Usa e Israele: i segreti della cyberwar contro l'Iran
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Usa e Israele: i segreti della cyberwar contro l'Iran

Interessi economici e politici dietro la guerra digitale partita con il worm Stuxnet. Tra Washington e Teheran è già battaglia e questi indizi lo dimostrano

Si può essere in guerra e non accorgersene? Se molti pensano che servano ancora bombe, carri armati, raid aerei o manovre navali si sbaglia. Troppo spesso ci si dimentica che è in atto una guerra globale, che non coinvolge singoli individui e organizzazioni ma interi paesi. Come scrive il sito Tablet Mag, la guerra, o meglio la cyberwar, più importante alla quale stiamo assistendo è quella tra Occidente e  Medio Oriente, rispettivamente tra Stati Uniti e Iran. Si tratta di una guerra per le informazioni portata avanti come campagna contro la conoscenza, intesa come sapere di nozioni che potrebbero porre fine agli equilibri politici mondiali già alquanto precari. L’Iran sa troppo e potrebbe mettere il suo sapere al servizio di una battaglia contro gli infedeli occidentali, quindi va fermato.

La scorsa settimana il capo della cyber-intelligence iraniana Mojtaba Ahmadi è stato trovato morto con due proiettili al petto, l’ultimo di una serie di vittime collegate alla guerra digitale. “L’obiettivo è colpire le informazioni e la conoscenza dell’Iran– si legge su Tablet Mag-  divenute di estremo interesse dopo l’attacco della joint venture USA-Israele con il worm Stuxent contro l’impianto di arricchimento di uranio a Natanz”. L’Iran non ha mai nascosto i suoi obiettivi e nemmeno le sue competenze in materia informatica. Anzi, con l’economia iraniana paralizzata e una moneta in caduta libera, il regime di Teheran guadagna non poco dall’ingresso di giovani militanti nel suo esercito cyber.  

Anche il digitale uccide

È bene pensare che una guerra classica per fermare il programma nucleare dell’Iran in Medio Oriente non solo sarebbe improbabile da parte degli Stati Uniti ma trascinerebbe il governo in un’altra situazione critica con il pubblico statunitense già stanco per lo spargimento di sangue in Iraq e le operazioni in Afghanistan. Non c’è di meglio che combattere sul fronte digitale dove, almeno a prima vista, di morti non sembrano esservene. Eppure l’uccisione di Ahmadi e, in precedenza, di cinque scienziati nucleari iraniani dimostra proprio il contrario. Il panorama è tanto chiaro quanto ambiguo. Da una parte l’Iran che è pronto a negoziare il programma nucleare con gli USA, dall’altro il continuo addestramento nei sottoborghi della rete di nuovi cyber-militari. Non a caso il Dipartimento di Stato americano ha spinto il Congresso a ritardare le sanzioni per paura di compromettere i colloqui in corso, come ha scritto qualche giorno fa il Los Angeles TImes.

Il ruolo di Mojtaba Ahmadi

Ma che ruolo ha la politica nell’ottica della cyberwar in Iran? Secondo Stefano Mele, Coordinatore dell’Osservatorio “Infowarfare e Tecnologie emergenti” dell’Istituto Italiano di Studi Strategici Niccolò Machiavelli: “Allo stato attuale non ci sono elementi tali da far emergere o anche solo presagire delle vere e proprie attività di cyberwar da parte del governo iraniano contro gli Stati Uniti. Per quanto si possano evidenziare dei chiari indicatori dell’enorme attenzione a livello governativo che il cyberspazio ha avuto in Iran dall’estate del 2010 in poi (dal famigerato attacco di Stuxnet, per intenderci), ben poco è dato sapere, almeno da fonti pubbliche, sulla loro applicazione pratica. L’unico caso di attività di attacco cibernetico finora imputato al governo iraniano (peraltro non in completo accordo da parte della comunità internazionale di esperti) è quello contro i sistemi elettronici di Saudi Aramco attraverso l’utilizzo del malware Shamoon. Un attacco abbastanza “primitivo”, ma tale da porre in evidenza un processo evolutivo da parte dello Stato. La politica di apertura verso l’Occidente da parte di Hassan Rouhani non andrà a modificare lo sviluppo delle potenzialità iraniane nel settore, in quanto il cyberspazio rappresenta in Iran, come in tutti gli altri Paesi, uno strumento non influenzato direttamente dalle politiche internazionali dei governi”. 

Il controllo del sistema finanziario

Per Juan C. Zarate, ex funzionario del Dipartimento del Tesoro durante l’ultimo governo Bush e autore di Treasury's War: The Unleashing of a New Era of Financial Warfare, gli Stati Uniti e Israele stanno approfittando del sistema finanziario globale che lega assieme tutte le economia del mondo per mettere al muro paesi come l’Iran, partendo dalla lotta alla produzione di conoscenza. “La Repubblica islamica può ancora puntare al nucleare. Questo dipenderà dalla volontà e dall’impegno di Teheran, così come dalla determinazione di Washington e di Gerusalemme per impedirlo. Eppure, in termini globali, i due alleati hanno già trasformato la resa dei conti sul nucleare in un banco di prova per un nuovo modo di fare guerra, che utilizza lo stesso linguaggio (sanzioni, intimidazioni) su piattaforme decisamente diverse”.  Questa nuova forma del conflitto umano non è tanto lontana da quella che conosciamo e sostanzialmente non la sostituirà. Ci saranno ancora vittime, carnefici, sanzioni e termini di resa. Quello che si aggiunge è la guerra in rete, come altra dimensione su cui scontrarsi, divenuta importante quando gran parte dell’economia (e dei suoi meccanismi) ha cominciato a spostarsi sul digitale.

 

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Antonino Caffo

Nato un anno prima dell’urlo di Tardelli al Mondiale, dopo una vita passata tra Benevento e Roma torno a Milano nel cui hinterland avevo emesso il primo vagito. Scrivo sul web e per il web da una quindicina di anni, prima per passione poi per lavoro. Giornalista, mi sono formato su temi legati al mondo della tecnologia, social network e hacking. Mi trovate sempre online, se non rispondo starò dormendo, se rispondo e sto dormendo non sono io. "A volte credo che la mia vita sia un continuo susseguirsi di Enigmi" (Guybrush Threepwood, temibile pirata).

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