iPhone 6 e Apple Watch, cosa convince e cosa no
Tecnologia

iPhone 6 e Apple Watch, cosa convince e cosa no

Sorprese e dubbi, gradite conferme e possibili scivoloni legati agli annunci dei nuovi prodotti di Cupertino

Premesso che non sarebbe corretto esprimere valutazioni sul piano del design sulla carta, senza tenere in mano o mettere al polso i prodotti svelati dalla Apple, è possibile fare alcune considerazioni sui punti di forza e alcune debolezze delle novità di Cupertino, ovvero l’iPhone 6 nella doppia versione dello schermo e l’Apple Watch, lo smartwatch della mela morsicata.  

COSA CONVINCE

Apple Pay
In tanti ci hanno provato, ma si sono fermati ai primi passi, al vorrei ma non posso. Il sistema dei pagamenti via iPhone e Apple Watch, così semplice, immediato, intuitivo (in fondo basta mettere il dito sul lettore dell’impronta digitale e il gioco è fatto) ha tutti i requisiti per sfondare. Anzi, per smaterializzare, rendere del tutto digitali, slegate da un pezzetto di plastica o da fogli di carta, le transazioni quotidiane. Almeno negli Stati Uniti, è evidente, dove non c’è questo amore cieco – e abbastanza immotivato– per il contante come da noi. Oltreoceano 220 mila punti vendita sono già pronti. Con numeri del genere, il successo è scontato o quasi. Nel Bel Paese ha una grossa chance per sfondare: deve, triste ma vero, diventare cool, alla moda.  

Le prestazioni del nuovo iPhone
È un must per la Apple mettere sotto il cofano motori più potenti rispetto alla generazioni precedenti, con incrementi percepibili sul piano delle prestazioni, soprattutto quando si stressa il melafonino con videogame in alta definizione e applicazioni complesse. C’è la diade tra il chip, siamo a quota A8, e il coprocessore di movimento, un secondo cervellone, o cervelletto, che lavora in parallelo e stressa meno la batteria. Tim Cook ha promesso sul palco durate più generose rispetto al 5S (soprattutto per l’iPhone 6 Plus), ma il discorso è già sentito. Per gioire, per sancire che le nostre speranze non sono illusioni, aspettiamo le prime prove sul campo. Anche perché è abbastanza evidente che il prodigioso, splendido, definitissimo display Retina HD, un bel po’ di carica andrà a papparsela.  

Il potenziale di Apple Watch
La combinazione tra touch e rotellina, se davvero si rivelerà efficace e intuitiva come ci hanno ampollosamente mostrato durante la presentazione sul palco, è la risposta al problema che tutti gli smartwatch portano con sé: interagire con uno schermo minuscolo. In tanti, sul fronte della concorrenza, hanno dato grande enfasi al ruolo della voce; la mela stessa ha parlato di piena integrazione con Siri, ma intanto le ha affiancato quest’altra strada. E poi ci sono le chicche, alcune divertenti, altre meno: il sistema che legge gli sms (prepariamoci a fiumi di polemiche sul fronte della privacy) e suggerisce le risposte in base al contenuto del messaggio; la possibilità di scambiarsi con altri utenti l’intensità del battito cardiaco (un’idiozia totale, ma diventerà la prova d’amore più vera, benedetta dalla matematica, tra gli innamorati. Potete scommetterci). L’impressione è che la differenza la faranno gli sviluppatori delle terze parti, sfornando effetti speciali. Niente male la carta d’imbarco sul polso, col countdown prima della partenza, per maniaci del controllo e ansiosi incalliti. Molto bene la possibilità, in alcuni alberghi, di aprire le porte della stanza con l’orologione di Cupertino. E però restano vaste zone d’ombra. Come leggerete tra poco.

COSA NON CONVINCE

Alcune funzioni di Apple Watch
Arriva nel 2015, dopo l’ondata di prodotti mostrati pochi giorni fa all’Ifa di Berlino (i migliori, a nostro avviso, ve li abbiamo raccontati qui ) e ha un prezzo di base di 349 dollari, quindi 349 euro, visto il solito spietato cambio alla pari tra le due valute. Tanto? Nemmeno troppo, se ci si pensa a fondo, per un’azienda che senza battere ciglio fa pagare computer e smartphone parecchio di più rispetto alla concorrenza. Soprattutto sul piano del fitness e del monitoraggio dello stato di salute, ma anche sulle notifiche e l’interazione con il cellulare (a proposito, si parte dal 5 in su, se avete un 4 o un 4S scordatevi l’Apple Watch) l’effetto wow non è arrivato. Certo, la mela ha fatto la sua fortuna trasformando l’ovvio, lo scontato, quello che altrove era prassi consolidata, in una meraviglia inedita, dunque potremmo essere smentiti in pieno dai fatti. Staremo a vedere l’anno prossimo.

La fotocamera del nuovo iPhone
Non siamo ingenui e sprovveduti, nel recentissimo passato altri modelli top di gamma (gli HTC One, per fare nomi e cognomi) hanno dimostrato che si possono scattare immagini superbe senza urlare megapixel a doppia cifra. E però abbiamo ancora negli occhi e nella testa i 20 abbondanti dello Xperia Z3, fresco di battesimo all’Ifa di Berlino, pensiamo alle soddisfazioni che ha dato l’autofocus laser del G3 di LG sposato con 13 megapixel e quegli 8 dell’iPhone 6 li troviamo un po’ strettini, tirchi, a maggior ragione perché per un refresh se ne parla come minimo tra un anno, quando gli altri (Nokia lo ha già fatto) veleggeranno, chissà, verso quota 40. Il sito della Apple magnifica il nuovo riconoscimento dei volti, un esposimetro più preciso, mostra sigle e unità di misura incomprensibili ai profani, e poi sentenzia: «fidati di iPhone 6». Ci fideremo. Non è che ci siano alternative.  

I prezzi di iPhone 6 Plus
Mai e poi mai vogliamo scivolare sulla buccia di banana del luogo comune, soprattutto parlando di un argomento poco serio come uno smartphone. E però chiedere fino a 1.059 euro per un telefonino da 5,5 pollici, che come prezzo di base ha comunque 839 euro, mentre altri produttori, cinesi in testa, scendono sotto i 500 (a volte ampiamente) per alternative degnissime, almeno a livello di prestazioni, potrebbe essere un autogol, un freno per le vendite del modello extra large della mela morsicata. È chiaro altresì che Apple non è per tutti, né mai ha voluto esserlo. Diciamo che non è mai stato tanto evidente come in questo caso.  

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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