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Tecnologia

Ho vissuto un’ora nella realtà virtuale

Con Nvidia tra Oculus Rift e HTC Vive, un passo sul monte Everest e uno nel fondo dell'oceano. Ecco come è andato lo sbarco VR

Non è più una novità: in primavera i principali produttori di visori per la realtà virtuale rilasceranno sul mercato i loro gingilli. In cima alla lista ci sono due nomi, Oculus Rift e HTC Vive, gli unici che per adesso sembrano in possesso dei migliori requisiti per giocarsi il primato nel particolare settore hi-tech.

Lo abbiamo già anticipato qualche settimana fa: per usare la realtà virtuale in casa serve un computer di tutto rispetto. Negli ultimi giorni Asus, Dell e Alineware, hanno lanciato i primi PC “Oculus Ready”, ovvero in grado di soddisfare le richieste di configurazione minime indicate dall’azienda. Con un “mostro” del genere potete indossare senza grossi problemi un paio di occhialini ed entrare nel mondo VR, sia comodamente seduti che in giro per la stanza, una stanza molto grande.

Che è un po’ il problema di chi, come HTC, ha pensato ad un oggetto che restituisce l’esperienza migliore quando ci si può muovere quasi liberamente in uno spazio di almeno 4 metri per 2. Tanto serve per non rischiare di inciampare nei fili e muovere con scioltezza le braccia che stringono i due gamepad. Se finora vi bastava spostare due tavolini in salotto per giocare al Kinect, beh, è ora di fare pulizia in cantina (o nel box) e creare il proprio varco parallelo per il virtuale.

In occasione di una recente dimostrazione di Nvidia, leader nella produzione di schede grafiche per computer, abbiamo messo le mani sugli ultimi modelli di Oculus e HTC Vive, e possiamo dirvi cosa ne pensiamo. Entrambi hanno tratto il meglio dai computer ai quali erano connessi, potenziati da una GPU GeForce dalla GTX970 alla GTX980, per finire al top GTX980Ti, la scelta migliore quando si vogliono spingere le prestazioni videoludiche del PC al massimo. Basti pensare che un titolo fruito in realtà virtuale ha bisogno di circa 7 volte la potenza di un gioco normale per girare al meglio; non si tratta dunque di un semplice adattamento ma di un cambio totale di paradigma che alza, e non di poco, l’asticella delle configurazioni domestiche.

Oculus: seduti non è sempre meglio

Dimenticate la prima generazione, quelli odierni sono dei visori finalmente maturi, esteticamente accettabili e privi di quei lag che in passato avevano causato non pochi problemi in fase di test. Si tratta di gadget destinati ad un utilizzo prettamente casalingo, visto che basta sedersi e indossarli per giocare in maniera immersiva a tanti titoli, con in mano un controller della Xbox One. Questo è il loro più grande pregio e, in parte, difetto: chiunque può provarli a casa propria (con diverse centinaia di euro da parte e un PC supportato) ma resta da capire il reale vantaggio nel girovagare tra le rovine di un castello o mentre si fa saltare una volpe in un classico platform muovendo la testa invece che la levetta analogica del controller. Il risultato è certamente migliore quando ci si trova dinanzi a strategici in tempo reale, sviluppati su un contesto di gioco davvero ampio, dove è necessario guardarsi intorno per evitare l’avanzata dei nemici e la presa di fortini e postazioni.

HTC Vive: fate spazio al futuro

Basta passare agli HTC per capire che la realtà virtuale è un concetto che si staglia su filoni differenti. Con gli Oculus i Vive condividono solo la struttura esteriore visto che il modo di interagire non si basa sul gamepad ma su due controller verticali, da tenere come uno di quei joystick tanto in voga nella seconda parte degli anni ’90. Bastano pochi secondi a capire come funzionano e come muoverli; si trasformano ora in ciaspole per la neve, ora in pistole o mitragliatrici e strani aggeggi per riparare robot (fantastica la trasposizione VR di Portal).

Quassù è freddo

La demo principale è Everest, dove impersoniamo un fortunato scalatore che con altri due compagni si ritrova sulle cime innevate del monte himalayano, alle prese con attraversamenti su ponticelli a dir poco traballanti e saliscendi su scale adagiate su pareti non proprio stabili. Di sicuro è l’esperienza più mozzafiato, quella che rende meglio l’idea di dove possa arrivare la realtà virtuale quando si tratta di trasmettere emozioni che vanno al di là di un semplice schermo. 

Alla fine, qual è meglio?

Difficile scegliere anche perché servirebbero sessioni più approfondite di studio. La sensazione è che Oculus e HTC Vive, pur riferendosi ad uno stesso pubblico videoludico, vogliano ammaliare categorie diverse. Chi è legato al vecchio concetto di gaming potrebbe trovarsi meglio con i primi e il gamepad della Xbox One; del resto si tratta di fare le stesse cose di adesso solo con una visione di gioco dove ci si può immedesimare di più, anche se si tratta di un semplice platform. I Vive guardano davvero al domani dell'intrattenimento videoludico; aprono a scenari molto più ampi di divertimento e non solo: li immaginiamo già indosso a medici e meccanici (e tante altre categorie) mentre operano o cercano di capire cosa non va nel motore dell'auto. Allora si, sarà vera rivoluzione

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Antonino Caffo

Nato un anno prima dell’urlo di Tardelli al Mondiale, dopo una vita passata tra Benevento e Roma torno a Milano nel cui hinterland avevo emesso il primo vagito. Scrivo sul web e per il web da una quindicina di anni, prima per passione poi per lavoro. Giornalista, mi sono formato su temi legati al mondo della tecnologia, social network e hacking. Mi trovate sempre online, se non rispondo starò dormendo, se rispondo e sto dormendo non sono io. "A volte credo che la mia vita sia un continuo susseguirsi di Enigmi" (Guybrush Threepwood, temibile pirata).

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