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Apple, l'iCar è pronta. Le 5 cose da sapere

Numerose indiscrezioni suggeriscono che l'auto targata Cupertino sia in una fase avanzata. Ecco come sarà e quando potrebbe arrivare

Apple che deposita brevetti su tecnologie e meccanismi automatici per far partire un motore, riconoscere gli occupanti di un abitacolo e interagire con loro. Apple che incontra i responsabili delle principali aziende del settore automotive, Marchionne incluso, e fa shopping di cervelli, assumendo con lauti incentivi ingegneri e designer. Apple che prende in leasing vetture e le manda in giro imbottite di sensori per verificare come si comportano nel traffico, con o senza autista. Infine, Apple che sonda le disponibilità di una blindatissima ex base navale californiana, in cui è stato ricostruito un percorso cittadino di 32 chilometri con contorno di gallerie e stazione di servizio.

Le cose sono due: o a Cupertino hanno talmente tanti soldi da non sapere più come spenderli, da essere disposti a investire in modo massiccio e non tangenziale in progetti sperimentali e svincoli senza uscita, o l’iCar, l’ultima missione possibile di Steve Jobs, la macchina targata mela pronta a rivoluzionare la nostra vita al volante, è prossima al traguardo. È talmente vicina da essere pronta ai test su una pista lontana da occhi indiscreti. La stessa usata dai big delle quattro ruote per misurare performance e prospettive delle loro novità in cantiere.

È evidente che la seconda ipotesi appaia come quella più verosimile. Vediamo perché.

Chi ci sta lavorando

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A «Project Titan», il nome in codice di tutta la manovra iCar, Tim Cook ha assegnato uno squadrone composto da centinaia di preparatissimi talenti. Veterani come Doug Betts, con un quarto di secolo di esperienza nel curriculum e incarichi di alto profilo in Nissan, Toyota e Fca. Sarebbero come minimo 50 i transfughi da Tesla, l’azienda che la mela giudica come il punto di riferimento, l’esempio da imitare. Incentivati a lasciare la corte di Elon Musk con 250 mila dollari e un aumento di stipendio del 60 per cento.

Shopping anche in Mercedes e, con maggiore prudenza, in Bmw. Brand con cui la società californiana ha storicamente ottimi rapporti e si guarda bene dal guastarli, visto che la struttura in fibra di carbonio della i3 tedesca potrebbe formare lo scheletro della vettura di Cupertino. Che è all’opera su motore e, soprattutto, carburante: non diesel o benzina, ma batterie.

La sostenibilità ambientale è un pallino della multinazionale americana, l’elettricità è l’unica fonte di alimentazione verosimile. Buon senso a parte, lo conferma la razziadi cervelli in Samsung, soprattutto specialisti nelle batterie, e dal costruttore di sistemi avanzati al litio per vetture, la A123 Systems. Pure qui i bene informati parlano di assegni a molti zeri, delle classiche proposte che non si possono rifiutare.

Chi la guiderà

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Nessuno. O meglio, ci sarà un volante, magari con un display touch al centro, ma la iCar sarà essenzialmente driverless. Farà da sola, sorpassi e parcheggi inclusi. È la direzione che tutti i produttori stanno prendendo ed è impensabile che proprio la Apple, abbonata a lanciare nuove tendenze o a perfezionare quelle più robuste, si tiri indietro sul punto.

Speculazioni a parte, nell’ultimo anno sono state beccate numerose vetture emancipate da mani e occhi del pilota in strade periferiche o nel traffico di megalopoli come New York. Puntualmente sono finite su YouTube raccogliendo decine di migliaia di clic. Soprattutto dopo che si è scoperto che la targa apparteneva a veicoli presi in leasing dalla mela.

In parallelo sono arrivate le smentite: non c’entra nulla «Project Titan», fanno parte di un sistema evoluto di mappatura del territorio che servirà a rendere più accurati i servizi di geolocalizzazione della società, ad affrancarsi dal monopolio di Google, ma nulla esclude che le lezioni imparate possano essere in automatico trasferite nei database di iCar. Anzi, sono un’ulteriore prova dell’accelerazione della società di Cupertino nella galassia delle quattro ruote.

