Equo compenso: le 5 cose da sapere
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Equo compenso: le 5 cose da sapere

Cos'è, come funziona, chi deve pagare, qual è la situazione negli altri Paesi: tutto sulla misura più odiata nel mondo hi-tech

La querelle sull'equo compenso non accenna a placarsi. Da quando il ministro Franceschini ha dato il via libera agli aumenti sui dispositivi dotati di memoria di massa, si è aperto un dibattito dai toni piuttosto accesi che sta coinvolgendo tutti i portatori d'interesse: produttori tecnologici, istituzioni, SIAE, associazioni di settore e ovviamente consumatori.

Ma cos'è di fatto l'equo compenso? Chi deve pagarlo e su quali dispositivi si applica? In questo articolo cercheremo di fare chiarezza spiegandovi tutto quello che c'è da sapere.

COS'È
L'equo compenso è un contributo a carico dei produttori, importatori e distributori di apparecchi tecnologici previsto dalla legge sul diritto d'autore. L'obiettivo - si legge nel testo della Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001 - è quello di "assicurare ai possessori di diritti d'autore un indennizzo sull'utilizzo e la copia privata delle loro opere". In buona sostanza, la legge stabilisce che i dispositivi in grado di ospitare copie multimediali di opere protette da copyright (a prescindere dal fatto che gli utenti decidano o meno di sfruttarli in questo senso) siano passibili di un prelievo da parte dello Stato variabile in funzione della capacità di memoria.

COME FUNZIONA
Il compenso si applica ai supporti di registrazione analogici e digitali come CD-R, DVD-R, hard disk, chiavette USB e schede di memoria, ma anche a tutti quei dispositivi dotati di memoria di massa - ad esempio gli smartphone - potenzialmente in grado di ospitare file multimediali (tracce musicali, film, serie Tv) protetti da diritto d'autore. Il compenso è variabile e si calcola in base alla capacità di storage del supporto. Per uno smartphone o un tablet, ad esempio, la legge prevede un equo compenso da 3 euro fino a 5,20 euro per i dispositivi con memoria da oltre 32 GB, e di circa 32 euro per un PC con 512 Gb di memoria fisica.

CHI DEVE PAGARE
La legge stabilisce che siano "i soggetti che producono o importano nel territorio dello Stato qualsivoglia apparecchio o supporto idoneo per la registrazione di fonogrammi o videogrammi con scopo di lucro" a farsi carico del compenso. In pratica sono i produttori tecnologici e i distributori a dover pagare. Naturalmente ciò non preclude la possibilità per tutti questi soggetti di rivalersi sui consumatori, applicando una maggiorazione sul prezzo finale dei prodotti soggetti a equo compenso. Apple, ad esempio, ha recentemente imposto una serie di balzelli su tutti i suoi prodotti dotati di memoria di massa (iPhone, iPad, iPod e Mac) e lo stesso ha fatto Samsung comunicando ai rivenditori di applicare senza sconti gli aumenti dovuti all'equo compenso.

A CHI VANNO I SOLDI DELL'EQUO COMPENSO
I corrispettivi - che secondo i nuovi parametri ammontano a circa 150 milioni di euro (dati Confindustria Digitale) vengono corrisposti alla SIAE che ha il compito di riscuotere l'intera somma relativa all'equo compenso e di ripartirla tra i vari beneficiari, con i criteri indicati dalla legge: agli autori va il 50% della quota di copia privata audio, mentre il restante 50% è destinato ai produttori che devono a loro volta corrispondere il 50% agli artisti interpreti esecutori; per quanto riguarda la copia video, gli autori sono destinatari del 30% della quota, mentre il restante 70% è suddiviso in parti uguali fra produttori di videogrammi, produttori di opere audiovisive e artisti/interpreti/esecutori. Una parte dei proventi può essere incassata dalla SIAE a titolo di “rimborso dei costi di gestione”, una quota che negli ultimi tre anni è stata pari a circa il 7% degli incassi dovuti all'equo compenso.

QUANTO SI PAGA NEL RESTO D'EUROPA
Vi sono Paesi - è il caso di Spagna, Regno Unito, Irlanda - nel quale l'equo compenso non esiste. In Belgio i corrispettivi variano dall'1,5 al 3% del prezzo di vendita del produttore/rivenditore per dispositivi audio/video; in Francia il contributo richiesto ai produttori di tecnologia è circa il doppio di quello previsto in Italia: su uno smartphone con 16 Gb di memoria, ad esempio, lo Stato trattiene  circa 8 euro come oneri dovuti all'equo compenso. Ancora più salate, in teoria, le quote tedesche: dallo scorso febbraio, la ZPU (la corrispondente della SIAE in Germania) richiede ai produttori 36 euro per uno smartphone con capacità superiore agli 8 GB. Questo in teoria, appunto, perché in pratica la questione è ancora oggetto di contendere (anche nei Tribunali) e fintantoché non verrà risolta le aziende tecnologiche continueranno a non pagare la quota richiesta.

 

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Roberto Catania

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