su una didattica più creativa, mentre all’intelligenza artificiale verranno demandati i passaggi meccanici e ripetitivi dell’insegnamento». Con il beneficio di una diffusione su larga scala («l’istruzione sarà accessibile a molte più persone nel mondo rispetto a oggi») e le implicazioni psicologiche dell’apprendimento mediato da un automa: «Tante persone si imbarazzano a parlare in inglese in pubblico finché non raggiungono un livello accettabile. Con questo metodo, si può praticare la lingua nel comfort della propria abitazione, mentre si svolgono altre attività come cucinare o allenarsi». Cominciando da zero, imparando dai propri errori, evitando di arrossire o balbettare in caso di clamorosi scivoloni. Perché davanti a una macchina, l’inibizione si azzera, non ci vergogniamo a lanciarci, a osare. Almeno finché la professoressa cibernetica non diventerà talmente credibile, empatica e brillante da far scattare il freno di un rispettoso timore nei suoi confronti.

Per cominciare subito

In attesa di conversare con naturalezza con un robot, si può già trasformare il proprio smartphone in un professore di lingue. Scaricando la app della stessa ABA English, i cui corsi sono introdotti da brevi film: cortometraggi girati tra Londra e New York che aiutano ad arricchire vocabolario e grammatica partendo da situazioni reali; Babbel, invece, aggiunge tedesco, spagnolo, francese, portoghese, persino russo e indonesiano (e altre ancora) al paniere degli idiomi da studiare sul telefonino, con lezioni condensate in 15 minuti per approfittare di qualsiasi momento libero; Duolingo ha l’approccio di un videogame: le risposte corrette valgono un tot di punti, quelle sbagliate li fanno perdere. Una volta esauriti, occorre ricominciare daccapo. Colpiti nell’orgoglio si riprova, finendo per migliorarsi. Quanto a Tandem, riflette le dinamiche tipiche di un social network: mette in contatto con altre persone di tutto il mondo con cui praticare una lingua. E farsi nuovi amici.

Per gli allergici allo studio

Ma se la pigrizia domina o serve orientarsi in fretta in un Paese straniero refrattario all’inglese, c’è Google Traduttore, completamente gratuito, inarrivabile per diffusione ed efficacia. Usato da mezzo miliardo di persone, cattura le parole pronunciate dal nostro interlocutore e decodifica in tempo reale cosa ha appena detto. Oppure, grazie alla funzione «Word lens», mostra sullo schermo, in un attimo, il significato di un cartello o una scritta inquadrati con l’obiettivo del cellulare. Così, decifrare il menu di un ristorante di Pechino oppure muoversi nella metropolitana di Mosca, non richiede nemmeno un secondo di studio.

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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