La Francia vieta l'uso del cellulare a scuola
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Tecnologia

Francia, perché il no ai cellulari in classe è un segnale importante

Regolamentare l'utilizzo degli smartphone tra i ragazzi è un segno di civiltà che dovrebbe essere preso d'esempio

I cellulari a scuola non si portano. La Francia è dovuta intervenire con una legge ad hoc per regolamentare quello che dovrebbe essere un segnale di civiltà e rispetto nei confronti dell'istituzione scolastica che parte dalle famiglie e arriva alle aule dove messaggi whatsapp, foto e telefonate, per lo meno nel tempo sacro della formazione e per motivi non inerenti al percorso scolastico, dovrebbero essere banditi.

Perché una legge così serve

Così, però, nella maggior parte dei Paesi non avviene e il governo francese di Emmanuel Macron, come promesso in campagna elettorale, è intervenuto in merito vietando l'uso del cellulare a scuola.

La maggioranza dell'Assemblea Nazionale ha votato a favore della proposta di legge con i sì di Republique en Marche (LREM) dei centristi del MoDem e UDI. L'opposizione ha invece definito la nuova legge un "Imbroglio" e "Un'inutile operazione pubblicitaria". 

E così l'uso del cellulare, fino a oggi regolamentato dalle circolari interne dei singoli istituti, è ora vietato per legge in tutte le scuole francesi.

Cosa significa per i ragazzi possedere uno smartphone

A prescindere dai risvolti interni alla politica francese e dalle implicazioni dell'approvazione della nuova norma quello che è un messaggio importante rivolto ai ragazzi è che lo smartphone non è un prolungamento imprescindibile del proprio corpo, ma un oggetto soggetto a regole e possibili restrizioni. Il suo uso e possesso, dunque, non è dovuto.

Considerando che quasi la totalità dei ragazzi dai 12 ai 17 anni possiede un telefono cellulare le nuova legge francese risponde alla necessità di porre limiti e paletti all'uso indistinto dello smartphone in ogni luogo e contesto. Insegnare il rispetto per le regole è un dovere di ogni adulto nei confronti dei più giovani spesso lasciati allo sbando ed eccessivamente responsabilizzati per deresponsabilizzare l'adulto.

Questo causa un cortocircuito educativo grave in quanto il minore si sente "libero" di far più o meno ciò che vuole (dal cellulare in poi) in ogni contesto senza distinguere il bene dal male, l'opportuno dal non opportuno, il giusto dallo sbagliato, il legale dall'illegale.   

Se la tecnologia è un diritto l'educatore ha il dovere di regolamentarne l'uso nel contesti appropriati. L'eccessiva sicurezza di sé che hanno molti adolescenti deriva dall'essere lasciati troppo a briglia sciolta e non adeguatamente formati al rispetto e all'ascolto del prossimo.

In un'epoca in cui la popolarità tra i ragazzi si misura a suon di like impedire l'uso dello smartphone proprio a scuola, luogo per eccellenza dell'incontro con i propri simili, potrebbe aprire nuovi scenari arrivando persino a evitare episodi di sopruso e bullismo.

Ecco perché questa legge potrebbe persino fermare il bullismo

Lo smartphone, di fatto, amplia la platea del soggetto rendendolo visibile a tutta la comunità social che ne moltiplica le gesta. Questo Colosseo virtuale mette al centro un gladiatore che può arrivare a sfruttare la debolezza altrui per pavoneggiarsi bullizzandoil debole a suon di video, foto e battutine via chat.

Il fatto che simili episodi restino spesso impuniti perché inscritti nei circuiti social dei diretti interessati non è un motivo sufficiente per sottovalutarne la gravità. Sottratto il "Colosseo" il gladiatore si trova senza platea e le sue imprese perdono di senso.

Ai ragazzi, oggi più che mai, è indispensabile che arrivi chiaro il messaggio che non possono fare ciò che vogliono a scuola come altrove e che ci sono leggi e regole che vanno rispettate a partire dallo smartphone per arrivare a tutto il resto.

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Barbara Massaro