Pocketsourcing, grazie agli smartphone troveremo sempre parcheggio
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Tecnologia

Pocketsourcing, grazie agli smartphone troveremo sempre parcheggio

Una app per sapere in modo attendibile se ci sono posti liberi. E Google potrebbe integrarla nelle mappe

A chiunque possiede un’auto, e non vive in un paesino da un migliaio di anime, sarà capitato più di una volta : sei in ritardo, devi parcheggiare, ma nella zona in cui devi andare non si trova un buco nemmeno a pagarlo oro; il risultato è che passi un’ora a girare in tondo, svuoti il serbatoio e arrivi all’appuntamento in ritardo drammatico, coi nervi a pezzi e un travaso di bile che colmerebbe una damigiana.

I ricercatori della State University of New York, a Buffalo, stanno cercando di risolvere questo problema sfruttando un’intuizione interessante. Utilizzando i dati raccolti dai sensori di unosmartphone è infatti possibile determinare se una persona sta camminando o se è seduta in auto, se l’auto è ferma o in movimento, se quando entra in un parcheggio rallenta e si ferma, oppure procede senza rallentare.

Ecco, i ricercatori di Buffalo hanno sviluppato un algoritmo che, combinando questi dati con quelli geolocalizzati di OpenStreeMap, è in grado di valutare, con una certa accuratezza, se un determinato parcheggio ha posti liberi.

Questo algoritmo è destinato a diventare un’app, chiamata PocketParker, che introdurrà nell’universo mobile un nuovo tipo di funzionalità, già asutamente battezzata “pocketsourcing”. Per testare questo nuovo software, i ricercatori di Buffalo hanno reclutato 105 utenti smartphone che per oltre un mese e mezzo hanno tenuto in tasca uno smartphone con l’app installata. Elaborando i dati relativi a 10.827 spostamenti automobilistici (in soldoni: quando un’auto parcheggiava e quando ripartiva), l’app ha dimostrato di saper prevedere con esattezza la disponibilità di un parcheggio cittadino nel 95% dei casi.

Nonostate l’app funzioni così bene, si trova fin da subito ad affrontare un ostacolo non da poco: “Finché non ci saranno abbastanza persone che la utilizzano, questo tipo di app non potrà funzionare bene.” spiega Geoffrey Challen, capo del team di ricerca.

In un panorama spietato come quello mobile, un limite del genere rischia di soffocare PockerParker nella culla. Ma è probabile che Challen e colleghi abbiano già fatto i dovuti calcoli e stiano riponendo le proprie speranze in una soluzione diversa da un’applicazione a sé stante.

Negli ultimi mesi, colossi come Google, Facebook e Amazon hanno incrementato la qualità e la quantità delle acquisizioni, ed è in questo tipo di panorama che un’app come quella di Challen potrebbe avere successo. Se è vero che ben pochi scaricherebbero un’app che potrebbe non funzionare al meglio, è anche vero che quasi tutti i possessori di smartphone hanno installata e utilizzano frequentemente Google Maps.

Non è difficile immaginare che, se PocketParker si dimostrerà davvero così efficiente, presto potrebbe essere inglobata nello sconfinato ecosistema Google, come funzionalità aggiuntiva delle sue già quotatissime mappe.

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Fabio Deotto