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Tecnologia

Ho provato la realtà virtuale, ma non mi ha fatto bene

Abbiamo testato le maschere VR esposte a Barcellona. Il risultato? Esperienze emozionanti, ma anche vertigini, nausea, malessere

da Barcellona

Al Mobile World Congress ho fatto esperienze memorabili: sono salito sulle montagne russe più spettacolari al mondo senza morire d’infarto, quindi ho volato come fossi attaccato alle ali di un’aquila e corso sui tetti cimentandomi nel parkour, un pericoloso urban sport. Poi, mi sono levato le cuffie e la maschera per la realtà virtuale che stavo indossando per rimpiombare nella realtà in cui mi trovavo: il padiglione 3 della fiera di Barcellona.

Nonostante l’aria condizionata, ero sudato, avevo le pulsazioni accelerate e una lieve sensazione di nausea. Le esperienze virtuali che avevo vissuto erano state così intense e immersive da coinvolgermi emotivamente. Oltre a stupore e divertimento, hanno suscitato in me paura e ansia e anche un leggero malessere (l’esperienza adrenalinica sulle montagne russe mi ha fatto perdere l’equilibrio e ho rischiato di cadere dalla sedia).

La "realtà virtuale" al Mobile World Congress

Quelle provate dal cronista di Panorama.it sono solo alcune delle sensazioni promesse dai visori capaci di trasportarci in viaggi ed esperienze straordinarie rimanendo seduti sul divano di casa. Il 2016 dovrebbe essere l’anno della consacrazione di questa tecnologia. Già entro il 2017, secondo le previsioni della società di ricerche Superdata, i caschi per la realtà virtuale saranno indossati da oltre 70 milioni di persone e genereranno 8,8 miliardi di dollari di ricavi.

A parere degli esperti, questi dispositivi dovrebbero avere un successo paragonabile a quello degli iPhone della Apple. Ne è convinto Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, che a marzo del 2014 ha acquisito per due miliardi di dollari la Oculus Vr, tra i pionieri della realtà virtuale. E qui a Barcellona ha sponsorizzato la maschera Samsung Gear Vr realizzata in collaborazione proprio con la sua Oculus. Tra i rivali di Zuckerberg ci sono nomi del calibro di Htc e LG.

Il visore firmato da Htc, inizia subito con un colpo a sorpresa. Anziché rimanere sulla sedia, siamo liberi di alzarci e vagare all’interno della stanza. Quando superiamo l’area definita da due piccoli sensori appesi alle pareti, compare un muro di bit che invita a non andare oltre. Per il resto non ci sono limiti. Anzi in quel perimetro, in mezzora, succede di tutto: prima ci ritroviamo immersi negli abissi dell’oceano e possiamo scacciare via con le mani branchi riottosi di pesci o osservare, rimanendo senza parole, creature gigantesche e minacciose che sembrano essere lì, a un palmo dal nostro naso.

Più impressionante la realtà simulata. Siamo catapultati in un ufficio: qui riusciamo a preparare un caffè, accendere il computer digitando una password o rispondere al telefono mettendo la cornetta all’orecchio. Semplicemente muovendo le mani in aria in stile Minority Report. In sé nulla di clamoroso, è evidente, ma il punto è tutto qui: si tratta di un metodo, un espediente, per ribadire che la realtà virtuale è accessibile a tutti, neofiti o allergici alla tecnologia inclusi. Coincide con una riproduzione del quotidiano, o di universi straordinari, con modalità di interazione che conosciamo a memoria perché istintive, automatiche.

Lg G5LG 360 VR è il nuovo visore per la realtà virtuale della società coreana. Pesa poco meno di 120 grammi e si collega al telefono tramite un normale cavo USBLg

La maschera Samsung Gear Vr alloggia al suo interno uno smartphone della serie Galaxy. Permette visioni immersive a 360 gradi. Perfetta per i videogiochi o l’esplorazione di nuovi mondi. Con la maschera addosso non si muove un personaggio, ma si è il personaggio che si muove negli ambienti virtuali. Senza distrazioni. Con uno schermo sugli occhi che avvolge completamente il campo visivo e le cuffie sulle orecchie che escludono ogni rumore, inclusi i rassicuranti disturbi domestici, la tensione decolla in un attimo.

Si potrebbe dunque dire che la rivoluzione portata dalla realtà virtuale sia un paradiso per smanettoni e videogiocatori. Ma non è così.

Piace a Hollywood e al mondo dell’informazione così come alle università, agli ospedali e al Pentagono. Disney, Time Warner, 20th Century Fox e anche Netflix stanno lavorando a film e serie tv che potranno essere proiettate sul grande schermo da indossare. I colossi dell’informazione come il Wall Street JournalCnn e Associated Press stanno studiando forme di giornalismo immersivo.

E il New York Times, lo scorso novembre, ha spedito a un milione dei suoi abbonati Google Cardboard, un visore per realtà virtuale di cartone su cui inserire uno smartphone Android o Apple.

Grazie alla app «NYT VR» gli abbonati possono vedere filmati direttamente dai luoghi in cui si trovano gli inviati. Il più scaricato è un video in cui si mostrano tre realtà differenti in Siria, in Ucraina e in Sudan attraverso gli occhi dei bambini.

Mentre il settimanale The New Yorker ha lanciato una app per sfogliare virtualmente la rivista con la sensazione di tenerla tra le mani.

L’università del British Columbia in Canada sta testando la maschera Rift come strumento che permette agli studenti di assistere alle lezioni senza muoversi da casa. Al Pentagono stanno studiando carri armati che possano essere manovrati a distanza (come i droni) da soldati che indossano visori virtuali e li catapultano sul campo di battaglia. I visori si potranno usare sia per viaggi virtuali in paesi e città, sia per visitare musei e parchi utilizzando i servizi di Google.

C’è chi, come la francese Parrot, li sfrutterà per far volare i piloti assieme ai droni per far vedere dall’alto in tempo reale le zone attraversate come se si fosse in cabina di pilotaggio. Mentre un chirurgo potrà partecipare a un’operazione pur essendo a migliaia di chilometri di distanza e un agente immobiliare sarà in grado di far visitare virtualmente gli appartamenti ai clienti.

Eppure alcuni segnali suggeriscono di frenare tanti entusiasmi. Come capitato a chi sta scrivendo, l’esperienza può causare nausea, affaticamento degli occhi e mal di testa. Sulle istruzioni di questi apparecchi è espressamente scritto che non sono idonei per i bambini. Samsung e Oculus esortano gli adulti a prendere pause di almeno 10 minuti ogni mezz’ora e mettono in guardia contro la guida, l’uso di una bicicletta o l’utilizzo di macchinari se l’utente si sente strano dopo una sessione. «Oltre agli effetti fisici, la realtà virtuale può cambiare il modo di pensare e di comportarsi perché è così realistica da essere scambiata per reale» avverte Jeremy Bailenson, professore dell’Università di Stanford. Fatto sta che la rivoluzione è cominciata. Sperando non trasformi la realtà attuale in quella distopica preconizzata nel film Matrix, dove il mondo in cui viviamo è un ambiente virtuale generato dalle macchine.

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Guido Castellano