Apple Pay, cos'è, come funziona, quanto è sicuro
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Apple Pay, cos'è, come funziona, quanto è sicuro

Tutto quello che bisogna sapere sul nuovo sistema di pagamento targato Cupertino

A metà tra l’ironico e il compiaciuto, noncurante dell’imperativo che vieta di ripetersi davanti a una platea, Tim Cook ha mostrato per due volte come funziona il sistema di pagamento Apple Pay, senza dubbio la novità più ghiotta associata all’iPhone 6, all’iPhone 6 Plus e all’Apple Watch, l’orologio intelligente di Cupertino.

Per saldare il conto in un negozio (al lancio in ottobre, almeno negli Stati Uniti, quelli attrezzati saranno più di 200 mila), basterà aprire l’applicazione Passbook, la stessa che utilizziamo oggi per conservare e mostrare le carte d’imbarco, le prenotazioni degli alberghi e i biglietti di alcuni eventi; scegliere quale carta di credito memorizzata in precedenza utilizzare; avvicinare lo smartphone a un piccolo aggeggio posto accanto alla cassa dell’esercente poggiando il dito sul lettore di impronte digitali del telefonino, identico a quello con cui sull’iPhone 5S sblocchiamo il cellulare senza digitare un codice. Niente di più: il gioco sarà fatto, sullo schermo visualizzeremo la nostra ricevuta con l’importo della transazione.

Il vantaggio è evidente: nessun portafogli da aprire, nessuno scambio di banconote, calcoli da fare per l’esercente che si concludono, troppe volte, con la consegna di uno sgradevole carico di monetine. Nessuna tessera da strisciare, documenti da esibire, ricevute da firmare. Tutto all’insegna della velocità, della comodità, della sicurezza: nessuno potrà copiare le cifre della nostra carta di credito o (all’estero non è poi così infrequente) imbrogliare sul resto. Non è una novità assoluta, ma il potenziale di Apple è quello di sdoganare tanto se non tutto. E magari consacrare la modalità per le spese quotidiane, anche piccole, irrisorie. L’incentivo è proprio la rapidità del meccanismo. Che si fonda sulla disponibilità di bordo sui nuovi melafonini della tecnologia Nfc, grande assente nelle generazioni precedenti e che consente lo scambio di dati a corto raggio, a breve distanza, tra due dispositivi. Nello specifico l’iPhone e il lettore del negozio.

E però Apple Pay non funzionerà soltanto negli store fisici, ma pure on line: potremo scegliere un prodotto in un sito di e-commerce e pagarlo con l’impronta digitale, senza lungaggini e passaggi multipli; analogo discorso per saldare il tragitto in app come Uber e affini; durante la presentazione si è anche parlato dell’acquisto dei deal di Groupon oppure di vedere il conto del ristorante in cui abbiamo appena cenato sullo schermo, scorrere la lista di piatti e vino per accertarsi che non ci siano errori e, di nuovo, far partire il pagamento senza scomodare un cameriere o sbracciarsi per chiamarlo.

Il pacchetto sarà lanciato a partire dal mese di ottobre negli Stati Uniti, più avanti - non è chiaro quando - altrove, Italia inclusa. Probabilmente ricorderete che prima di fare domande esistenziali a Siri abbiamo dovuto attendere un po’. A inizio 2015 sarà a bordo dell’Apple Watch, con una modalità molto simile: per autorizzare il pagamento, come mostra l’immagine qui sotto, è sufficiente premere due volte sul pulsante posto sul lato destro dell’orologio e avvicinarlo, ancora una volta, al lettore del negozio. Un bip e una piccola vibrazione confermeranno che tutto è andato a buon fine.

Ovvio che la sicurezza sia il requisito numero uno per la tenuta di un sistema del genere. Sicurezza enfatizzata dalla presenza dell’impronta digitale, garanzia del fatto che nessuno possa fingere di essere noi. Sicurezza, però, in primis, che va garantita alla carta o le carte di credito associate al sistema. Per memorizzarle su Passbook, basta digitare le sedici cifre e il codice di tre sul retro sul telefono o, persino, scattare una foto con la fotocamera. A quel punto i dati non vengono trasferiti su iCloud, di recente oggetto di intrusioni con imbarazzante pubblicazione di foto di celebrità senza veli, ma restano salvati, criptati, in un angolo dello smartphone. Cupertino parla di un chip dedicato allo scopo. Nulla finisce nei server della mela, strada che genererebbe un traffico che potrebbe essere in qualche modo intercettato.

A ogni transazione, inoltre, è associato un numero unico che serve a identificarla e autorizzarla. Significa che le cifre della carta di credito non vengono comunicate nemmeno all’esercente. E se il telefono viene perso a rubato, lo si può bloccare o cancellare a distanza con i classici strumenti come «Trova il mio iPhone». Eliminando il contenuto della memoria, di fatto sparisce ogni traccia delle carte di credito memorizzate. Rendendo persino superfluo bloccarle, passo invece necessario (e scomodo, fastidioso) con gli strumenti di pagamento tradizionali.          

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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