Cosa ci sarà nell'abitacolo

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È paradossale, ma è il punto con meno incertezze. Sappiamo già che per sbloccare l’auto o per metterla in moto si potrà usare l’iPhone, l’iPad e, pare evidente, il Watch. Già nel 2011 Apple aveva depositato brevetti di questo tipo (orologio a parte): sono evidenze, non supposizioni.

A due anni prima, al 2009, risale invece lo schema che vedete qui sopra: un sistema di sensori di bordo che identificano il guidatore. Ammesso che si potrà chiamare ancora così, forse supervisore rende meglio l’idea. Non solo: ne seguono i movimenti e gli permettono di interagire con la vettura in modi non convenzionali. Qualcosa di simile lo sta facendo Mercedes con la sua lussuosa supercar svelata a gennaio a Las Vegas: superfici touch un po’ ovunque e monitoraggio degli sguardi per anticipare i desideri e le intenzioni di chi siede nell’abitacolo.

Visto che stiamo passando dall’era della proprietà, del possesso esclusivo, a quello dell’utilizzo dei beni, Apple potrebbe proporre sistemi che ci riconoscono e settano in automatico configurazioni personalizzate non appena ci accomodiamo a bordo. Così, per esempio, se saremo dall’altra parte del mondo e noleggeremo una iCar, potremo ritrovare le nostre playlist, la temperatura interna che ci piace di più, persino l’esatta distanza del sedile dal volante.

Che aspetto avrà

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È la grande incognita, il freno a mano tirato di tutto l’affaire, il lato oscuro che finora ha fatto raccomandare prudenza persino ai più assidui divulgatori di rumor e leak targati Apple. Se l’iCar c’è davvero, nessuno fuori dal cerchio sacro della Apple l’ha vista. I test su strada sono stati effettuati con macchine di altri produttori modificate ad hoc, per il resto tutto tace.

Questa riservatezza assoluta durerà ancora a lungo? C’è da scommetterci di no. Gli occhi sono naturalmente puntati sulla struttura californiana dove la mela vorrebbe cominciare a far correre la sua quattro ruote. E se non dovesse saltar fuori una foto immortalata da uno smartphone del personale della ex base, un drone potrebbe mettersi a spiare dal cielo.

Non c’è scampo, a Cupertino se ne facciano una ragione. Se non riescono più a nascondere aspetto e caratteristiche tecniche di un iPhone o un Mac, figuriamoci se l’impresa del silenzio riuscirà con un oggetto oltremodo ingombrante, con svariati attori coinvolti nel suo assemblaggio, che ha bisogno di molte più autorizzazioni di uno smartphone per avere il via libera sul mercato. Certo, nessuno alla corte di Tim Cook si straccerà troppo le vesti. I leak sono diventati una straordinaria strategia di marketing. I prodotti senza rumor o illazioni e assurdità probababili e non ad anticiparli sono quelli che non interessano a nessuno.

Quando arriva e quanto costerà

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Direte: non si sa nulla sul design, figurarsi se è possibile ipotizzare una data d’uscita. E invece è l’opposto. Fonti affidabilissime e altrettanto rigorose come Bloomberg, sostengono che i giochi saranno fatti entro il 2020. Non più di cinque anni scarsi da oggi. Una data che potrebbe permettere a Cupertino di incorporare le ultime tecnologie in termini di performance e autonomia delle vetture con le batterie sotto il cofano.

Entro il 2017, infatti, produttori come Tesla promettono di portare su strada automobili in grado di percorrere come minimo 600 chilometri con un pieno di elettricità. Una distanza così ampia da renderle appetibili anche a chi non vive in zone in cui le colonnine di ricarica abbondano o non ha spazio a sufficienza per equipaggiare il garage.

Capitolo prezzo. Come si diceva prima, Tesla è il benchmark, il punto di riferimento naturale per l’iCar. Una Model S oggi costa da 75 mila euro in su. Apple ha sempre proposto dispositivi ricchi di accessori e pronti all’uso: un iPhone o un iPad basic non sono mai davvero esistiti. È probabile, anche per non generare confusione con un prodotto così inedito per l’azienda, che si eviterà di eccedere con le combinazioni per non scatenare confusione o diffidenze. Quella cifra, gli analisti sono d’accordo, è un ragionevole punto di partenza, almeno sulla base delle informazioni disponibili. E, ovvio, non sarà per tutti. Anzi. Ma Apple non lo è mai stata né mai ha voluto esserlo.

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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