Apple abbandonerà (finalmente) il design rétro di alcuni programmi?
Tecnologia

Apple abbandonerà (finalmente) il design rétro di alcuni programmi?

L'azienda di Cupertino è malata di «skeuomorfismo», filosofia cara a Steve Jobs e portata avanti, finora, dall'epurato Scott Forstall

Il blog americano Gizmodo ha sintetizzato il punto in maniera ironica, ma incredibilmente efficace: «Perché la Apple fa sembrare ogni cosa come uscita da un brutto e selvaggio West?». Il riferimento è a tutta una serie di funzioni e applicazioni che troviamo sia sui dispositivi fissi e mobili della mela: il blocco note, per esempio, con la carta giallognola e l’effetto di pagina strappata in alto; la rubrica degli indirizzi, che ha la forma e la consistenza di un libro stampato e rilegato; il calendario, con quell’effetto legnoso da scrittoio che non vede l'ora di assorbire la polvere.

La Apple, e non è l’unica, è malata di «skeuomorfismo», per usare un neologismo che italianizzi il termino inglese «skeuomorphism». Si tratta, affidandoci alla definizione data da Nicholas Gessler, antropologo dell’università della California, «di una logica secondo la quale un’interfaccia è più intuitiva e usabile, se l’utente ne capisce le funzioni in base alla sua conoscenza di un oggetto analogo che sta replicando». Detto in modo meno avvitato e più diretto, significa che capisco come usare un blocco note sul computer se ha la forma di quello nella realtà fisica; o che, mentre sto leggendo un libro digitale, mi piace l’idea che le pagine si sfoglino virtualmente una dopo l’altra. E non importa che quell’animazione mi faccia perdere dei secondi che, sommati insieme, diventano minuti, ore, di lettura persa.

Il punto è che, secondo la maggior parte degli analisti, lo skeuomorfismo appartiene a un'era primoridiale della tecnologia. Quella in cui la tecnologia stessa era qualcosa di così nuovo, così di rottura di abitudini consolidate, che poteva spaventarci, intimorirci, frenarci nell’uso. Da qui l’esigenza di aprire una via per aiutarci e metterci a nostro agio, proprio riproducendo nel mondo di bit usi, stilemi e situazioni che siamo abituati a masticare con tranquillità nella vita quotidiana. Non è un caso dunque che la schermata principale di un sistema operativo si chiami desktop, scrivania, dove le icone sono gli oggetti che usiamo di più e che disponiamo, in ordine o alla rinfusa, in base alla nostra indole. O che la casella di posta elettronica richiami una cassetta della posta, o un francobollo, di nuovo un elemento fisico, trasferendoci nel mondo della mela. E gli esempi si sprecano: i programmi musicali ricordano un juke-box, in quelli di fotoritocco c’è abbondanza di pennelli, secchielli e compagnia.

Ecco, la cosa che forse non tutti sanno è che Steve Jobs era un fan, un grande sostenitore dello skeuomorfismo. D'altronde è un approccio estremamente coerente con la sua filosofia di rendere la tecnologia e i suoi contenuti alla portata di tutti, usabili in modo immediato, senza tortuosità o perdite di tempo. E Scott Forstall è sempre stato garante e continuatore di un approccio che però, a lungo andare, ha reso barocche, un po’ troppo caricate (secondo alcuni caricaturali), certe funzioni e programmi made in Cupertino. Il motivo è terribilmente logico: ormai in molti si muovono più agevolmente nel mondo virtuale che in quello reale. O, senza estremizzare, abbiamo imparato tutti a cosa serve un calendario, un promemoria o un software per gestire la posta elettronica: anche se non c’è l’animazione di un messaggio che parte quando prendiamo invio o se non ci si palesa di fronte agli occhi un look da vecchia pesante libreria quando dobbiamo scegliere un eBook.

Forse da questo punto di vista, arroccata sulle sue posizioni, la Apple è rimasta un passo indietro rispetto ai suoi diretti concorrenti. Pensiamo all’interfaccia del nuovo Windows 8, ma anche a tutta la galassia Android, dove sì tutto è più basico, ma ogni singolo pixel, ogni piccolo millimetro (che, credeteci, in uno schermo da 4 pollici fa la differenza) è sfruttato con coerenza. Comunque senza orpelli, senza abbellimenti.

I fatti sono noti: Scott Forstall non ha più i titoli per impostare alcuna strategia a Cupertino. E il suo antagonista, Jonathan Ive, il capo supremo del design, ha più di una volta – lo ricorda l’Economist in una lucida analisi – pubblicamente espresso la sua contrarietà a questo tipo di approccio. Dunque, presto, potremmo assistere a una piccola rivoluzione copernicana nel look dei programmi. Anche se a quel punto, ne siamo sicuri, qualcuno dirà che sono troppo freddi e arriverà a rimpiangere il vecchio aspetto legnoso e ingiallito.  

Twitter: @marmorello

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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