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Quora, cos’è e come funziona

Il servizio che permette agli utenti di fare domande (e ricevere risposte) da oggi è anche in Italiano: le sue peculiarità spiegate dal fondatore

Che il Web sia il più straordinario contenitore di informazioni mai partorito dal genere umano non ci sono dubbi. Sul fatto che questo sterminato patrimonio di conoscenze sia sempre attendibile e centrato rispetto alle nostre domande (e di conseguenza alle nostre aspettative) si può invece discutere. Google, come noto, lavora in base al criterio di rilevanza e pertinenza, il che non sempre si traduce in risposte precise, profonde, soddisfacenti.

È questo, in fin dei conti, il motivo che ha spinto un ex super manager di Facebook, Adam D’Angelo, a fondare nel 2010 Quora, forse il tentativo finora più riuscito di mettere ordine nel mare magnum di contenuti creati dagli utenti. Quora non è un social network né un’enciclopedia digitale alla Wikipedia, quanto piuttosto la piazza virtuale che fa incontrare chi ha dei quesiti - cui evidentemente il Web tradizionale non ha saputo dare risposta - con chi ha (o presume di avere) le carte in regola per replicare.


Le differenze con Yahoo (e Google) Answers
"È un luogo aperto a tutti e nel quale la conoscenza è condivisa", ci spiega lo stesso D’Angelo: "Tutti possono chiedere qualcosa, tutti possono rispondere. Spesso chi viene su Quora ha già consultato Wikipedia e altri siti Web: in molti casi c’è solo la volontà di approfondire una tematica andando oltre ciò che è già stato letto, in altri c’è il desiderio di avere un punto di vista differente o l’opinione diretta di quelle persone che hanno vissuto dal vivo una determinata esperienza raccontata dai media. Chi sta nel mondo reale ha spesso molte più informazioni di quelle che si trovano su Internet".

In questo senso Quora può essere considerato l’evoluzione di Yahoo Answers, insieme al dismesso Google Answers il primo vero servizio capace di radunare le domande e le risposte degli utenti. La differenza rispetto a questi precursori, ci tiene però a precisare il CEO e fondatore del servizio, sta nella qualità delle risposte. "La vera mission di Quora sta nel capire a fondo le domande e portarle al cospetto delle persone più qualificate. Per farlo utilizziamo il machine learning, algoritmi che non si sostituiscono all’uomo ma lo aiutano a capire chi è la persona migliore per rispondere a una determinata domanda e allo stesso tempo per mostrare le risposte migliori alle persone più interessate a quell'argomento".

Il tutto secondo criteri di trasparenza e meritocrazia. Perché - si sa - quando ci sono di mezzo i contenuti generati dagli utenti il rischio di incappare nel troll di turno o più banalmente nel rumore di fondo è piuttosto elevato. "Gli utenti possono vedere se chi ha maturato particolari esperienze in quel campo, se arriva da una determinata azienda, se è un ricercatore o ha eseguito studi di alto livello. E possono naturalmente votare e commentare le risposte".

Tanti buoni motivi per intervenire
Se è facile capire cosa spinga un utente a farsi delle domande (e a pubblicarle sul Web) più difficile comprendere perché mai una persona, magari molto autorevole e altrettanto impegnata, possa spendere parte del suo tempo per rispondere a quesiti provenienti da perfetti sconosciuti. "Le motivazioni sono tante e di varia natura", spiega d’Angelo; "in molti casi c’è una grande passione, in altri c’è il desiderio di condividere esperienze davvero specifiche, in altre ancora c’è la volontà di accreditarsi come esperti in un determinato settore, qualcosa che ha a che fare con la reputazione. C’è chi è diventato piuttosto conosciuto grazie a Quora: in fin dei conti è un luogo che permette di raggiungere un’audience davvero importante".

Non è un caso che fra i contributor del servizio ci siano personalità del calibro di Barack Obama, Sundar Pichai (CEO di Google), Jimmy Wales (fondatore di Wikipedia) o Daniel Ek (CEO di Spotify).

Risposte che valgono, anche sul piano economico
Ad oggi sono già 190 milioni i visitatori unici mensili di Quora, ma l’arrivo delle nuove versioni localizzate del sito - quella in Italiano è attiva da oggi in versione beta - potrebbe dare un’ulteriore spinta alla crescita. Anche sul piano dei profitti.

Su questo fronte non ci sono grandi sorprese. Il modello di business scelto da Quora si fonda perlopiù sulla pubblicità. "Potendo trattare di argomenti così disparati possiamo dare agli inserzionisti la facoltà di selezionare un preciso target di riferimento", precisa D'Angelo; "significa poter parlare a chi conosce bene una determinata materia". Perché va da sé: chi pone domande su certi prodotti o su certi servizi sarà presumibilmente intenzionato ad acquistarli.

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Roberto Catania

Faccio a pezzi il Web e le nuove tecnologie. Ma coi guanti di velluto

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