Cos’è il deep learning e perché è così importante per Google
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Tecnologia

Cos’è il deep learning e perché è così importante per Google

La recente acquisizione di Deep Mind non ha riscosso troppa attenzione. Ma dovrebbe. Google sta investendo tantissimo nel deep learning. Obiettivo: costruire un cervello elettronico in grado di imparare dal web senza bisogno dell'intervento umano

C’è un dato che emerge particolarmente chiaro dalla recente acquisizione da parte di Google della compagnia londinese Deep Mind: nel panorama hi-tech è ufficialmente aperta la stagione di caccia. Caccia di cervelli per essere precisi. Cervelli specializzati in deep learning , per esserlo ancora di più.

Facebook, Microsoft, Apple, negli ultimi mesi tutte le aziende di peso del settore hanno operato importanti investimenti per portare tra le proprie fila alcuni dei migliori cervelli nell’ambito dell’apprendimento approfondito. Si dà il caso, però, che la maggior parte degli esperti in deep learning lavori proprio per Deep Mind .

Cosa dite? Non avete un accidenti di idea di che cosa sia il deep learning? Avete ragione, faccio un passo indietro.

Tutto comincia negli anni ’50. La ricerca sulle intelligenze artificiali è ai suoi primordi, e alcuni ricercatori stanno cominciando ad esplorare un campo completamente nuovo, quello delle reti neurali artificiali . Sostanzialmente, si tratta di modelli computazionali che emulano la struttura e il funzionamento delle reti neurali del cervello umano, e che sono utilizzabili per ottenere un certo grado di apprendimento automatico e di riconoscimento di pattern.

Dopo essere rimaste a decantare per un paio di decenni, le reti neurali artificiali conoscono nuova fama verso la metà degli anni ’80, quando Geoff Hinton e altri specialisti del settore iniziano a studiare nuovi modelli “approfonditi”. È a questo punto che cominciano a delinearsi i primi tratti del deep learning . Il principio alla base di questo tipo di reti, è l’impiego di diversi “strati” di reti neurali che consentano alle intelligenze artificiali di incamerare e organizzare dati su livelli progressivi. Purtroppo, a quel tempo, la tecnologia informatica non era sufficientemente avanzata per consentire un reale sviluppo in questa direzione.

Dagli anni ’80 ad oggi diverse cose sono cambiate, ma due in particolare rendono la nostra epoca particolarmente fertile per lo sviluppo di un cervello virtuale in grado di apprendere e rielaborare informazioni in totale autonomia: 1 - Una disponibilità di dati senza precedenti e 2 - Una potenza di calcolo mai vista nella storia dell’uomo.

Così, negli ultimi dieci anni, Hinton e colleghi hanno cominciato a registrare i primi veri progressi nel campo dell’apprendimento approfondito. Ad esempio, nel 2006, Hinton ha creato un primo sistema per “istruire” i diversi strati di reti neurali in maniera progressiva. Poniamo, per dire, che si voglia insegnare a un’intelligenza artificiale di questo tipo a riconoscere una determinata immagine: il sistema di Hinton procedeva in questo modo: il primo strato neurale apprendeva caratteristiche base come il contorno dell’immagine; il secondo strato, partendo dalle informazioni elaborate dal primo, apprendeva informazioni più complesse come il numero di angoli e le tonalità di colore; e così via, fino ad arrivare al punto in cui il sistema riconosca oggetti veri e propri senza bisogno dell’intervento umano.

Fino ad oggi, l’apprendimento approfondito è stato utilizzato per sviluppare sistemi di riconoscimento vocale e visivo, ma l’obiettivo di Google (e la decisione di arruolare un genio del settore come Ray Kurzweil lo dimostra) è ben più ambizioso.

Nel giugno del 2012, utilizzando questo tipo di software, Google ha dimostrato di aver compiuto passi da gigante in questo settore, sottoponendo al sistema 10 milioni di video YouTube e ottenendo che riconoscesse in essi oggetti specifici (ad esempio, la presenza di gatti).

È solo un esempio, ma torna utile a capire in che direzione Google abbia volto la sua prua. Con la quantità di dati che ha a disposizione sui luoghi geografici, sui contenuti multimediali e sugli stessi utenti, Google è l’unico a poter ambire a costruire un cervello elettronico capace di interpretare in modo sufficientemente autonomo tutto quello che c’è nel Web e a relazionarsi ad esso con una precisione simile o superiore a quella degli stessi esseri umani.

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Fabio Deotto