Cyborg, l’invasione degli ultrauomini
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Tecnologia

Cyborg, l’invasione degli ultrauomini

Hanno il corpo e il cervello imbottiti di chip, li usano per cancellare un handicap o potenziare le loro doti. E anche noi possiamo diventare come loro

Lo stavamo già facendo la prima volta che siamo saliti su una bicicletta. Abbiamo dato al nostro corpo la possibilità di muoversi più velocemente, di aumentare se stesso. Gli smartphone, rendendo miliardi di informazioni sempre e subito a portata di dito, appartengono a questo filone. Smartwatch e occhiali alla Google Glass, di fatto supercomputer indossabili, esasperano il concetto, però non ancora abbastanza. La prossima frontiera è la rottura delle barriere cutanee, dell’ingresso della tecnologia sottopelle. L’avvio definitivo della trasformazione dell’uomo in cyborg, in un ibrido in cui naturale e artificiale convivono tra loro. In cui l’elettronica sopperisce alle mancanze della biologia o ne accelera le capacità.

Il cinema ci ha mostrato più volte suggestioni e derive di questo scenario, ma era sempre fantascienza. La medicina, da anni, l’ha resa cronaca. Raccontando storie di paralisi cancellate, occhi che tornano a vedere, orecchie a sentire, mani ad afferrare, dita a muoversi. Di impianti nel cervello che già alleviano i sintomi di 30 mila malati di Parkinson in tutto il mondo o di test per stimolare i neuroni e liberarsi dell’Alzheimer. Ecco, è ancora nulla. Siamo nel terreno delle eccezioni, dei casi estremi o comunque non abbastanza diffusi da meritarsi l’etichetta di consuetudine. Quantomeno per una prima barriera: il prezzo. Il costo eccessivo, proibitivo, di protesi e interventi. Esclusiva per ricchi, la solita élite, o per fortunati su cui la scienza ha deciso di testare la forza dei suoi muscoli.

Sul sito Dangerousthings, in verità nome poco rassicurante (significa cose pericolose, in italiano) bastano 99 dollari, nemmeno 80 euro, per comprare un kit che consente a chiunque di iniettarsi un chip sottopelle. Magari in una mano, dove il rischio di fare qualche disastro è limitato, sebbene i responsabili consiglino di rivolgersi a un chirurgo estetico o, più prosaicamente, a chi esegue tatuaggi, e dunque a torturare la cute con un ago è abbastanza abituato. E avvertono che il prodotto non gode di nessuna certificazione, dunque se si decide di usarlo è a proprio rischio e pericolo. Il chip trasmette informazioni tramite la tecnologia Nfc, la stessa che con Apple Pay sta per rivoluzionare i pagamenti in mobilità. Sa dialogare a breve distanza con lo smartphone che teniamo in tasca dicendogli di tutto e di più.

Il kit per iniettarsi un chipDangerousthings.com

L’hardware è basico, le applicazioni, com’è stato per i telefonini, faranno la differenza. Potrebbe rilevare i movimenti e tenere traccia di attività fisica e calorie bruciate in modo molto più accurato, continuativo e attendibile di quanto possa fare un orologio da polso con funzioni evolute. Monitorare temperatura del corpo e altri parametri rivelatori dello stato di salute. O diventare una chiave unica in grado di sbloccare una porta, come nell’esempio qui sotto. Già è compatibile con una serratura targata Samsung.

Come sbloccare una serratura grazie al chip nella manoDangerousthings.com

Insomma, non parliamo dell’obiettivo di una nicchia di esaltati. Come dimenticare, succedeva più o meno un anno fa, il brevetto di Motorola per un tatuaggio altezza collo capace di fornire al cellulare comandi vocali accuratissimi. Come non citare le indiscrezioni, apparse a ritmo regolare, secondo le quali i colossi della Silicon Valley guardino con interesse ampio e comprensibile ai passi in avanti dell’implantologia di minuscoli pezzi tecnologici nell’organismo. Lo chiamano transumanismo o transumanesimo, post-umanismo, oppure, in modo più suggestivo, hacking del corpo.

Una sfida al corso naturale della vita, a partire dai segni e dalle croci dell’invecchiamento, ma anche una risposta alla minaccia del 2045, anno lontano ma nemmeno troppo in cui secondo quotati pensatori – su tutti il geniale Ray Kurzweil – l’intelligenza artificiale supererà quella umana. E allora, se non puoi battere le macchine, anzi c’è il rischio che ti facciano lo sgambetto, tanto vale diventare come loro. Inglobarne, assumerne porzioni bippanti dentro di sé. Per essere più forti, vedi gli esperimenti in corso da parte dell’esercito americano per il super soldato del futuro, capace di resistere ad armi devastanti e, pare, di volare. Per essere più intelligenti, longevi, o semplicemente suonare i campanelli d’allarme giusti se qualche meccanismo dentro il corpo s'inceppa. 

Di mezzo, è evidente, c’è l’etica: fino a che punto ci si può spingere? È lecito adoperare queste tecnologie solo per guarire malattie o cancellare handicap, oppure va bene assecondare questa tendenza, questa voglia di tramutarsi in superuomini? E ancora: già oggi la nostra privacy è pressoché inesistente, mentre ci assistono – è risaputo – gli smartphone ci spiano. Davvero vogliamo ingoiare, impiantare, piazzare chip che potrebbero invadere gli ultimi spazi di libertà residua? A una compagnia assicurativa farebbe molto comodo sapere come stiamo, qual è la nostra aspettativa di vita, prima di concederci una polizza. Sono domande retoriche, è vero; da anni, da quando ci si è resi conto che l’era dei cyborg non era solo un esercizio della fantasia, le obiezioni e i timori sono grosso modo i medesimi. La differenza è che la rivoluzione è vicinissima. Anzi, i cyborg sono già tra noi. E basta un clic su un sito web per diventare come loro. 

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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