The Facebook Wall
Quim Gil, Flickr
Tecnologia

Gli amici di Facebook? Sono tutti falsi (o quasi)

Lo dice uno studio universitario: su una media di 150 contatti solo 5 si possono considerare veri amici. Ecco perché

Non è la prima volta che il mondo si chiede quanto ci sia di vero nella parola “amicizia” su Facebook. Il termine fino a qualche anno fa assumeva un significato univoco, difficilmente confondibile con altro. Oggi invece la socialità del web ha trasformato “amicizia” in qualcosa di diverso, facendole perdere quelle caratteristiche di essenzialità che ne avevano delimitato il raggio d’azione. Dite la verità: prima di Facebook avreste detto che il vicino di casa, al quale al massimo ricambiavate il saluto, era un vostro amico? E il salumiere, oppure il tabaccaio? Insomma, per essere amici bisognava andare oltre l’acquisto periodico di un pacchetto di sigarette.

Quale amicizia

Facebook ha sconvolto tutto e gli studiosi sono concordi nell’affermare che la socialità mediata tramite computer, smartphone, tablet, smartwatch e chi più ne ha più ne metta, abbia valicato i confini dialettici di un tempo, dando vita ad una serie di rapporti digitali tanto facili da stringere ma spesso superficiali. Di questo ne è convinto Robin Dunbar, professore di psicologia evolutiva dell’Università di Oxford, soprattutto dopo aver dato un occhio ai risultati di una ricerca che ha svolto per indagare le connessioni tra le relazioni amicali su Facebook e quelle nella vita reale.

Numeri reali

Beh, i risultati sono chiari: su una media di una rete composta da 150 contatti, solo 15 possono essere considerati come amici e 5 etichettati come relazione stretta.  “Ci sono dei vincoli cognitivi sul social network che nemmeno i vantaggi della comunicazione online possono superare – si legge sul report – in termini pratici tutto si riflette nel fatto che le relazioni nel mondo reale hanno bisogno di un’interazione faccia a faccia per mantenersi in vita, a differenza degli incontri casuali”.

Decadimento sociale

Per questo Dunbar suggerisce che Facebook e piattaforme simili, invece di invogliare gli utenti a incrementare la propria cerchia di amici, dovrebbero mettere in atto azioni preventive del decadimento relazionale: “L’amicizia è soggetta ad un allontanamento naturale in assenza di contatto. I social media dovrebbero svolgere la funzione di abbassare questo trend”. Il discorso non è solo psicologico ma di business: a Zuckerberg importa più che gli amici su Facebook siano amici anche nella vita reale oppure che gli iscritti non facciano altro che stringere nuove amicizie, interagire con più persone e incrementare il traffico sul sito?

La soluzione

Visti i limiti del cervello umano, la ricerca anglosassone partorisce un numero, 150, che rappresenterebbe il limite massimo di amicizie di valore che si possono intrattenere su Facebook.  E del resto cosa ne facciamo? Non serve eliminare i “meno amici” visto che ci sono diversi strumenti a disposizione per dare più importanza ad alcuni contatti rispetto ad altri. Uno stratagemma è ad esempio quello di non visualizzare più quello che una persona scrive sulla piattaforma, pur senza rimuoverla dall’elenco dei contatti. Per farlo basta entrare nel profilo di un utente a cui si è già collegati, cliccare su “Segui già” e poi in fondo “Non seguire più…”. Viceversa si può scegliere di tenere in alto i post di chi consideriamo più importante; la procedura da fare è la stessa ma l'ultimo click sarà su “Mostra per primi”. 

Pareri discordanti

Ma non tutti sono d'accordo sulla teoria del "numero" a cui è giunto Dunbar. Davide Bennato, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi e Sociologia dei media digitali all'Università di Catania ci ha spiegato: "La ricerca non può essere considerata valida per tre motivi. Il primo è di ordinesemantico: il termine che usa Facebook per definire il collegamento fra due profili è solo una semplificazione che serve per ricordare un comportamento sociale. Nessuno che usa il social network crede davvero che la parola amico definisca un'amicizia. Il secondo è di ordine sociologico: diversi studi ormai confermano che usiamo la parola amico per definire relazioni diverse. Vicini di casa, colleghi di lavoro, ex compagni di scuola, frequentatori della palestra e così via. Perciò il termine definisce una categoria troppo ampia di contatti sociali. L'ultimo motivo è di ordine metodologico: la ricerca si basa sul concetto di numero di Dunbar, ovvero sull'idea che per motivi cognitivi la media dei nostri contatti sociali dovrebbe essere all'incirca 150. Ma questa scoperta non è condivisa dalla comunità scientifica, anzi viene considerata controversa".

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Antonino Caffo

Nato un anno prima dell’urlo di Tardelli al Mondiale, dopo una vita passata tra Benevento e Roma torno a Milano nel cui hinterland avevo emesso il primo vagito. Scrivo sul web e per il web da una quindicina di anni, prima per passione poi per lavoro. Giornalista, mi sono formato su temi legati al mondo della tecnologia, social network e hacking. Mi trovate sempre online, se non rispondo starò dormendo, se rispondo e sto dormendo non sono io. "A volte credo che la mia vita sia un continuo susseguirsi di Enigmi" (Guybrush Threepwood, temibile pirata).

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