Presto la tua auto diventerà un'antenna su ruote
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Tecnologia

Presto la tua auto diventerà un'antenna su ruote

Le vetture potranno ospitare ricevitori che distribuiscono il segnale della rete dati a smartphone e tablet nei dintorni

Tutte le auto del futuro saranno connesse a internet. Direttamente, grazie a una sim inserita da qualche parte nel cruscotto, oppure tramite uno dei tanti gingilli elettronici con cui parleranno senza fili, di regola via Bluetooth, con smartphone e tablet. Non ci vuole la sfera di cristallo per dirlo: sia Apple che Android hanno già siglato accordi con la quasi totalità dei costruttori per portare l’esperienza dei loro sistemi operativi mobili a bordo, dando vita a integrazioni piene e già prossime al debutto sul mercato. E un accesso continuo sul web è la precondizione fondamentale per il funzionamento della Google Car con le sue magiche doti da pilota automatico.

I produttori stanno lavorando su ogni fronte possibile per rendere l’esperienza intuitiva e interattiva, abbinando voce, pulsanti e manopole tradizionali con schermi sensibili al tocco. Ciò per prevenire che controllare gli aggiornamenti di Facebook, leggere i messaggi e le mail o trovare il ristorante più vicino finisca per mettere a repentaglio la salute di chi guida e delle altre persone presenti nell’abitacolo.

Ecco, nonostante il perfezionamento di queste accortezze, nessuno dubita circa la presenza di un accesso alle rete su quattro ruote. È un elemento scontato, dato per acquisito. Anzi, c’è già chi guarda oltre e assegna alle vetture un ruolo in più, abbastanza inaspettato e sorprendente: la possibilità di farle diventare vere e proprie antenne in movimento. Del tutto simili, ma su scala ridotta, a quelle che già oggi si trovano su palazzi, colline, edifici pubblici o parchi. C’è anche una data, il 2020, anno in cui le reti faranno il salto dal veloce 4G al velocissimo 5G che permetterà di navigare con prestazioni – per ampiezza di banda e numero di utenti serviti in contemporanea e ovunque – oggi riservate ai fortunati fruitori della fibra.

L’idea è stata discussa a Shenzen, in Cina, all’incontro annuale degli analisti della Huawei, azienda in prima fila nello sviluppo delle reti di nuova generazione. E funziona grosso modo come illustrato nello schema qui sotto.

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Oggi, banalizzando in modo estremo il ragionamento, il ripetitore serve le singole persone e le vetture nello stesso modo: spedendo il segnale a tutti loro in maniera indifferenziata. Domani, grazie ai muscoli solidi del 5G, le auto potranno ospitare a bordo una piccola antenna, captare e smistare il segnale verso smartphone, tablet e qualsiasi altro dispositivo degli utenti presenti nei paraggi. Sarà un modo per aumentare la copertura nelle zone in cui è debole. O amplificarla in aree troppo affollate in cui la saturazione delle celle non è una possibilità così remota. «L’auto genererà una connessione Wi-Fi disponibile per gli oggetti nei dintorni» ha spiegato l’ingegnere Muthanna Abdulhussein, chiarendo durante la sua presentazione che l’antenna sarà quasi invisibile, di certo meno da effetto pugno nell’occhio come nell’immagine qui sopra.

L’idea solleva una sfida tecnologica e una di business: la prima è considerata sormontabile perché, come detto, il 5G spalancherà cancelli oggi serrati da un lucchetto. Per intenderci, non sarà un problema per le vetture ricevere e redistribuire nei dintorni il segnale, anche mentre si sposteranno ad altissime velocità (lo stesso vale per i treni, pare che supporterà senza disturbi picchi di 500 chilometri orari); né sarà un'utopia per i dispositivi gestirlo sebbene arrivi da plurime fonti in movimento. Insomma, da una qualsiasi delle quattro ruote di passaggio nei dintorni. Il vero nodo è rispondere alla domanda che starà frullando in testa a tutti voi: «Chi me lo fa fare di trasformare la mia macchina in un ripetitore viaggiante?».

Gli operatori dovranno pensare a incentivi ad hoc – accesso gratuito, compensi monetari o sconti per servizi accessori, per esempio l’Adsl domestico o il pacchetto dati di telefonini e tablet – per convincere gli automobilisti a trasformarsi in trasmettitori su ruote. Nella speranza che nel frattempo si faccia chiarezza sull’effettivo livello di pericolosità delle onde elettromagnetiche, per capire se la cosa ha senso o è più salutare desistere e tenersi stretto il digital divide. Per una volta, non c'è fretta: per la risposta definitiva ci sono sei anni di tempo.

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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