C’era una volta il Datagate: facciamo il punto sulla riforma della NSA
Guian Bolisay, Flickr
Tecnologia

C’era una volta il Datagate: facciamo il punto sulla riforma della NSA

Gli USA si trovano al bivio: il 1 giugno scade la norma che permette alle agenzie di spiare (anche) il web. Intanto l’Europa stringe con Obama

Luglio 2013: Edward Snowden svelava al mondo il Datagate. Maggio 2015: nulla è cambiato, o quasi. Al di là di smuovere le fin troppo torbide coscienze americane e continentali, le conseguenze del monitoraggio globale di massa non si sono ancora avvertite almeno non a livello istituzionale. Nell’ambito dei complicati rapporti tra whistleblowers e governi ad oggi abbiamo avuto un esilio in Russia (Snowden appunto), uno a Londra (Julian Assange) e una condanna minima, ma pesantissima, per Bradley Manning, ora Chelsea, ex-informatore di WikiLeaks per alcune vicende legate alle frettolose azioni dell’esercito americano in Iraq.

Del cambio di passo dell’Intelligence statunitense invece non si sa più niente. Dopo i proclami di gennaio 2014 Obama ha compiuto un paio di uscite studiate a tavolino per tranquillizzare tutti i cittadini circa lo studio di una soluzione per il caso della sorveglianza da mettere nelle man di figure terze atte a decidere quando e dove la NSA può muoversi e bloccarne lo spionaggio se dovuto. L’avanzare del terrorismo di matrice islamica dell’Isis e l’interesse di preservare la sicurezza internazionale hanno consentito allo status quo di proseguire indisturbato, ma non ancora per molto.

La sezione 215

Il 1 giugno scade infatti la sezione 215 del Patriot Act, quella che permette alle agenzie americane, FBI in primis, di intercettare e seguire determinate persone etichettate come possibili minacce o connesse a terroristi. Da una parte c’è chi propugna l’adozione del Surveillance State Repeal Act, che vuole abolire del tutto la norma patriottica, e chi invece vorrebbe proseguire sulla falsariga avviata con George W. Bush della presunzione di colpevolezza, ovvero del teorema secondo cui “tutti possiamo essere colpevoli di qualcosa”. La verità come spesso accade sta nel mezzo che nel caso del Datagate si traduce in una riforma dei compiti della National Security Agency e delle decisioni del tribunale del FISA, l’organo che secondo il Foreign Intelligence Surveillance Act, ha il compito di accettare o negare le richieste di accesso a dati e informazioni personali compiute in via analogica o telematica.

USA Freedom Act

Lo USA Freedom Act (Uniting and Strengthening America by Fulfilling Rights and Ensuring Effective Discipline Over Monitoring) è la legge che potrebbe cambiare le cose, visto che vieta l’accesso privilegiato delle agenzie USA e relative associate agli archivi di compagnie telefoniche e di telecomunicazione ma non ne blocca la raccolta da parte delle stesse per un accesso futuro legato a concrete indagini sulla sicurezza. Prevede inoltre diversi obblighi di declassificazione delle decisioni giudiziarie del tribunale del FISA e ulteriori garanzie alla privacy delle persone. Quello che ad oggi abbiamo è un plauso bipartisan verso la proposta che si appresta a varcare le soglie della Camera dei Rappresentanti e poi del Senato dopo essere stata già accolta in via preliminare.

L’Europa non sta a guardare

La pressione dell’Unione Europea sulla riforma della NSA si è fatta sentire sin da subito e prosegue senza sosta. Molto si deve all’indignazione espressa dal cancelliere Merkel quando ha saputo dell’esistenza di microspie in vetta al Bundestag, il Parlamento tedesco. Da quel momento Angela si è legata al dito la necessità di rimettere al suo posto gli States e la pretesa di poter fare un po’ quello che vogliono con i navigatori della rete, gli utenti dei cellulari e praticamente chiunque abbia una vita sociale al di fuori di casa propria. Come ha spiegato la Reuters qualche giorno fa, durante un recente incontro tra Obama e la Merkel, il presidente ha chiesto all’Europa di pazientare ancora visto che i tecnici sono al lavoro per apportare le dovute modifiche alle leggi (da tre anni). “Non c’è dubbio che le rivelazioni di Snowden abbiamo danneggiato la figura degli Stati Uniti nell’ideologia tedesca – aveva detto Mr. Obama – ma vorrei che i cittadini tenessero bene a mente che gli USA hanno sempre lavorato per far rispettare i diritti civili in ogni situazione. Dateci almeno il beneficio del dubbio”.

Obama ci ha provato

Secondo qualcuno le parole di Obama più che di resa profumano di strategia napoleonica. Invece di agire chiaramente per una netta riforma legislativa, il presidente pare chiedere alla Germania di accordarsi alla buona, almeno per il momento, su cosa la NSA può e non può fare soprattutto in un momento storico delicato per l’avanzata dell’Isis. Merkel, che non ha intenzione di interpretare il ruolo di vittima sacrificale, spinge invece per ottenere un documento che attesti la totale indipendenza dell’intelligenze a stelle e strisce nei confronti dell’Europa e una netta limitazione del ruolo della GCHQ (partner britannica della NSA) nel vecchio continente. Intanto il 1 giugno si avvicina, con repubblicani e democratici pronti a cambiare la storia, che Obama lo voglia o meno.

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Antonino Caffo

Nato un anno prima dell’urlo di Tardelli al Mondiale, dopo una vita passata tra Benevento e Roma torno a Milano nel cui hinterland avevo emesso il primo vagito. Scrivo sul web e per il web da una quindicina di anni, prima per passione poi per lavoro. Giornalista, mi sono formato su temi legati al mondo della tecnologia, social network e hacking. Mi trovate sempre online, se non rispondo starò dormendo, se rispondo e sto dormendo non sono io. "A volte credo che la mia vita sia un continuo susseguirsi di Enigmi" (Guybrush Threepwood, temibile pirata).

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