Mobile World Congress 2014: ecco quello che (non) vi siete persi
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Mobile World Congress 2014: ecco quello che (non) vi siete persi

Smartphone, tablet, smartwatch, processori e molto altro ancora: molte le novità presentate anche quest’anno a Barcellona. Nessuna, però, in grado di cambiare le regole del gioco

Cosa resterà di questo Mobile World Congress? Dopo aver trascorso qualche giorno fra i saloni della Nueva Fira Gran Via di Barcellona possiamo dirlo: il mercato dei dispositivi mobili è più vivo che mai, ma l’innovazione – quella vera – non è passata di qui. E insomma, se un dispositivo vecchio più di un anno (l’Htc One, uscito a febbraio del 2013) si è aggiudicato la palma di miglior terminale della manifestazione, qualcosa vorrà pur dire. Ad esempio che i produttori di smartphone non sanno più cosa inventarsi per cambiare le regole del gioco.

Primi sintomi di un mercato che comincia a dare segni di saturazione? Tutt’altro. Di novità ne abbiamo visto parecchie, forse anche troppe. Abbiamo visto device con processori sempre più potenti, display iper-risoluti, abbiamo indossato orologi e braccialetti stracolmi di sensori, ma nulla che ci abbia fatto davvero sobbalzare dalla sedia. Forse serve davvero un oggetto capace di rivoluzionare il mercato (i Google Glass?) o forse siamo semplicemente nel bel mezzo di una fase di transizione fra gli smartphone nati sotto il segno dell'iPhone e una nuova generazione di dispositivi capaci di coinvolgere i nostri sensi (tutti, non solo il tatto) in maniera molto più profonda.

Per il momento limitiamoci ad analizzare con spirito critico ciò che di meglio si è visto a Barcellona, provando a capire quali saranno i trend da seguire nei prossimi anni.

LA CLASSE MEDIA VA IN PARADISO
C’era una volta lo smartphone, oggetto desiderabile ma infinitamente costoso. Quel tipo di device, intendiamoci, c’è ancora; ma nel frattempo è stato affiancato da un’ondata di nuovi prodotti dal rapporto qualità-prezzo davvero sorprendente. Mai come quest’anno abbiamo visto tanti terminali (e così di buona qualità) nella fascia fra i 200 e i 300 euro. Merito di tutti quei produttori (orientali, ma non solo) che hanno trovato il modo (e le economie di scala) per fare dello smartphone un prodotto democratico. Lo è di certo il nuovo Ascend G6 di Huawei, terminale ultra sottile con connettività 3G e LTE da 229 euro, ma anche il nuovo Sony Xperia M2 (279 euro), il nuovo Htc Desire 610 (299 euro) così come le rinnovate famiglie middlerange di Lg (Serie LIII ) e Acer (Serie Liquid, da 99 a 199 euro). Come dire: se oggi non hai uno smartphone è perché non vuoi comprarlo, non certo perché non puoi permettertelo.

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SMALL, MEDIUM, LARGE: C’È UNA TAGLIA PER OGNI SMARTPHONE
I consumatori vogliono scegliere. In base alla propria disponibilità economica, certo, ma non solo. Il successo dei cosiddetti phablet – gli smartphone che volevano essere dei tablet – dimostra che, in molti casi, le dimensioni contano. E che c’è una taglia per ogni dispositivo. Così, per i produttori si è aperta ufficialmente la fase delle produzioni “a scalare”: prendi un progetto, fanne un format di successo e mettilo in commercio in varie metrature. Small, medium, large: non ci sono limiti, se non quello dei 7 pollici (una misura al di sopra della quale si sconfina nel campo dei tablet). Dalla teoria alla pratica il passo è breve: a dimostrarcelo Lg, con ben due nuove famiglie di prodotti scalati in base alle dimensioni del display (la già citata Serie LIII e la rinnovata Serie G ), Asus, con il suo Zenfone proposto in tre varianti (rispettivamente da 4, 5 e 6 pollici), Nokia, con le tre versioni del suo telefono Android-Soft (X, X+ e XL), HTC, con la proposta duplice dei nuovi Desire (da 4,7 e 5,5 pollici) e Alcatel con i due Alcatel On Touch della serie Idol, in versione standard e “mini”.

