Facebook: 10 anni tra hacker e problemi di privacy
Andrew Feinberg, Flickr
Tecnologia

Facebook: 10 anni tra hacker e problemi di privacy

Il social network festeggia la prima decade. Ma quanti brividi in questi anni

Qualcuno sostiene che Facebook sta perdendo molto del suo appeal primordiale. Non ci sono più giovani, i contenuti sono saturi, insomma non c’è più innovazione. Eppure 1 miliardo di persone lo popola tutti i giorni, ci naviga, affida alla piattaforma le proprie paure, gioie e idee. La fama di Facebook è andata di pari passo con i problemi nel gestire una community totale di tale livello. Non si tratta solo di saper controllare quello che si scrive nelle varie zone del mondo, o come vengono veicolate le informazioni sul social, quanto di saper proteggere le numerose informazioni personali immesse in uno dei database più grandi mai esistiti sul pianete; con buona pace della NSA.

I primi anni

Si trattava di giorni in cui nemmeno tra gli esperti si parlava di problemi di privacy. Al massimo si cercava di non lasciare il portafogli in giro l’auto aperta. Non c’era il cloud, non si parlava di big data e ci si spiava con il binocolo. Eppure dentro Facebook c’erano già tutte le potenzialità per consentire la violazione del profilo di un iscritto.  All’epoca esisteva una password, conosciuta come “master” e in possesso solo degli addetti ai lavori, con cui si poteva accedere ai dati di qualsiasi utente, compresi i messaggi e le informazioni personali.

Dicembre 2009: il primo cambio alle impostazioni di privacy

In uno dei suoi aggiornamenti, Zuckerberg consiglia agli utenti di controllare le proprie impostazioni personali che potrebbero rivelare dati sensibili a chiunque accedi alla piattaforma, anche se non amico. L’avviso arriva dopo che il social network aveva introdotto una serie di nuove funzioni di protezione che, se non correttamente settate, potevano esporre i dati di milioni di persone in maniera globale. In precedenza il problema non sussisteva: Facebook era un recinto sospeso, con le informazioni individuali disponibili solo agli amici della rete.

Dicembre 2012: revisione della privacy

Altro anno, altra corsa. In questo caso però si tratta di un’importante implementazione. Adesso i controlli di privacy si trovano sulla homepage del sito, in un menu a discesa che includono la possibilità di inviare una richiesta di rimozione di un tag associato al nostro nome, su post, foto o video. Dubbi però sulla semplicità di accesso alle funzioni.

Agosto 2013: l’hacker palestinese

Un ricercatore di sicurezza pensava di fare un favore a Zuckerberg, e invece no. Dopo aver tentato di contattare il team di sviluppatori, Khalil Shreateh, un IT della Palestina, decide di andare direttamente alla fonte, hackerando il profilo di Mark Zuckerberg. L’effetto è quello di puntare il dito contro le vulnerabilità della piattaforma. Proprio quello che Khalil aveva cercato di dire.

Ottobre 2013: il bug di Graph Search

Da noi non è ancora arrivata, ma la ricerca grafica di Facebook è stata rodata già da un po’ Oltreoceano. Durante lo scorso ottobre gli utenti hanno evidenziato come tutti i post realizzati, sin dalla pubblicazione del social network, fino a quel momento, erano diventati ricercabili. Anche quelli più imbarazzanti e considerati oramai preistoria.

Novembre 2013: svelata la lista amici anche se privata

Coloro che non vogliono rendere nota la lista di amici sul social network possono cambiarne l’impostazione di privacy e renderla privata. Uno dei modi con cui si piò preservare l’identità della propria rete agli occhi di tutti gli iscritti. Eppure Irene Abezgaus della società di sicurezza Quotium, lo scorso novembre ha scoperto un modo tramite il quale qualsiasi utente di Facebook, che sia uno stalker, troll o semplice utente, poteva vedere le liste amici di chiunque, anche se private. Per accedere bisognava solo creare un falso accont e inviare una richiesta di amicizia alla persona con la lista da spiare. In pratica la lista restava privata solo ai “non amici” e non per tutti.

Gennaio 2014: i giorni nostri

Siamo ad oggi, quando una class action contro Facebook sostiene che il social network spii i messaggi privati tra gli iscritti, con il fine di rilevare eventuali link all’interno per vedere dove portano. Più in fondo, viene riconosciuto come la policy di Facebook permetta a Zuckerberg di ricevere informazioni ogni volta che un utente interagisce con il sito, sia esso su Like, una condivisione o un commento. Ma questo lo sapevamo già.

 

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Antonino Caffo

Nato un anno prima dell’urlo di Tardelli al Mondiale, dopo una vita passata tra Benevento e Roma torno a Milano nel cui hinterland avevo emesso il primo vagito. Scrivo sul web e per il web da una quindicina di anni, prima per passione poi per lavoro. Giornalista, mi sono formato su temi legati al mondo della tecnologia, social network e hacking. Mi trovate sempre online, se non rispondo starò dormendo, se rispondo e sto dormendo non sono io. "A volte credo che la mia vita sia un continuo susseguirsi di Enigmi" (Guybrush Threepwood, temibile pirata).

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