Yelp: tutti vogliono i consigli del fondatore
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Yelp: tutti vogliono i consigli del fondatore

Jeremy Stoppelman svela segreti e futuro del sito di recensioni più utilizzato al mondo

Nel mezzo di una riunione infinita, uno dei suoi dipendenti entra trafelato nella sala conferenze e gli allunga un foglietto. Il messaggio è scritto con tratto frettoloso, tutto in maiuscolo: «C’è Steve Jobs al telefono». Lui si scusa, si alza, lascia la stanza e prende la chiamata: «Non vendere a Google. Resta indipendente» gli dice il padre della Apple. È il 2010. Il motore di ricerca ha messo sul piatto 500 milioni di dollari per fare un boccone solo della sua creatura, Yelp. Ma a Jeremy Stoppelman, che l’ha fondata nel 2004 e la guida sin dal primo giorno, non servono consigli illustri: ha già rifiutato l’offerta. Sa benissimo di aver scovato una miniera d’oro. E non intende cederla a nessuno.

Oggi Yelp è presente in 29 Paesi, Italia inclusa, vale in borsa circa 5 miliardi di dollari, più del quadruplo rispetto alla quotazione del 2012. È il sito di riferimento per le recensioni on line. Un’istituzione, soprattutto negli Stati Uniti, dove nessuno o quasi prenota un ristorante, sceglie un dentista, fa shopping, si affida alle forbici di un barbiere senza dare un’occhiata a cosa ne pensano, ne scrivono, quante stelle gli hanno assegnato altri utenti qualunque. Poi, a pancia piena o carie curate, in tantissimi tornano on line per lasciare la loro opinione. Così il portale guadagna traffico, mentre i profitti li genera vendendo spazi agli esercenti locali. Una forma di pubblicità dal potenziale gigantesco: «Il Santo Graal di internet», per usare la definizione di Sheryl Sandberg, la battagliera direttrice operativa di Facebook.

Proprio agli affari del social network e a quelli di Google è d’intralcio questo 36enne ingegnere informatico dallo stile curato ma informale, che sorride in modo generoso e si attarda su ogni concetto per assicurarsi che sia stato recepito al meglio. Sembra indiano («sono i capelli neri e il tono scuro della pelle»), però è nato in Virginia da un’insegnante d’inglese e un avvocato. Ex vicepresidente di PayPal, cresciuto sotto Elon Musk, l’estroso patron della Tesla, non ha una stanza sua nel quartier generale di San Francisco: lavora su una piccola scrivania in un vasto e luminoso open space. Dove spesso, durante una pausa, ancora oggi compila qualche recensione: «Ne ho pubblicate oltre 1.200, più o meno in ogni categoria. Anche del meccanico o del dog sitter del mio cane» racconta a Panorama.  

L'ingresso degli uffici di Yelp a San Francisco

Cosa c’è di tanto irresistibile nello scrivere giudizi sul web?

È come avere un blog. Dà la possibilità di tenere traccia dei posti che si sono visitati e di condividere queste esperienze.

Lei non lo aveva capito subito.

In origine Yelp serviva a chiedere ai propri conoscenti di farsi raccomandare luoghi di loro gradimento. E non decollava. In compenso, guardando le statistiche, ci siamo accorti che a riscuotere successo era la possibilità di inserire spontaneamente una recensione. Senza che nessuno domandasse di farlo.

Come reagì?  

Provai in prima persona. E mi accorsi che una volta cominciato a scrivere non riuscivo a smettere.

Davvero il segreto è tutto qui?

Abbiamo creato una comunità. Ogni giudizio può essere contrassegnato come «utile», «divertente» o «figo». È un incentivo a curare forma e contenuto, a privilegiare i dettagli. 

Lasciati comunque da perfetti sconosciuti. Perché fidarsi?

I recensori non sono anonimi, si può sapere tanto su ciascuno di loro. Vedere le foto del profilo, scoprirne gli interessi, leggere ogni singola riga che hanno pubblicato.

Il che non elimina il rischio dei falsi.

Perciò abbiamo adottato il sistema delle recensioni che contrassegniamo come consigliate. Arrivano dai membri più attivi della nostra community, sono circa il 75 per cento. Per quanto riguarda le altre: alcune sono finte, altre truffaldine, altre ancora di utenti che non conosciamo abbastanza.

Un metodo che ha attirato critiche. Vi hanno accusato di manovrare i contenuti. Persino di cancellare i giudizi a cinque stelle quando un locale si rifiuta di acquistare spazi pubblicitari.

Siamo sempre stati molto chiari su questo punto. Non c’è cifra che un esercente possa pagare per manipolare le recensioni. Il nostro software che le raccomanda non punisce chi non compra pubblicità.

Cosa farete per consolidarvi in Italia?

Spargeremo il più possibile la voce a Roma, Milano, Firenze e Napoli con i nostri community manager. Presentandoci ai negozi, spiegando il grande valore che può generare una loro pagina sul nostro sito. Inoltre abbiamo introdotto un meccanismo che consente di riservare gratuitamente un tavolo in un locale o in un ristorante dal pc o dal telefonino. Di ricevere un sms come promemoria, modificare o cancellare la prenotazione sempre con un messaggino.

Servizi analoghi a quelli offerti da Google o da Groupon. Non teme la concorrenza? 

Sono compagnie concentrate su attività molto più ampie delle nostre. Non possono avere la stessa attenzione che ci mettiamo noi.

Lei a Google ha già fatto lo sgambetto dicendo no a un’offerta di acquisto. Che sensazione si prova?

Yelp è il mio bambino, sono sempre stato legato al sito, all’idea che c’è dietro. Non l’ho creato per venderlo. Quando quell’opportunità si è presentata, è stato facile prendere una decisione. Tra cinque o dieci anni mi vedo parte di questa compagnia. Voglio portarla in tutto il mondo. C’è ancora molto da fare. 

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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