Benvenuti a Fujisawa, la prima città a impatto (quasi) zero
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Benvenuti a Fujisawa, la prima città a impatto (quasi) zero

Viaggio nel piccolo centro giapponese che, grazie all'ausilio delle nuove tecnologie, punta a diventare il modello che ispirerà le smart city del futuro

Da cosa si giudica una città al passo coi tempi? L’impressione è che le buone pratiche "tradizionali" - viabilità, infrastrutture e servizi - non siano più sufficienti a fare la differenza.

Lo sviluppo incontrollato nelle aree metropolitane ha evidentemente smosso le coscienze di tutti, cittadini e pubbliche amministrazioni, verso temi un tempo dati quasi per scontati, dalla sostenibilità ambientale alla sicurezza, dalla gestione delle emergenze al costo della vita. Si parla non a caso di smart city, quasi a voler sottolineare il carattere intelligente, oltre che efficiente, del progresso applicato al vivere.

Sul tema si è scritto e si continua a scrivere moltissimo, con toni fin troppo trionfalistici. Perché a ben guardare quello delle smart city è un concetto ancora piuttosto astratto, una scatola piena di buone intenzioni cui spesso non corrispondono i fatti. La tendenza sarà pure quella della città intelligente ma i margini operativi, questa è la dura e cruda verità, sono limitati, per ovvie ragioni legate a disponibilità di spazi e costi.

Guai però a chiamarla illusione o, peggio ancora, utopia. Da qualche parte nel mondo c'è chi lavora giorno e notte per dare un volto ben definito alla città del futuro. Se passate per Fujisawa, ad esempio, vi troverete davanti al primo embrione di quella che è stata già ribattezzata la prima vera SST. Di cosa stiamo parlando? Di un nucleo cittadino a pochi chilometri da Tokyo costruito ex novo secondo criteri di sostenibilità estrema, non solo sul piano e energetico ma anche per tutto ciò che riguarda sicurezza e qualità della vita: una Sustainable Smart Town appunto, in breve SST.

Una città autosufficiente 
Fujisawa, che si estende su un territorio di circa 19 ettari, verrà completata nel 2018 e darà ospitalità a circa 3000 persone. Già oggi, però, sono visibili i germogli di un modello virtuoso che nasce dall’abitazione e termina con tutta una serie di servizi aperti alla collettività.

Tutte le case sono dotati di pannelli fotovoltaici, tanto per cominciare, e sono in grado di immagazzinare l’energia acquisita per distribuirla anche al resto del circondario. L’utilizzo dell’acqua è gestito in modo intelligente, per evitare sprechi e facilitare il riutilizzo delle acque piovane. Anche la parte di mobilità - ca va sans dire - è improntata verso il concetto di sostenibilità: a Fujisawa si circola con auto e bici elettriche, tutte ovviamente in condivisione come impone il manuale della sharing economy.

L’obiettivo è arrivare a una riduzione del consumo di energia e di acqua del 30% e a un abbattimento dell’impronta di carbonio del 70%

L’obiettivo è arrivare a una riduzione del consumo di energia e di acqua del 30% e a un abbattimento dell’impronta di carbonio del 70% rispetto a quella generata dalle città negli anni Novanta, ci spiega Laurent Abadie CEO di Panasonic Europa, società che fa da capocordata a tutte le imprese che hanno finanziato lo sviluppo del progetto. La tecnologia è ormai matura per promuovere cambiamenti radicali negli usi e nelle abitudine delle persone, più difficile semmai fare in modo che tutta questa rivoluzione sia invisibile agli occhi dei cittadini.

Sì perché il fine ultime di Fujisawa non è tanto fare sfoggio di tecnologie scoppiettanti ma, banalmente, migliorare la qualità della vità delle persone. "La cosa che mi colpisce di più ogni qual volta passo da Fujisawa è vedere la gioia nelle famiglie, persone normali che vivono una vita vera, migliore di quella di molti loro connazionali", spiega il responsabile.

