Fallout 4
Bethesda Softworks
Tecnologia

Fallout 4: i cinque motivi per cui è (quasi) un capolavoro

Esce domani, 10 novembre, uno dei titoli più attesi dell'anno. Ci abbiamo giocato in anteprima: ecco perché è promosso a pieni voti

1 - La storia

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Con i precedenti Fallout e la serie The Elder Scrolls (tra cui l'osannato Skyrim), gli sviluppatori di Bethesda avevano sempre mostrato il fianco nello storytelling. In Fallout 4, superato lo scoglio di un avvio non particolarmente originale – ci risvegliamo nel 2277 in un mondo devastato da un olocausto nucleare dopo 200 anni passati in un capsula criogenica –, la linea narrativa principale decolla di missione in missione, rivelando sviluppi intriganti e inaspettati.

E anche certe sottotrame secondarie, utili per guadagnare punti esperienza, riescono spesso nell'intento di convincerci che seguire uno sconosciuto in qualche impresa malsana non sia tempo sprecato.

2 - Open World

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Il fiore all'occhiello della saga è da sempre l'esplorazione libera. Qui il vagabondaggio post-apocalittico si eleva ad arte: la zona di Boston e dintorni, il cosiddetto Commonwealth, è quanto di più grandioso si sia visto su pc e console negli ultimi anni, sia per estensione che per varietà di scenari, un crogiolo di città dilaniate, paesaggi solitari alla Cormac McCarthy, ambientazioni noir, avamposti futuristici.

Dimenticarsi che c'è una missione in corso è quanto di più facile possa accadere durante il gioco, visto che la quantità di elementi sullo schermo porta sempre a seguire qualche altra direzione (e di solito a cacciarsi nei pasticci). E pazienza se il motore grafico mostra qualche pecca e più di un bug nei piccoli dettagli, perché è il prezzo da pagare per poter esplorare ogni angolo (o quasi) di questo sterminato mondo decadente, dove animali, uomini, androidi e mutanti sono invischiati in una caotica lotta per la sopravvivenza.

3 - "La guerra non cambia mai"

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In un rpg che si rispetti, la personalizzazione è tutto. In Fallout 4, il numero di combinazioni presenti per armi e armature è talmente elevato da andare oltre la ragionevole capacità di testarle tutte. Le modifiche da apportare presso i banchi di lavoro consentono di adattare fucili, pistole e strumenti da mischia al proprio stile di gioco, con una minuzia di particolari impressionante, che in principio richiede un po' di pratica (sì, il mal di testa è dietro l'angolo).

Viaggiare ben armati è ovviamente una necessità logistica: nel 2277 vige uno stato di guerriglia perenne e non è raro finire a pezzi senza aver neanche il tempo di comprendere chi ti abbia attaccato. All'orizzonte si prospettano battaglie che ti faranno rivalutare il concetto di "caos"...

4 - Un buon architetto

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Capitolo a parte lo meritano le personalizzazioni riguardanti rifugi e insediamenti abitati. Fallout 4 ha infatti, per la prima volta, dei risvolti gestionali/strategici: in presenza di un'officina possiamo costruire baracche (e arredarle), depuratori d'acqua, generatori energetici, sistemi difensivi e tutto ciò che serve per garantire la sopravvivenza dei coloni della zona contaminata.

I quali non mancheranno di esprimere il loro grado di felicità o disappunto per le condizioni di vita in cui versano: se la colonia diventa più popolosa, bisogna ad esempio fare in modo che tutti abbiano di che sfamarsi, fornendo cibo fresco mediante i raccolti. A gasare maggiormente (e a far perdere ore di vita sociale) è la possibilità di innalzare il proprio fortino inespugnabile, dotato di trappole e torrette per tenere alla larga i brutti ceffi che si aggirano nel Commonwealth.

5 - Potere del cane

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Nel corso della storia incontriamo personaggi di ogni tipo, molti dei quali privi del necessario spessore emotivo, forse a causa di un doppiaggio in italiano non sempre all'altezza. A farcelo dimenticare ci pensa però Dogmeat, il cui nome è un omaggio al cane del primissimo Fallout.

Questo ammasso di peli e pixel ci accompagna per tutto gioco, creando un forte effetto empatia con il mondo che ci circonda. Nonostante il fidato pastore tedesco non possa morire, ci è capitato spesso di fuggire a gambe levate da una situazione critica per poi preoccuparci prima di tutto se Dogmeat stesse bene, tirando un sospiro di sollievo solo dopo averlo visto scodinzolare al nostro fianco con la lingua di fuori.

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Davide Decaroli