Dishonored, giocato in anteprima
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Dishonored, giocato in anteprima

Abbiamo provato uno dei titoli più attesi dei prossimi mesi: ecco come è andata

Tra le papabili sorpresone dell'annata rientra di diritto Dishonored, un action-stealth in prima persona ambientato in un mondo vittoriano-steampunk, che da diversi mesi a questa parte fa parecchio parlare di sé. Quando mi viene offerta la possibilità di provare un livello del gioco in anteprima, accorro senza indugi. A guidarmi nell'hands on sulla versione Xbox 360 trovo Nick Heller, Assistant PR Manager del produttore Bethesda Softworks (mentre lo sviluppatore è la francese Arkane Studios).

Dishonored è concepito per lasciare al giocatore un'ampia gamma di possibili approcci alle missioni, in modo da spingerlo a sondare percorsi e soluzioni alternative; il protagonista è dotato di un arsenale di armi e poteri soprannaturali (teletrasporto, possessione di animali, eccetera) che si prestano a utilizzi creativi. Tuttavia, l'impostazione stealth resta sempre preminente: se fai troppo casino attirando l'attenzione dei nemici, le chance di sopravvivere si riducono drasticamente.

Una situazione che sperimento sulla mia pelle. Confesso: non amando il genere, a parte eccezioni rare e sparse, mi manca il giusto modus operandi – silenzioso e astuto, letale solo quando necessario. E il livello disponibile per il test, intitolato Kaldwin's Bridge, me lo dimostra senza pietà, complice anche l'impaccio inziale nel memorizzare i comandi e gestire le magie.

La missione richiede di infiltrarsi all'interno di un edificio, rapire un tizio e portarlo a un punto di estrazione prefissato. Mi avvicino quindi all'ingresso da una posizione sopraelevata, elimino un paio di guardie da lontano con la balestra e riesco a penetrare nella struttura passando dalle pale di un mulino ad acqua.
Una volta dentro, un corridoio mi conduce in un'ampia stanza, dove avvisto un soldato appoggiato a una balaustra. Gli scivolo alle spalle e lo ammazzo di soppiatto, e mentre penso "Ben fatto, uno in meno" mi ritrovo circondato da una decina di suoi colleghi piuttosto contrariati. Lotto, sfodero armi e poteri magici fino a esaurire ogni risorsa, e muoio.

Approccio da fessi, non serve dirlo. Mi consigliano allora di tenere un basso profilo, e così al secondo tentativo evito di farmi notare, salgo una scala acquattato e proseguo ai piani superiori. Da qui in avanti procedo (quasi) senza intoppi fino a catturare la vittima, caricarmi il corpo in spalla e raggiungere il punto di estrazione a colpi di teletrasporto, evitando per un pelo un Tall Boy di pattuglia. Missione compiuta, a fatica.

Chiedo a Nick, un po' sconsolato per la rozzezza del mio stile di gioco, di mostrarmi un altro modo di affrontare il livello. In due minuti circa (si nota che sa la mappa a memoria) lo ripete tutto dall'inizio alla fine, rapido e invisibile, seguendo un percorso differente dal mio.

Alla fine della sessione Nick mi rivolge una simpatica e sacrosanta ramanzina: "Mai visto nessuno uccidere tanta gente in questo livello". Ma nonostante la mia incompetenza nello stealth, devo ammettere che Dishonored mi ha colpito per profondità, fantasia, cura nei dettagli e fascino dell'ambientazione. Non vedo l'ora di giocarci (esce il 12 ottobre per PC, PlayStation 3 e Xbox 360), e nel frattempo farò un corso di recupero in furtività.

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Filippo Ferrari