Sicurezza dentro e fuori le case
È un discorso che come abbiamo detto non riguarda solo il tema della sostenibilità ambientale ma ogni singolo aspetto che compone il complesso mosaico del benessere. La sicurezza ad esempio. Fujisawa, è stata concepita non solo per resistere ai terremoti, una minaccia costante da queste parti, ma anche per gestire le emergenze legate all’interruzione delle forniture in casi limite. "La città è in grado di garantire una riserva di elettricità per almento tre giorni", ci spiega Laurent Abadie, "un aspetto molto importante per le famiglie giapponesi che spesso si ritrovano senza collegamenti elettrici e alle varie forniture a seguito di sismi e altre calamità".

Ogni area del centro abitato è costantemente presidiata da un sistema di sorveglianza di ultima generazione: a Fujisawa i bambini possono giocare in totale libertà, senza bisogno del presidio continuo degli adulti

Ma non solo. Ogni area del centro abitato è costantemente presidiata da un sistema di sorveglianza di ultima generazione. "A Fujisawa", continua il responsabile, "i bambini possono giocare in totale libertà, senza bisogno del presidio continuo degli adulti".

Il livello di complessità di un mega-progetto come quello di Fujisawa è piuttosto elevato, si capisce, e non solo per gli investimenti in ballo (circa 60 miliardi di yen) ma per il numero e la specificità di competenze richieste: si va dall’edilizia all’energia, dal trattamento delle acque al car sharing, dall’illuminazione alla videosorveglianza. "Ma, tranquillizza Abadie, "è una sfida che non ci spaventa: siamo fra le poche aziende che possono coprire uno spettro applicativo così ampio, in pochi ad esempio sanno che fra le nostre controllate c’è anche una società (PanaHome) che si occupa in maniera specifica di edilizia sostenibile. In fondo è sempre stato nella nostra mission capire quale contributo possiamo dare alla società per vivere meglio".


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Un modello replicabile? No, però...
Tanta qualità, ovviamente, si paga. Il costo delle case a Fujisawa è in media del 20% più alto rispetto al resto del Giappone, ammette Abadieu, ma il ritorno dell'investimento è molto rapido. Alcune abitazioni sono studiate per generare fino al 70% del proprio fabbisogno energetico.

Ma il vero punto critico del progetto resta un altro: la difficoltà di replicare un modello più unico che raro in altre parti del mondo. “Stiamo lavorando su un secondo progetto presso Tsunashima", spiega Abadie, "ma non sempre si potrà disporre di certi spazi, soprattutto in Europa. I nostri obiettivi però non cambiano. Crediamo che ci siano molte opportunità nel campo della ristrutturazione e nella riqualificazione delle aree urbane".

Si può essere smart e sostenibili anche partendo da città fatte e finite, insomma, basta alzare l'asticella sulle buone pratiche. Ed è proprio intorno a questa area che Panasonic impegnerà una bella fetta delle sue risorse, pur senza abbandonare il commitment nell’elettronica di consumo. "Nel passato tutta l’industria del settore era legata al prodotto, ma i tempi sono cambiati: oggi il modello di business è il baricentro di un triangolo i cui lati sono costituiti da hardware, software e servizi, con questi ultimi a fare la differenza. Nel futuro i nostri frigoriferi saranno in grado di riordinare automaticamente ciò che è stato appena consumato, e senza bisogno dell’intervento umano; queste sono indubbiamente delle comodità ma richiedono una serie di servizi a supporto".

Molto, è evidente, dipenderà anche dall’atteggiamento e dalla disponibilità economica delle Pubbliche Amministrazioni, vero trait d’union fra cittadini e innovatori. Ma anche su questo punto il CEO di Panasonic professa ottimismo: "Vedo grandi opportunità in molte città, penso ad esempio a come la tecnologia aiuterà a salvaguardare il patrimonio artistico e culturale, tutto sta nel far capire alle istituzioni il vantaggio in termini di ritorno degli investimenti".

E chi non vorrà vedere certi benefit dovrà comunque interrogarsi sul destino delle generazioni future. "In Italia e in Europa il numero degli anziani è in continua crescita, prima o poi bisognerà affrontare il problema. Ecco, noi pensiamo che le persone preferiscano passare il loro tempo a casa piuttosto che in un ospizio, ovviamente purché si tratti di abitazioni a misura d’uomo".

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Roberto Catania

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