Perché Google e Android sono nel mirino dell'Antitrust UE
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Tecnologia

Perché Google e Android sono nel mirino dell'Antitrust UE

Microsoft, Nokia e una legione di altre aziende si sono coalizzate per chiedere alla Commissione Europea di arginare lo strapotere di Google e Android. Ma rischiano di sparare a salve

Più che un sistema operativo, un vero e proprio Cavallo di Troia, utilizzato per imporsi con la forza nel mercato e aver un controllo indisturbato dei dati degli utenti. È la definizione che Thomas Vinje di FairSearch ha dato di Android nel reclamo formale che Microsoft, Nokia e altre 15 aziende hanno presentato al Commissario Europeo per la Concorrenza Joaquin Almunia.

Le ragioni del reclamo sono piuttosto chiare. In questo particolare frangente, Google si trova in una posizione di dominanza, sia sul fronte mobile (il 70% dei dispositivi prodotti nel 2012 hanno OS Android) sia su quello del mobile search advertising (il 96% del mercato è nelle mani di Google). La tesi che ha indotto Microsoft e gli altri 16 scudieri a bussare alle porte dell’Unione Europea è che Google stia approfittando di questa posizione avvantaggiata per ostacolare la concorrenza.

Google ha ottenuto una posizione id forza nel mercato dei sistemi operativi per smartphone fornendo gratuitamente Android ai produttori di dispositivi.” si legge nel reclamo “Ma in realtà, ai produttori di telefonini Android che vogliono includere app Google fondamentali come Maps, YouTube o Play, è richiesto di pre-caricare un’intera suite di servizi mobile Google e di presentare questi servizi come funzionalità default. Questo svantaggia gli altri provider, e fornisce a Google il controllo dei dati utente sulla maggioranza degli smartphone oggi in vendita. La distribuzione predatoria di Android a prezzi stracciati rende difficile agli altri provider di sistemi operativi competere con la piattaforma di Google riuscendo ad ammortizzare gli investimenti operati.”

L’accusa è chiara e circostanziata. Quello che è meno chiaro è altro: si tratta di un’accusa fondata? O meglio: Microsoft e compagnia possono davvero sperare di riuscire a segare le gambe al colosso servendosi della Commissione Europea?

Prima di rispondere, concedetemi una breve digressione.

I rapporti tra Google e la Commissione Europea sono tesi già da tempo, almeno dal lontano 2007, quando il dipartimento dell’Unione Eropea che si occupa di data protection fece notare all’azienda di Mountain View che le leggi europee impedivano di custodire tanto a lungo (due anni) i dati relativi alle ricerche web. Da lì in avanti, man mano che Google ha esteso i propri tentacoli e il suo ecosistema si articolava in modo praticamente omnicomprensivo, i rapporti si sono ulteriormente inaspriti. La Commissione Europea si è vista bersagliare dalle lamentele dei competitor di Google che accusavano il colosso californiano di assicurare ai propri servizi una posizione di privilegio nei risultati di ricerca.

Il punto di svolta è arrivato poco più di un anno fa, quando Microsoft, dopo essersi reso conto che Google non era un mostro che si poteva sconfiggere divisi, ha deciso di serrare i ranghi e di riunire una buona parte dei “nemici” di Google in una coalizione chiamata FairSearch . La stessa organizzazione che oggi, forte del recente appoggio incassato da Oracle e Nokia, è a capo del fronte europeo contro Google.

Torniamo ora agli interrogativi di qualche capoverso fa: Hanno ragione, Ulisse e compagni, a voler infilare un paletto arroventato nell’occhio Polifemo? (FairSearch mi perdoni la metafora: chi di Odissea ferisce, di Odissea perisce). Fuor di metafora: Quante chance hanno Microsoft e soci di vedere accolto il proprio reclamo?

Forse, meno di quante sperano.

Sebbene le percentuali che Android vanta in questo momento lascino pensare a un’indubitabile posizione dominante (in Europa il 60% dei dispositivi mobile sono Android), bisogna vedere cosa intende la Commissione Europea per “posizione dominante” e se davvero Google stia utilizzando questo suo vantaggio per tagliare fuori la concorrenza. Perché è vero che se un produttore di smartphone vuole offrire ai suoi utenti servizi come Maps e YouTube è costretto a offrire l’intero ecosistema dei servizi di Big G, ma è anche vero che può decidere di fare a meno della suite di servizi Google per affidarsi ad altre alternative. L’ha fatto Amazon con il Kindle Fire, lo ha fatto Baidu in Cina e lo sta facendo Yandex in Russia.

Inoltre, come fa notare David Meyer su GigaOm, se da un lato Android in questo momento è in una posizione di superiorità, dall’altro la sua fulminea ascesa potrebbe presto essere minata da sistemi operativi in fase di sviluppo, come il Tizen di Samsung o il Firefox OS. A fronte di una simile riflessione, la Commissione Europea potrebbe decidere di non prendere provvedimenti contro Android, senza aver valutato quanto questa posizione di dominanza sia effettivamente solida.

In attesa che la Commissione Europea si esprima su questo reclamo, questa settimana Google dovrebbe presentare al Commissario Almunia una proposta per andare incontro alle preoccupazioni europee riguardanti la supposta posizione privilegiata data da Big G ai suoi servizi nei suoi risultati di ricerca. In America, la FTC ha usato con Google il guanto di velluto, la Commissione Europea si è sempre dimostrata meno indulgente. Staremo a vedere.

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Fabio Deotto