Facebook, ecco il drone di Menlo Park
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Facebook, ecco il drone di Menlo Park

Si chiama Aquila e ha l'apertura alare di un Boeing 737: Facebook lo utilizzerà per fornire connettività internet nelle zone più povere

Il principio non è così diverso da quello che animò il colonialismo nel XVI secolo: raggiungere nuove nazioni per dotarle di infrastrutture che alla fine risulteranno utili a espandere il proprio mercato. Se Google e Facebook da tempo investono fior di risorse con l’ambizioso obiettivo di offrire una connessione internet ai paesi più in difficoltà, probabilmente non è frutto di un incontenibile afflato umanitario, quanto di precisi cacoli strategici.

Nei giorni scorsi è affiorata la possibilità che Google lanci i palloni aerostatici del suo Project Loon in Sri Lanka, oggi Facebook annuncia di essere ormai pronto a testare il suo primo drone. La notizia arriva direttamente dal Connectivity Lab di Menlo Park, che in queste ore ha annunciato di aver terminato di costruire un primo modello di Aquila, un drone senza pilota con un’apertura alare simile a quella di un Boeing 737 ma cento volte più leggero, grazie a una struttura in fibra di carbonio.

Aquila pesa all’incirca 400 kg ed è stato progettato per volare ad altitudini superiori a quelle dei voli di linea (fino a 27 chilometri), nell’intenzione dei suoi ideatori dovrà volare ininterrottamente per tre mesi seguendo una traiettoria circolare sopra una zona priva di infrastrutture per l’allacciamento alla rete. Perr fornire connettività, Aquila si servirà di un particolare tipo di laser, brevettato da un team Facebook con sede a Woodland Hills in California, che è in grado di trasmettere dati alla velocità di 10 giga al secondo a un dispositivo grande quanto una moneta posto a 16 chilometri di distanza.

A breve, il nuovo prototipo verrà testato nei cieli americani. L’obiettivo finale di Facebook è avere a disposizione un’intera flotta di centinaia di droni Aquila, che siano in grado di comunicare tra loro per creare quello che Zuckerberg e soci chiamano “una rete stratosferica” che consenta di portare una connettività paragonabile a quella dei paesi occidentali a quel 10% della popolazione mondiale che vive in zone prive delle necessarie infrastrutture.

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Fabio Deotto