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ANDROID, IN TUTTE LE SALSE
Che Android sia il sistema operativo più diffuso al mondo non è una novità. E non sorprende nemmeno vedere che 9 produttori su 10 lo abbiano adottato. Quel che invece stupisce è vedere quanto sia sentita, in quasi tutti i player del settore, la necessità di distinguersi dalla massa presentando al mercato versioni “custom” del sistema operativo. L’esempio di HTC, che con la sua interfaccia Sense ha dimostrato che si può dare ad Android un volto diverso, sta facendo scuola. Samsung, Sony, ma anche Lenovo si sono cimentati nello sviluppo di interessanti personalizzazioni della piattaforma Google-based; ma l’Oscar per migliore interpretazione spetta senza dubbio a Nokia, che con la sua Serie X ha lanciato il primo telefono Android compatibile con le app e i servizi Windows.

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AAA NUOVI OS CERCASI
In un mercato nel quale Android sembra essere l’asso pigliatutto, c’è spazio per altri sistemi operativi? Nonostante il parere avverso degli analisti, c’è chi pensa positivo. Firefox, ad esempio, pensa sia arrivato il momento di dare ai consumatori un’alternativa altrettanto valida e aperta all’OS di Google. Così, dopo aver convinto produttori del calibro di Alcatel e Zte, il brand che ha dato i natali al browser Firefox si appresta a lanciare in collaborazione con Spreadtrum un dispositivo a prezzi stracciati (si parla di 25 dollari) con l’obiettivo di rivoluzionare il mercato dei Paesi emergenti. A movimentare il segmento dei sistemi operativi è arrivata anche la proposta di Ubuntu, che ha mostrato dal vivo la sua piattoforma “Touch” basata su Linux, installabile anche su dispositivi Android. Ma le novità più convincenti si sono viste su quei terminali che hanno scelto un’alternativa Android per creare prodotti completamente differenti in termini di finalità. È il caso di BlackPhone, lo smartphone “criptato” costruito intorno a un sistema operativo inedito (PrivatOS). L’obiettivo? Realizzare un telefono completamente inviolabile dagli hacker, Snowden compreso.

LA PROVA DEL 64 (BIT)
C’era da immaginarselo. L’uscita del primo telefono con architettura a 64 (l’iPhone 5S) ha scatenato l’immediata reazione di tutti i principali produttori di chipset. Aprendo, di fatto, una nuova fase di sviluppo nel mondo delle architetture mobili. Lo si è capito allo stand Qualcomm, ad oggi il primo produttore di processori per smartphon e tablet, incentrato intorno a due novità a 64 bit (Snapdragon 601 e 615) che promettono di superare le performance della CPU A7 di Apple. Intel, con il suo Soc dual core Moorefield, non è rimasta a guardare, ma è forse della taiwanese Mediatek la sfida più ambiziosa: portare i chipset da 64 bit anche sui dispositivi di fascia media.

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UN MERCATO CHE HA POLSO
Il dado è tratto. A distanza di nemmeno sei mesi dall’uscita del Galaxy Gear, il primo vero smartwatch per le grandi masse, il mercato è stato letteralmente invaso da un’ondata di nuovi dispositivi da polso. Aspettando le proposte di HTC, Motorola ed Lg (in arrivo nei prossimi mesi), il Mobile World Congress di Barcellona ci ha comunque mostrato alcune interessanti variazioni sul tema. Samsung ha presentato ben tre smart orologi motorizzati Tizen di cui uno (il Galaxy Neo, nell’immagine qui sotto) dotato di display ricurvo. Sony punta invece sul concetto di braccialetto passivo (senza cioè alcun display) che invia allo smartphone alcune informazioni sullo stato di salute (chilometri percorsi, calorie bruciate, battito cardiaco). Ma la proposta più interessante è firmata Huawei: si chiama Talkband ed è in buona sostanza un dispositivo da polso che oltre a monitorare alcuni parametri vitali (fra i quali anche la qualità del sonno) incorpora al suo interno un auricolare Bluetooth estraibile.

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Roberto Catania

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