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Qual è la verità su Trump e Kaspersky

Il governo USA ha vietato alle agenzie federali di installare i software della multinazionale russa. Decisione tecnica ma anche politica

Non abbiamo mai collaborato con la Russia per spiare i governi nel mondo”. Questo ha detto Eugene Kaspersky dopo la notizia degli USA di mettere al bando dai computer federali i famosi software di difesa informatica prodotti dalla sua azienda.

Il motivo? Le versioni create ad-hoc per enti e uffici pubblici (di solito distinte dal suffisso enterprise) potrebbero contenere linee di codice maligno, con il fine di aprire un accesso privilegiato all’interno delle infrastrutture governative. Nulla di così difficile in tempi in cui con un semplice virus installato sullo smartphone si riesce a ottenere praticamente tutto quello conservato in memoria. Figuriamoci quando di mezzo ci sono macchine complesse, ma spesso ben poco protette, come i computer, ricche di informazioni e possibilità di intrusione.

Come mai Trump è arrivato a una decisione del genere e solo adesso? C’entrano qualcosa i suoi rapporti con la Russia?

Segnale al Russiagate

È alquanto evidente che una mossa del genere sia figlia dell’impasse politico che ha preso il nome di Russiagate. Con l’obiettivo di lanciare un segnale forte verso l’opinione pubblica, il Presidente avrebbe trovato in Kaspersky il capro espiatorio ideale per mostrare il pugno duro contro Mosca, bluffando una misura a danno del sistema ma danneggiando in realtà solo un’azienda e non tutto il Cremlino. Il fatto è che le paranoie da guerra fredda dell’inquilino della Casa Bianca sono tutt’altro che campate in aria.

Russiagate: una bufera su Trump e sugli Usa


Eugene Kaspersky, ex del KGB?

Circa cinque anni fa, scrivevamo dei crescenti dubbi tra il coinvolgimento dei Kaspersky Lab in alcune attività del governo russo. La multinazionale (che è pure main sponsor della Ferrari) esperta di cybersecurity non solo è tra le poche ad aver ottenuto l’autorizzazione a vendere software al Servizio di Sicurezza Federale (FSB) ma pare avesse anche beneficiato di un accordo di fornitura extra per la Banca Centrale della Russia in un periodo di difficoltà economica che la stava portando alla bancarotta.

Come se non bastasse, nel 2010 il Guardian aveva aperto la strada alla teoria sulle interferenze tra antivirus e divisioni militari del paese quando se ne uscì con “l’uomo che combatte i cyber criminali è un ex-KGB”, dichiarazione che fu poi costretto a ritrattare per mancanza di prove, sebbene vi siano documenti che confermano come Eugene abbia studiato qui, presso l’accademia nazionale dei servizi segreti.

Scontro virtuale

L’intreccio politico-tecnologico-economico tra USA e Russia è un bandolo dalla difficile matassa. Prima Trump si è mostrato aperto nei confronti delle idee di Putin, poi ne ha preso le distanze a seguito delle accuse di hacking pre e post voto e infine ha attaccato indirettamente Kaspersky vietandone i programmi ai suoi dipendenti.

Non bisogna dimenticare che a gennaio di quest’anno un ex tecnico della compagnia di sicurezza informatica, tale Ruslan Stoyanov, è stato arrestato per aver fornito a organizzazioni straniere (teoricamente anche statunitensi), sotto pagamento, informazioni statali riservate. Stoyanov, accusato assieme a Sergei Mikhailov, vice direttore del Centro per la sicurezza delle informazioni dell'FSB, aveva lavorato per anni al Ministero dell’Interno di Mosca, un altro piccolo tassello dei legami tra governo e azienda.

Guerra semifredda

È chiaro dunque che la paura di un virus che i software di Kaspersky potrebbero diffondere nei computer federali statunitensi è fondata, seppur mai verificata da fatti concreti, nemmeno in passato. Eppure le alte cariche della società non fanno che difendersi, rimandando le pesanti insinuazioni al mittente. “A quanto pare la Kaspersky Lab è stata coinvolta in una diatriba geopolitica nella quale ha assunto il ruolo di pedina” – sono le dichiarazioni di qualche giorno fa.

Kaspersky Italia

Simili a quelle che ci ha rilasciato in esclusiva Morten Lehn, general manager della divisione italiana di Kaspersky Lab: “Siamo tra le aziende leader nel campo della sicurezza digitale, collaboriamo con tanti stati a livello globale, ed è per questo che spesso veniamo tirati in ballo per situazioni nelle quali c’entriamo davvero poco. Anche in passato hanno tentato di incastrarci per giustificare alcune operazioni ma noi continuiamo a fare il nostro lavoro con trasparenza e dedizione, certi di essere nel giusto”.

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Antonino Caffo

Nato un anno prima dell’urlo di Tardelli al Mondiale, dopo una vita passata tra Benevento e Roma torno a Milano nel cui hinterland avevo emesso il primo vagito. Scrivo sul web e per il web da una quindicina di anni, prima per passione poi per lavoro. Giornalista, mi sono formato su temi legati al mondo della tecnologia, social network e hacking. Mi trovate sempre online, se non rispondo starò dormendo, se rispondo e sto dormendo non sono io. "A volte credo che la mia vita sia un continuo susseguirsi di Enigmi" (Guybrush Threepwood, temibile pirata).

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