Turchia in rivolta, ma per il governo il vero nemico è Twitter
Due vignette sugli scontri di piazza Taksim ad opera del cartoonist @CarlosLatuff
Tecnologia

Turchia in rivolta, ma per il governo il vero nemico è Twitter

Come era già successo nel 2011 con la Primavera Araba, Twitter e i social media stanno ricoprendo un ruolo importante nel colmare il silenzio dei media tradizionali. Il premier Erdogan è arrivato a definire Twitter una "maledizione". Ecco perché

Sono passati ormai due anni dalla Primavera Araba, quando non passava giorno senza che la Rete venisse sommersa da proclami su un'imminente “rivoluzione Twitter”, quando sembrava che l’umanità fosse in procinto di liberarsi di dittatori, dittature e della proverbiale inerzia dei popoli a furia di foto cinguettate, hashtag e adunate convocate in Rete.

Non ci volle molto prima che il sogno evaporasse, le piazze venissero lavate dal sangue, le dittature sostituite da governi militari e che agli entusiasti si alternassero i social-scettici, Malcom Gladwell in primis, che con una punta di soddisfazione si rimboccarono la propria tunica di presaghi in differita parlando di quanto fosse ingenuo credere nel potere democratizzante della Rete.

Qualcuno di quegli scettici è stato bruscamente tirato giù dal letto stanotte quando Tayyip Erdogan, primo ministro turco, mentre le forze armate erano impegnate a fronteggiare la terza giornata di scontri di piazza, si è sfogato definendo i social mediala maledizione della società odierna.”

Per capire come si è arrivati a questo punto, facciamo un passo indietro allo scorso 27 maggio, quando un gruppo nemmeno troppo nutrito di ambientalisti si è accampato in una delle piazze più importanti di Istanbul per protestare contro la distruzione del Taksim Gezi Park, al posto del quale dovrebbe presto sorgere un centro commerciale. Quella che in origine doveva essere una protesta pacifica in stile Occupy Wall Street è degenerata nella giornata di venerdì quando la polizia ha cominciato a tentare di sgomberare con la forza i manifestanti, appiccando fuoco alle tende e usando lacrimogeni e spray al peperoncino in abbondanza.

Sono cominciati così dei violenti scontri che si sono protratti fino al pomeriggio di sabato, quando la polizia ha fatto marcia indietro da piazza Taksim, probabilmente sperando di placare gli animi. Ma la miccia ormai era stata accesa, nel giro di poche ore la protesta aveva trovato risonanza in Rete per riversarsi nelle piazze di altre trenta città. Quella che doveva essere una semplice manifestazione ambientalista si è trasformata in breve in una sommossa nazionale indirizzata contro il premier Recep Tayyip Erdogan e il suo governo.

Mentre nelle piazze turche si consumava una protesta senza precedenti, mentre i canali televisivi internazionali trasmettevano in diretta le immagini dalla piazza, CNN-Turkey mandava in onda un imprescindibile programma di cucina. Questo aspetto può sembrare scontato, poiché stiamo parlando di un governo autoritario (eletto però democraticamente e con ampia maggioranza), ma non lo è. Di fronte al silenziodeimediatradizionali, i social media e Twitter in particolare, è di fatto l’unica risorsa per chi voglia sapere cosa sta succedendo nelle piazze del proprio paese.

In Turchia, specialmente nelle grandi città, quasi tutti possiedono almeno un cellulare, e molti hanno una connessione mobile.” spiega Zeynep Tufekci, esperta di social media di origini turche, in un’ottima analisi sulla questione “Facebook è molto diffuso, con oltre 30 milioni di utenti (siamo nella top ten mondiale). Inoltre, circa il 16% di chi ha accesso a Internet usa Twitter.

Twitter era già diventato un’importante punto di riferimento informativo nel 2011, quando due F16 turchi falciarono 34 civili durante un’operazione sul confine con l’Iraq. Come sta accadendo ora per i moti di piazza Taksim, al tempo i media tradizionali tentarono di oscurare la notizia, che però rimbalzò subito negli hashtag di Twitter, portando la cosa all’attenzione dei cittadini turchi e della platea internazionale.

“Le rivoluzioni, le manifestazioni politiche e le grandi sommosse sono spesso il risultato del superamento della cosiddetta ignoranza pluralistica, ossia l’idea che tu sia l’unico, o uno dei pochi, a pensarla in un certo modo.” afferma Tufekci, elencando gli elementi che rendono i social media un ingrediente importante nella lotta odierna per la democrazia “Le dimostrazioni di strada, in questo senso, sono una forma di social media poiché consentono ai cittadini di segnalare una pluralità ai propri concittadini, aiutando a interrompere l’ignoranza pluralistica (il punto dunque non è che il meccanismo di segnalazione sia o meno digitale, ma quanto sia visibile e social.)"

Nel frattempo, la protesta stenta a placarsi. Negli ultimi giorni le forze turche hanno arrestato oltre 1700 manifestanti, e nelle ultime ore è anche giunta notizia di due morti . Nel frattempo le proteste proseguono in Rete, sfruttando hashtag come #occupygezi, #istanbul e #turkey. Anche il collettivo Anonymous si è unito alla battaglia lanciando #OpTurkey e riuscendo a mandare in tilt diversi siti governativi, compresi quello personale del Presidente Abdullah Gul, quello del partito al governo AKP e quello dell’Istanbul Directorate of Security.

Dopo aver gettato benzina sul fuoco accusando Twitter di essere uno strumento menzognero, Erdogan ora si affretta a smentire che a Istanbul sia in corso una Primavera Turca e accusa non-specificati attori esteri di aver manovrato il malcontento. Nel frattempo la Turchia si prepara a uno sciopero generale di proporzioni inedite.

 

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Fabio Deotto