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Blake Patterson, Flickr
Tecnologia

Arrivano i tattoo hi-tech: ecco a cosa servono

Inventati dall’Università di Tel Aviv presto potrebbero essere stampati sul corpo delle persone per tracciare il movimento di nervi e muscoli

Vi fareste tatuare un microchip sulla guancia? Aspettate a rispondere di “no”, perché la moda, si sa, ha i suoi tempi. Tra qualche anno potrebbe non essere così strano andarsene in giro con un circuito sul volto, magari su un braccio o una gamba, per scopi che vanno ben al di là dell’ultima tendenza in voga tra i giovani. I ricercatori dell’Università di Tel Aviv hanno infatti sviluppato un elettrodo fatto di carbonio e per nulla invasivo che può essere stampato sulla pelle umana per misurare l’attività di nervi, muscoli e capire dove ricostruire parti danneggiate dei tessuti.

L’aspetto (come si può vedere in questa foto) è quello di un vero e proprio chip elettronico, anche abbastanza grande; un qualcosa che non vi farà passare inosservati. Ma trasformarsi in una sorta di robot ha i suoi vantaggi, concreti e prolungati nel tempo. Secondo Yael Hanein, che ha ideato e sviluppato l’elettrodo, la tecnica si pone come una valida alternativa dell’elettromiografia, detta anche EMG, un esame diagnostico che serve per individuare malattie dei nervi (come le neuropatie) e dei muscoli (le miopatie).

Elettromiografia 2.0

L’elettromiografia classica si può effettuare in due modalità principali: attraverso stimoli elettrici che viaggiano su elettrodi da appoggiare sulla parte interessata e tramite aghi di lunghezza variabile, a seconda della zona da studiare. Nessuna delle due è particolarmente invasiva ma comporta comunque la permanenza presso un monitor di rilevazione, di solito una scatoletta simile al misuratore di pressione digitale.

Chi indossa il tattoo invece può tranquillamente andarsene in giro a fare le proprie attività, assicurandosi di portare con sé uno strumento che periodicamente fa le sue rilevazioni, senza che il paziente se ne accorga. “L’idea è proprio questa – ha detto Hanein a Engadgetmettilo e dimenticatene”.

In questo modo sarà più semplice capire, da parte dei dottori, il tipo di patologie contestuali sofferte da una persona, o quali potrebbero sorgere in futuro. L’obiettivo? Intervenire il prima possibile per risolvere un eventuale problema o ritardarne con maggiore successo gli effetti.

Analizzare le emozioni

Ma al di là del monitoraggio delle attività fisiche, secondo i ragazzi di Tel Aviv, la soluzione del tatuaggio può tornare utile anche per analizzare le emozioni delle persone in determinati momenti della loro esistenza. Diversamente da altre tecniche, che prevedono lo studio delle emozioni attraverso un software di riconoscimento facciale che restituisce dati non così analitici, quello del tattoo rappresenta un modo decisamente più empirico e diretto per tracciare come cambiano gli stati d’animo di un individuo, magari durante la somministrazione di un test (tipo quello per capire chi è un replicante).

“La possibilità di identificare e mappare le emozioni umane può portare a vantaggi in diversi campi di azione. Pensiamo alla pubblicità, ai sondaggi, ai media. Tutti vogliono sapere come si sentono gli altri e come reagiscono alla prova di un prodotto, alle prese con una certa situazione o fatalità” – conclude Hanein.

Le derive del biohacking

Non si può certo dire che il tattoo tecnologico non sia interessante anche se i complottisti potrebbero considerarlo come un altro modo, da parte dei controllori, di intrufolarsi nella vita degli individui, quasi comandandoli da remoto (gli hacker non aspettano altro). Anche il tattoo di Tel Aviv entra in quel delicato campo chiamato biohacking, che da qui ai prossimi anni si ritaglierà un ruolo sempre più importante all’interno della ricerca pubblica e privata. Il motivo è semplice: ad oggi non è possibile porre evidenti limiti alle modifiche che l’innovazione tecnologica permetterà di effettuare sul corpo umano, non solo per curarlo e prevenire molti dei mali comuni ma anche per renderlo più forte e longevo. 

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Antonino Caffo

Nato un anno prima dell’urlo di Tardelli al Mondiale, dopo una vita passata tra Benevento e Roma torno a Milano nel cui hinterland avevo emesso il primo vagito. Scrivo sul web e per il web da una quindicina di anni, prima per passione poi per lavoro. Giornalista, mi sono formato su temi legati al mondo della tecnologia, social network e hacking. Mi trovate sempre online, se non rispondo starò dormendo, se rispondo e sto dormendo non sono io. "A volte credo che la mia vita sia un continuo susseguirsi di Enigmi" (Guybrush Threepwood, temibile pirata).

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