Facebook e Moments, perché quelle foto non sono davvero nostre
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Facebook e Moments, perché quelle foto non sono davvero nostre

Chi non scaricherà Moments entro il 7 luglio perderà interi album. Gli utenti si ribellano, dimostrando di non sapere cosa sia realmente Facebook

Da qualche giorno alcuni utenti Facebook stanno ricevendo una comunicazione che assomiglia a un ricatto:

Le foto che hai sincronizzato privatamente dal tuo telefono su Facebook saranno eliminate a breve. All’inizio di quest’anno, le foto sono state spostate su Moments, una nuova applicazione di Facebook.”

Le cose sono andate così: a partire dal 2012 molti utenti hanno sfruttato la funzionalità di sincronizzazione automatica delle foto per salvare le foto dal proprio smartphone a un album privato all’interno del social network.

Nel giugno del 2015, Facebook ha lanciato un’altra delle sue app esterne, Moments, ideata per tutti quei fotoamatori che cercassero un sistema facile e automatizzato per condividere (in privato) le foto scattate dal cellulare.

Al tempo, Moments veniva presentata come una soluzione alternativa alla sincronizzazione automatica di Facebook, che includeva un sistema di catalogazione automatica degli scatti a partire da geolocalizzazione e riconoscimento facciale. Ora, da un giorno all’altro, diventa l'unica soluzione per non perdere il proprio archivio sincronizzato (che comunque, fino al 7 luglio, potrà essere scaricato su disco fisso).

In proposito, questo il commento di un portavoce di Facebook in Italia:

"Stiamo inviando una notifica agli utenti al di fuori dell’Unione Europea e del Canada che hanno utilizzato la funzione di sincronizzazione foto di Facebook per informarli che, a partire dal 7 luglio, non sarà più possibile accedere alle foto sincronizzate utilizzando questa funzionalità. 

Tutti coloro che desiderano conservare le proprie foto sincronizzate, possono accedere all’app Facebook Moments e visualizzarle, scaricarle o cancellarle. Qualora gli utenti non volessero scaricare Moments, avranno la possibilità di scaricare direttamente sul computer le foto sincronizzate dal profilo Facebook tramite un file zip prima del 7 luglio. Abbiamo iniziato la graduale eliminazione della funzione di Facebook per la sincronizzazione delle foto lo scorso anno (una funzione opt-in che sincronizzava le foto scattate dal proprio smartphone in una sezione privata di Facebook visibile solo all’utente proprietario dell’account che poteva scegliere di visualizzare oppure postare le foto). Questa funzione è stata lanciata nel 2012 quando le persone hanno iniziato a scattare le foto con i propri smartphone, ma continuavano a postarle principalmente dal proprio computer".

La notizia, come prevedibile, ha generato due tipi di reazione: da un lato molti utenti sono corsi a scaricare l’app Moments, mandandola automaticamente in vetta alle classifiche delle app più popolari; dall’altro un contingente di eterni delusi ha imbracciato i soliti forconi e ha ripreso a sgolarsi contro il colosso di Menlo Park. Ma se la prima reazione è comprensibile (ed è esattamente quella che Facebook cercava), la seconda dimostra che molti utenti non hanno ancora ben presente cosa sia Facebook e perché riesca a portare in cassa circa 1 miliardo di dollari ogni trimestre.

C’è un gigantesco malinteso, su cui Facebook (come altre compagnie hi-tech) specula da anni: ogni giorno milioni di utenti condividono contenuti personali come status, foto, video, link, commenti, e giorno dopo giorno il loro profilo Facebook diventa una sorta di ibrido tra un diario pubblico e una cassaforte personale. Il ragionamento, a livello superficiale, fila: a che pro dedicare decine di cartelle del proprio hard-disk alle foto dei vari eventi che punteggiano la nostra esistenza, quando Facebook mette a disposizione uno strumento per personalizzare gli album fotografici e, nel contempo, metterli in bella mostra con migliaia di “amici”?

Vero: i servizi gratuiti messi a disposizione da Facebook, Google e compagnia bella sono la soluzione più semplice per mettere in ordine il torrente di contenuti digitali che ogni giorno raccogliamo o produciamo, questo però non significa che siano anche la più conveniente.

Qualche anno fa circolava un ritornello che andrebbe riportato in auge e che recitava più o meno così: se non stai pagando per un prodotto, il prodotto sei tu. E si dà il caso che con Facebook il punto sia esattamente questo: se non hai mai pagato per avere le tue foto automaticamente sincronizzate su una cartella privata, è solo perché a Facebook faceva comodo mantenere te (e i tuoi dati) all’interno del proprio steccato; e se ora ti vuole costringere a scaricare le proprie app standalone, il motivo è lo stesso.

Già, perché il popolo dei forconi digitali non se la sta prendendo solo per Moments, il problema riguarda anche un’altra app, Messenger, che per l’ennesima volta è diventato obbligatorio scaricare, pena: non poter più gestire i messaggi Facebook da mobile. Ma come mai Facebook è così ossessionato dall’idea di “venderci” le proprie app esterne?

Fino a qualche anno fa la strategia di Facebook era dichiaratamente centripeta: l’imperativo era attirare più utenti possibili dentro lo steccato e assicurarsi che ci rimanessero, offrendo ogni settimana nuovi servizi e nuove scuse per non lasciare il social network. Ma questa strategia totalitaria non poteva competere con un rivale già ubiquo come Google, così Facebook ha ripiegato sul mondo mobile, scommettendo sulla crescita del settore app e sulla conseguente compartimentalizzazione dei servizi.

Una scommessa mica da ridere, considerando che per rilevare WhatsApp e Instagram ha scucito fior di quattrini, ma le previsioni si sono rivelate azzeccate: oggi Facebook è in grado di allungare i propri tentacoli in settori prima proibitivi, e ha a disposizione una serie di cavalli di Troia che può utilizzare per attrarre nella sua orbita utenti che non hanno alcun interesse a iscriversi al suo social network.

In quest’ottica, obbligando gli utenti a utilizzare Messenger e Moments, Facebook va a irrobustire delle app relativamente nuove che non possono competere con i rivali più diretti proprio a causa di un parco utenti limitato.

Il fatto che i competitor diretti siano WhatsApp e Instagram, ossia due proprietà di Facebook, non è un caso: comunque vadano le cose, Facebook vince. Non vuoi iscriverti a Facebook? Puoi scaricare Messenger dando solo il tuo numero di telefono.

Non vuoi scaricare Messenger e preferisci rimanere con WhatsApp? In ogni caso, Facebook ottiene i tuoi dati, e ti sta tenendo abbastanza vicino da aver modo in futuro di propinarti qualcos’altro. Discorso analogo vale per Moments e Instagram. L’unico interesse di Facebook è mantenere e allargare il proprio parco utenti, e attraverso mosse come questa si assicura di mettere in cassaforte i dati sensibili anche di tutti quelli che non vogliono iscriversi al social network ma vogliono condividere foto e scambiare messaggi con utenti Facebook.

Perciò, prima di lamentarci di come un colosso tecnologico tenti di ricattarci minacciando di cancellare il nostro archivio immagini, sarebbe il caso di ricordare che esistono app e piattaforme che offrono lo stesso tipo di servizio a costi irrisori; e che quando un utente comincia a pagare un servizio, diventa un cliente, e può rivendicare diritti a cui gli utenti social, volenti o nolenti, rinunciano in partenza.

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Fabio Deotto